La storia che vi raccontiamo è un misto di crudeltà, medievalità e speranza. Poco tempo fa, una corte islamica in Iran ha deciso di condannare un uomo all’accecamento. La pena è parte del cosiddetto Qisas, ovvero il famoso occhio per occhio dei diritto islamico (Sharia). Nel 2005, infatti, un uomo di nome Hamid S., ha gettato dell’acido contro un altro uomo, Davood Roshanayi, per motivi ancora imprecisati. La povera vittima, purtroppo, ha perso la vista ad un occhio, la funzionalità ad un orecchio e ha riportato bruciature in tutto il corpo. Nonostante tutto, secondo quanto riportati dalla stampa, la vittima era disposta a ricevere una compensazione monetaria in cambio del Qisas.
A dispetto delle negoziazioni in corso tra la famiglia dell’aggressore e quella della vittima, il giudice Dashtban ha deciso di condannare Hamid S. alla pena del Qisas. Purtroppo per il regime, però, la medievalità del sistema giudiziario si è scontratta – ancora una volta – con la contemporaneità e l’umanità della popolazione civile. Dopo numerose ricerce, infatti, lo stesso giudice ha dovuto ammettere che, per il momento, non era ancora possibile eseguire la sentenza di accecamento del prigioniero per via chiurgica. Perchè? Semplice: nessun dottore iraniano si era mostrato disponibile a prestarsi a questa brutalità.
A questo dato positivo proveniente dalla società civile, ne possiamo aggiungere un altro. Lo scorso anno, come abbiamo già ricordato, il regime iraniano ha mandato a morte 721 prigionieri (anno solare 2014). Circa nello stesso periodo, secondo i dati forniti dalle autorità iraniane, ben 681 condannati a morte venivano risparmiati grazie al perdono concesso dalle famiglie delle vittime. Un altro simbolo di come, a dispetto di un regime barbaro, la popolazione iraniana sia capace di dimostrare, anche nella sofferenza, profonda umanità.