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Io vagabondo che son io, soldi in tasca non ne ho, ma lassù m’è rimasto un fucile
Creato il 28 aprile 2011 da Cannibal KidTrama semiseriaRutger Hauer è un vagabondo che dopo aver visto cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare arriva in una cittadina dominata da crimine, corruzione e prostituzione. Praticamente Arcore. E, come un magistrato giusto più violento, cercherà di fare un po’ di pulizia. Volendo potrebbero farne un remake italiano: anziché Hobo with a shotgun (translation: vagabondo con un fucile), Ilda with a shotgun.
Recensione cannibaleUh, attenzione gente: c’è un nuovo film della serie Grindhouse. Mattetevi a sedere con i vostri cazzo di popcorn, la birra ghiacciata e non fiatate se non per ruttare, che ne vedremo delle belle. O forse no.
Nel corso della doppia proiezione originale di Death Proof - A prova di morte di Quentin Tarantino + Planet Terror di Robert Rodriguez erano stati inseriti anche alcuni trailer di pellicole fittizie. Bene, ora alcuni di questi promo si stanno trasformando in pellicole vere: è capitato all’esaltante Machete dello stesso Rodriguez e ora a questo Hobo with a Shotgun di un certo Jason Eisener, decisamente molto meno esaltante.
Gli ingredienti per un cult movie ci sarebbero anche, eppure manca qualcosa. Cosa?Da buon film pulp in stile Grindhouse, ci sono naturalmente varie scene molto estreme e violente, peccato si siano dimenticati a casa il senso dell’umorismo. Bruciare dei bambini in uno scuolabus sulle note di “Disco inferno” non è divertente. Non lo dico per fare del moralismo; semplicemente bruciare dei tizi tamarri che ballano in una discoteca sulle note di “Disco inferno” sarebbe ironico, mentre bruciare dei bambini con la stessa canzone non lo è. Piuttosto perché non hanno utilizzato “School’s out” di Alice Cooper? Quello sarebbe stato già più ironico.Ci sono anche le battutone di Rutger Hauer prima di sparare a qualcuno, del tipo “Hallelujah” o “Madre Teresa è una santa”. Solo che non hanno molto senso, visto che Rutger Hauer è un barbone, mica un prete, quindi anche qui dove ca**o sta la ca**o di ironia? Da nessuna parte, ecco dove sta, e frasi mitiche come “Machete don’t text” sono di tutt’altro planet (terror).
A livello di sceneggiatura poi uno non è che si aspetti idee rivoluzionarie, visto che l’intento del Grindhouse è quello di fare B-movie retrò con trame che sono più che altro pretesti per un po’ di brutale violenza, però almeno un minimo… in Machete ad esempio Rodriguez aveva inserito un sottotesto politico nient’affatto scontato, qui invece ci dobbiamo accontentare di un giustizialismo di bassa lega (Nord).A differenza delle selezioni musicali magistrali di Tarantino, la colonna sonora concede poche soddisfazioni (giusto sui titoli di testa e di coda), così come il cast. Rutger Hauer è un attore che non mi è mai piaciuto, sarà che mi ricorda un mio zio che non sta esattamente al top della chart delle mie persone preferite nel mondo. Tra i cattivoni c’è Gregory Smith, universalmente conosciuto per il ruolo dell’introverso pianista Ephram Brown in Everwood; vederlo in una parte da “bad guy” è una mossa sulla carta interessante, peccato che i risultati non siano all’altezza di quelli di un James Van Der Beek, trasformato da tenero Dawson Leery a spietato Sean Bateman in Le regole dell’attrazione (di Roger Avary, ex amico e collaboratore di Tarantino, tanto per rimanere in tema). Persino la fighetta di turno, la sconosciuta Molly Dunsworth, non è poi così fighetta.
Insomma, questo film è guardabile e con qualche punto a suo favore come dosi abbondanti di sangue, scene splatter e cattiveria e una buona fotografia dai colori saturi. Però il fatto è che nonostante gli ingredienti per un buon piatto siano serviti in tavola, manca del tutto l’originalità nel prepararli e soprattutto manca il genio. Sono mica tutti Quentin Tarantino, d’altronde. E non ce n’è neanche un briciolo di talento. Sono mica tutti Robert Rodriguez, d’altronde. C’è solo un aspirante regista di culto che però anziché prendere appunti dai maestri dovrebbe trovarsi una via sua, anche perché c’è una differenza sottile tra cult e scult, tra trash e tra-gico, tra B-movie che vola ai playoff per la serie A e quello che sprofonda giù nell’inferno dei playout per la C. Attento, Jason Eisener, perché è proprio lì dove tu rischi di finire.(voto 5)
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