Per il critico Aldo Grasso Pechino Express è lo show più divertente della tv:
Il programma più divertente del momento, non c’è dubbio, si chiama «Pechino Express»: nella crisi creativa che ha investito negli ultimi anni la tv, complice senz’altro un calo importante degli investimenti, è stato un esperimento curioso che ha dato i suoi frutti. La nuova stagione sta mostrando molti aspetti interessanti. Il meccanismo è sempre quello: un gruppo di concorrenti, vip e persone comuni, gareggiano in coppia per compiere un lungo percorso tra diversi paesi dell’Asia. Hanno a disposizione solo un euro al giorno e devono fare affidamento sul buon cuore delle popolazioni locali per scroccare passaggi gratis e un tetto per la notte.Con una formula molto ripetitiva come questa, il rischio di annoiare poteva esserci: invece ogni puntata di «Pechino» è diversa dall’altra, ha una sua identità. Certo, ci sono affascinanti e contemplativi paesaggi della Birmania, tra monaci, templi dorati, animali esotici, ci sono le prove estreme cui devono sottoporsi i concorrenti. Ma la vera arma di «Pechino» è l’ironia, tutta costruita da un lavoro sapiente di confezionamento da parte di autori e produzione: il cast è importante (e forse quest’anno ha puntato più sulla nicchia che sul «pop»), ma il grosso lo fa il montaggio. Da molte ore di girato, Magnolia riesce a tirare fuori un racconto ritmato, intelligente, che prende il meglio delle avventure dei concorrenti, spesso prendendoli un po’ in giro. Il programma si rivolge a un pubblico «smart» che forse la Rai si era un po’ persa a favore della tv a pagamento, dei nuovi canali digitali. Menzione speciale, infine, a Costantino della Gherardesca, uno dei pochi che ha saputo passare dal ruolo di concorrente di reality a professionista tv in modo molto credibile.
Aldo Grasso ha anche analizzato sul Corriere della Sera le ragioni del successo del programma:
Il cast azzeccato, la formula narrativa che resta nuova e fresca, la conduzione sopra le righe, la capacità di generare discorso e ironia sui social network: qual è l’ingrediente più importante del successo della terza edizione italiana di Peking Express, che domani sera celebra la sua finale? Prima di tutto i dati, che ormai sono tanto compositi quanto è complesso il sistema tv contemporaneo: l’Auditel, per cominciare, certifica 2.225.000 spettatori medi per le prime 8 puntate, per una share del 9,1%. Il dato di share va sempre letto alla luce della media di rete, che per Rai2, nel periodo di messa in onda, è del 7,4% in prima time: Pechino è dunque uno dei programmi più forti. Il pubblico di «Pechino» è poi particolarmente engaged , attivo e partecipativo: lo dimostra, in questo caso, l’ultimo bollettino di Nielsen Twitter Tv Ratings, il termometro del valore «social» dei programmi. Pechino Express è secondo solo a X Factor , con quasi diecimila persone a cinguettare, oltre 40mila tweet e una platea di 90mila lettori dei discorsi prodotti prima, durante e dopo la messa in onda. Il ritratto del pubblico di Pechino che emerge dall’analisi mostra l’immagine di un’audience solitamente poco televisiva (altra ragione di successo: catalizzare spettatori che snobbano il piccolo schermo…): giovani fra i 15 e i 34 anni (oltre 12% di share), con una buona cultura (laureati oltre l’11%). Insomma, comunque la si guardi, e nonostante un lieve calo d’ascolti dopo l’uscita delle «cattive» (importanza del cast!), il successo del programma parla due lingue: quella della tv tradizionale e dei social media. (Articolo realizzato in collaborazione con Massimo Scaglioni, utilizzando elaborazione Geca su dati Auditel).