Da stanotte, con i caucus in Iowa, parte la sfida presidenziale. Favoriti Clinton e Trump, possibili sorprese Sanders e Cruz. Ma nel GOP c’è chi scommette ancora su Jeb Bush, Rubio e Kasich. Vi invito a leggere lo speciale del Il Post, riportato qui sotto. Per capire meglio di cosa si sta parlando.
Il Post –
Iniziano le primarie americane
Il percorso che porterà il 20 gennaio 2017 all’insediamento di un nuovo presidente degli Stati Uniti – e prima, l’8 novembre del 2016, alla sua elezione – è cominciato ufficialmente: il primo febbraio, infatti, iniziano le primarie del Partito Democratico e del Partito Repubblicano. Si comincia dall’Iowa, com’è tradizione, e benché l’intero processo di selezione dei candidati si definisca tradizionalmente “primarie”, quelle dell’Iowa non sono vere primarie ma caucus. Le primarie vanno avanti formalmente fino a giugno, ma di norma tra febbraio e marzo diventa evidente quale sia il candidato più forte e destinato a vincere: in entrambi i partiti, però, la situazione è oggi molto incerta. Il voto in Iowa sarà quindi il primo momento in cui mesi di comizi, proposte, polemiche, sondaggi contraddittori e confronti televisivi si tradurranno finalmente in qualcosa di concreto, e capiremo un po’ di più cosa potrà succedere l’8 novembre.
Perché si comincia dall’Iowa
L’Iowa è uno stato americano del Midwest, piuttosto piccolo e poco popolato: è poco più grande della Grecia, in termini di superficie, ma ha meno di un terzo degli abitanti della Grecia. La sua città più grande, la capitale Des Moines, conta circa 200.000 abitanti e in questo periodo dell’anno è coperta di neve. Anche dal punto di vista politico l’Iowa formalmente non conta granché: alle elezioni presidenziali assegna solo 6 “grandi elettori” su 538. E allora perché si comincia da lì?La risposta è piuttosto banale: perché negli ultimi cinquant’anni si è sempre fatto così. Ma è una tradizione a cui nel tempo sono state trovate delle motivazioni razionali. Cominciare a votare in uno stato piccolo, infatti, permette a tutti i candidati di avere una chance, anche a quelli con meno risorse: per un candidato con meno soldi e volontari è più facile vincere in Iowa che in Texas o in California; e dall’altra parte una vittoria in Iowa può permettere a un candidato con poche risorse di trovare quella spinta economica, mediatica e di consensi – il cosiddetto “momentum”, nel gergo della politica americana – necessaria per vincere anche altrove.
Inoltre lo stato in cui si vota subito dopo l’Iowa è il New Hampshire, dove le primarie arrivano il 9 febbraio: Iowa e New Hampshire insieme sono abbastanza politicamente variegati da essere un interessante punto di partenza; i partiti – e quindi i loro strateghi, consulenti, funzionari – li conoscono molto bene e sanno ormai come muoversi da quelle parti, mentre cambiare calendario presenterebbe per loro molti rischi e incertezze.
La situazione tra i Democratici
I principali candidati sono due: Hillary Clinton, ex first lady, ex senatrice ed ex segretario di Stato, e Bernie Sanders, senatore del Vermont. Clinton conserva da mesi un solido vantaggio nei sondaggi nazionali, ma in Iowa la situazione è ben più equilibrata: negli ultimi tre mesi Sanders ha recuperato oltre 20 punti percentuali completando una sorprendente rimonta nei primi giorni di gennaio. Oggi Sanders e Clinton sono separati da pochissimi punti percentuali, praticamente dentro il margine di errore. L’ultimo sondaggio del Des Moines Register, il principale giornale dell’Iowa, considerato molto affidabile, vede Clinton avanti di tre punti percentuali.Clinton rimane la favorita per la vittoria finale della nomination tra i Democratici, ma l’exploit di Sanders – che ha 74 anni e posizioni molto di sinistra, si definisce “socialista” e raduna grandi folle a ogni suo comizio – ha fatto venir fuori i limiti di una candidata vista ancora troppo come espressione dell’establishment, considerata troppo moderata sull’economia, criticata per i suoi rapporti con Wall Street e che fatica a suscitare l’entusiasmo degli elettori, soprattutto tra i più giovani.
La situazione tra i Repubblicani
Anche tra i Repubblicani non sono mancate le sorprese. L’ex governatore della Florida Jeb Bush, dato per favorito sei mesi fa, non è mai riuscito a ottenere grandi consensi tra gli elettori a giudicare dai sondaggi; ed è emersa invece in modo sorprendentemente durevole la candidatura di Donald Trump, ricco imprenditore del settore immobiliare e dei casinò, con toni e posizioni particolarmente estremiste sull’immigrazione e sulla sicurezza nazionale: negli scorsi mesi Trump ha proposto, tra le altre cose, di vietare l’ingresso nel paese a tutte le persone di religione musulmana – anche se cittadine americane – e di costruire un muro al confine col Messico per non far più passare immigrati.A giudicare dai sondaggi, i candidati Repubblicani che possono vincere in Iowa sono due: oltre a Donald Trump, l’altro che sembra messo bene è il senatore del Texas Ted Cruz, figlio di immigrati cubani e noto per la sua retorica abrasiva anti-establishment (è detestato anche da molti Repubblicani) e per avere la posizione più di destra possibile praticamente su qualsiasi tema. Cruz ha rimontato molti punti a Trump nei sondaggi sull’Iowa e oggi Trump conserva un vantaggio significativo ma limitato.
La situazione tra i Repubblicani resterà comunque incerta a prescindere dal risultato dell’Iowa, perché diversi analisti e giornalisti sostengono da mesi che né Trump né Cruz potrebbero davvero vincere le elezioni presidenziali di novembre: storicamente gli elettori a un certo punto rivolgono le loro attenzioni verso candidati più “moderati” ed eleggibili, e quando non lo fanno i candidati estremisti a novembre prendono delle gran scoppole (successe per esempio a Barry Goldwater, candidato Repubblicano alle presidenziali del 1964, sconfitto duramente dal presidente Lyndon Johnson). I candidati considerati più “eleggibili” tra i Repubblicani sono, oltre a Jeb Bush, il senatore della Florida Marco Rubio, il governatore del New Jersey Chris Christie e il governatore dell’Ohio John Kasich: in Iowa lotteranno per arrivare terzi, e poi cercheranno di arrivare il più in alto possibile nelle successive primarie in New Hampshire.
Cosa succede dopo
L’Iowa è appunto soltanto l’inizio. Le primarie proseguono poi il 9 febbraio in New Hampshire, il 20 in Nevada, il 27 in South Carolina. Il primo marzo, poi, c’è il cosiddetto Super-Tuesday: si vota in dieci stati – quattordici per i Repubblicani – nello stesso giorno. A quel punto dovremmo avere le idee più chiare su chi saranno i candidati che l’8 novembre si contenderanno la presidenza degli Stati Uniti d’America.