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L'assurda vicenda giudiziaria che sta vivendo lo scrittore Erri de Luca è conosciuta da tutti: è stato citato in giudizio con l'accusa di aver indotto gli appartenenti al gruppo No-Tav, attraverso i suoi scritti e la sua autorevolezza, a sabotare uno dei cantieri. Sono stati chiesti otto mesi di reclusione. Si attende il giudizio, ma lo sgomento è già presente in tutti noi. La libertà? Dove sta la libertà d'espressione, di analisi, di opinione? Ogni giorno dobbiamo sorbirci idee non gradite di ogni genere che generano certamente comportamenti quantomeno discutibili. Parlo di razzismo, intolleranza, odio verso l'altro. Perché questi non vengono citati in giudizio? Non contribuiscono forse ad alimentare le idee violente di chi dalle parole sentite passa ai fatti? Nel suo libro La parola contraria (che ho recensito qui) Erri de Luca esprime la propria opinione sulla situazione che lo vede protagonista e reclama con forza il diritto di esprimersi liberamente. Temo il significato che potrebbe avere una sua condanna. Significherebbe che la letteratura "politicamente" impegnata non potrebbe più esistere. È questo che vogliamo? Non poter più esprimere neppure il nostro dissenso? #iostoconerri è l'hashtag che si sta diffondendo. Se desiderate dare il vostro contributo, diffondetelo: con i piccoli gesti si può fare molto. Perché la letteratura è la nostra prima finestra sul mondo.