Molte applicazioni di Apple Store non mantengono ciò che promettono. La verifica preventiva è possibile solo di rado, con le versioni gratuite (LITE, FREE) dei programmi. Se il software risponde alle aspettative, l’utente acquista la versione PRO. Negli altri casi, c’è la roulette russa. Finché si tratta di applicazioni che costano 0,79 centesimi, spostarle nel cestino è un dolore sopportabile. Quando si spendono dieci o sessanta euro (tanto costano, ad esempio, i navigatori satellitari), il discorso cambia.
Apple dovrebbe adottare una policy più rispettosa delle prerogative dei consumatori. Ogni applicazione dovrebbe essere testabile per 24 ore e poi bloccata. Lo sblocco definitivo dovrebbe essere contestuale all’acquisto. Insomma, si tratterebbe di applicare la politica, ampiamente sperimentata e apprezzata, dello shareware, con licenza d’uso gratuito più breve.
Il jailbreak, in fondo, serve anche a questo, oltre che a rendere accessibili numerose applicazioni bandite o snobbate dal negozio ufficiale di Apple.
Le restrizioni, si sa, alimentano il mercato dello sblocco illegale. E’ ciò che succede, ad esempio, con l’ultima versione del sistema operativo dei prodotti a mela. Per iOS 4.1 non c’è ancora il jailbreak? Ecco allora la discutibilissima proposta di cracking (a pagamento, costa venti dollari) di iOS 4.1 che permetterebbe di installare applicazioni piratate senza che ci sia bisogno del jailbreak.
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Questo sistema si chiama IPA God, e sta facendo molto discutere, negli Stati Uniti. Un dibattito sull’etica informatica. Se l’applicazione pirata funzionasse davvero – il condizionale è d’obbligo – sarebbe una prova ulteriore della vulnerabilità dell’ultimo sistema operativo Apple.
Disdicevole, sia l’applicazione che la scarsa attenzione alla sicurezza da parte della mitica Mela.