Del mio passato di pianista nel repertorio della musica vocale da camera rammento due incontri speciali, entrambi con voci baritonali. Christian era cileno, studiai con lui Die schöne Müllerin ed altre pagine memorabili del repertorio liederistico: molto bravo, entrò nell’Accademia scaligiera e poi iniziò una bella carriera. Laureato in biologia, era campione nazionale di scacchi del suo paese e sposato con un soprano con cui ho avuto altresì l’occasione di suonare. Alfredo invece era milanese come me, un bellissimo timbro di voce. Con lui ho portato in concerto splendidi cicli, tra cui Liederkreis op. 24 di Schumann, Don Quichotte à Dulcinée dell’adorato Ravel, le Chansons gaillardes di Poulenc, geniali e provocatorie. Ma eseguivamo anche altro, per esempio Embraceable you di Gershwin, che grazie al suo timbro vocale suonava profonda e sensuale insieme.
I Lieder o Chansons o Canciones o Romanze e canzonette dalla fine del ‘700 costituiscono le perle del catalogo vocale solistico, proponendo in alternativa al melodramma le sfumature e il tono intimistico delle composizioni da camera. E’ un repertorio meno noto specialmente qui in Italia, dove sembra impossibile trovare cantanti interessati a misurarsi con un genere di espressività che fa a meno della teatralità e li sfida a lavorare su aspetti della vocalità non appariscenti. I cantanti così sono dotati d’intelligenza musicale, curiosità intellettuale e predisposizione per il canto in altri idiomi linguistici, strumenti che fanno loro apprezzare la bellezza assoluta di molte pagine di questo repertorio.
Questo sguardo al passato e le conseguenti riflessioni – lascio nel cassetto, o meglio nell’armadio, quelle un tantino illividite riguardanti il mio rapporto con il pianoforte, e le occasioni perse * – mi sopraggiungono alla vigilia dell’esame di Laurea nel Biennio in Discipline Musicali con l’indirizzo “Musica Vocale da Camera”, che sosterrò verso la fine di settembre al Conservatorio Santa Cecilia di Roma.
Non c’è un repertorio della musica occidentale colta che io ami più di questo.
*Un buon titolo per un raccontino autobiografico d’ispirazione illuminista potrebbe essere Della mia controversa relazione con il pianoforte ovvero le occasioni perdute