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Ipocrisia e affari.

Creato il 17 febbraio 2016 da Gianna
Ipocrisia e affari.Già da tempo, mi sembrano secoli, sono convinta che l'informazione passi attraverso canali che la dirigono e che usi metodi ben studiati per influenzare l'opinione pubblica. E mi dispiace davvero che così tante persone si lascino abbindolare inseguendo modelli di pensiero suggeriti, fatti ingoiare in nome di non si sa bene quale logica opportunista. O meglio, la si sa, ma si fa finta di non saperlo.
In questi giorni, come sempre del resto, sono successe diverse cose, e, come sempre, se ne parla. Ma in che modo se ne parla? Con dei metodi ben precisi che odorano fortemente di falso moralismo e lamentoso piagnisteo buonista. 
Qualche esempio: sul "Corriere della sera" dopo l’uccisione del ricercatore italiano, torturato e ammazzato dai servizi segreti egiziani, piangono copiose lacrime sulle atrocità commesse da "regimi totalitari" o da "maligne teocrazie islamiche"(come se questi fossero gli unici governi ad incarcerare, torturare e accoppare oppositori interni o semplici cittadini). Scribacchiano articoli opportunisti e carichi di ipocrisia su quanto pesino moralmente, alla progredita Europa, in termini di libertà, gli accordi commerciali con paesi come Iran e Arabia Saudita, i cui governi usano sistemi peggiori di quelli dell’Isis. 
Ma questi (l’Isis) sono "tagliatori di teste", mentre i torturatori delle monarchie e teocrazie mediorientali sono ottimi partner commerciali. 
Quando si deve descrivere quello che accade nei paesi islamici si usano modi alquanto bizzarri: ci si indigna fortemente per gli islamici che usano le impiccagioni di oppositori del regime per reprimere le proteste, di chi ha una diversa sessualità, di chi sostiene la laicità dello stato e delle donne maltrattate e segregate. Ed è più che giusto. Solo che poi non si perde occasione per sostenere la teoria che bisogna "garantire" l'aspetto commerciale per continuare a fare affari con questi "stati canaglia". Non c'è nessuna remora nell'offrire all'opinione pubblica le due facce della stessa medaglia: si condanna la brutalità ma non si nega che sia necessario mantenere "buoni rapporti". 
Nello stesso tempo i bombardamenti aerei in Siria sostenuti dal “blocco occidentale” e dalla Russia, non procurano la stessa indignazione e lo stesso sdegno....ma questo è il prezzo da pagare per fermare i “tagliagole dell’Isis”. 
L'unica morale della storia è che le vittime sono sempre e comunque le popolazioni, costrette ad emigrare per salvarsi dalla guerra imperialista, le cui vite valgono sicuramente meno di altre, costantemente messe all’indice dalla stampa che li dipinge, a seconda delle necessità della propaganda nazionalista, come terroristi o stupratori seriali, sempre pronti a qualsiasi delitto.
La necessità del capitalismo di fare affari con i regnanti ed i governanti degli "stati canaglia"  fa si che tutta la questione diventi marginale e costituisca il prezzo necessario, il famoso "effetto collaterale" per la sopravvivenza dell’imperialismo. Questo è quanto.
Ah, dimenticavo che possiamo sempre utilizzare la soluzione finale che mette in pace i cuori: il perdono. Come insegna il Papa chiedendo perdono ai contadini del Chiapas dei massacri subiti. 
Ammaestrare e inebetire le masse attraverso il concetto del perdono è una antica teoria già lungamente sperimentata nel corso dei secoli dalla chiesa cristiana. Da un lato il braccio armato che rivendica l’inevitabilità della guerra che, "purtroppo", con le sue nefandezze, stupri, torture e violenze di ogni ordine e grado è però necessaria. Dall’altro un piagnisteo moraleggiante con cui ci si assolve per i crimini commessi con miserabili parole di costernazione.

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