Nelle more tra un Trollope e l’altro, mentre si preparava al viaggio crucco, la ‘povna ha letto Io viaggio da sola di Maria Perosino, autrice morta nel giugno scorso, troppo presto, per di più amica di svariati amici. Ne aveva già sentito parlare, ovviamente, quando era uscito, nel 2012; e aveva pure pensato di leggerlo (visto l’argomento, che le è ben caro, come noto e scritto). Poi però la vita è andata più veloce o non lo ha trovato in offerta; e alla fine l’appuntamento è stato rimandato a questa estate. La ‘povna ne parla in mezzo a un’altra serie di incontri e di partenze: martedì scorso, nella piccola città, improvvisata di Pellona e ramarri; oggi viene a trovarla Mr. Mifflin, che poi la porta via, per un fine settimana di mare e lago, dalle sue parti. Poi, domenica pomeriggio, sarà la volta di BibCan, a passare dalla piccola città, e stanno già organizzando per vedersi. Infine, lunedì un aereo la rapisce all’improvviso, per i canonici due giorni (perché, appunto, se non viaggia almeno un po’ da sola, per la ‘povna non è vacanza e non è estate). Ma mentre si dà da fare, con borse e valigette, la ‘povna lascia per il venerdì del libro due righe di recensione breve, per chi ne abbia voglia: il libro, del resto, è intelligente, e si legge nello spazio di un tragitto in treno.
Io viaggio da sola è un libro dal genere volutamente e difficilmente classificabile. A metà tra il diario semi-serio di se stessi come single (forzati, ma nello stesso tempo vissuti con consapevolezza che la vita è bella in sé, e dunque anche scelti), lo sguardo antropologico sulla società, le riflessioni meta-metodologiche sul viaggio, la capacità di costruire aneddoti piacevoli e di intrattenimento, fornisce uno spaccato dei viaggi della protagonista da sola, raggruppando per temi e e per capitoli (la valigia, la destinazione, la mappa delle città, l’albergo). Sicuramente parte della fascinazione di lettura sta nella simmetria dell’identificazione, almeno per chi è single-travel addicted, ma è indubbio che la scrittura intelligente, la capacità di mantenere il tono semi-serio da divertissement intellettuale, senza essere (nonostante un certo autocompiacimento), troppo pretenzioso, la leggerezza facciano di questo libro una lettura piacevole, della quale, tra riflessioni acutamente sociologiche e consigli, resta comunque qualcosa (che non ci parla solo dell’autrice e di noi stessi, ma anche del viaggio come tema portante, e delle sue evoluzioni da terzo millennio). Spiccano, tra tutte, le pagine sul treno come mezzo di trasporto, ma anche di vita, di lettura dello spazio e del tempo – pagine che denunciano una preferenza dell’autrice, ma sanno anche farsi, ancora una volta, specchio di uno sguardo più ampio (anche se non pratico, l’autrice in treno viaggia da sola, ma sempre con parecchi soldi). Una lettura non impegnativa, certo, eppure densa, con leggerezza, di spunti da ricordare.