“Reyhaneh Jabbari è stata uccisa dai media Occidentali”. E’ con questa affermazione che, parlando alla CNN, Mohammad Javad Larijani, capo dell’Alto Consiglio per i Diritti Umani in Iran (sic), ha perentoriamente chiuso il caso Jabbari, la donna impiccata dal regime iraniano dopo essersi difesa dal suo stupratore. Secondo Larijani, infatti, la campagna mediatica portata avanti dai media Occidentali per salvare la vita di Reyhaneh Jabbari, ha influenzato l’atmosfera intorno a questo caso, impedendo ogni possibilità di revisione del giudizio e di perdono da parte della famiglia della vittima (come richiesto dalle medievali leggi della Repubblica Islamica). Le parole di Larijani, purtroppo, non suonano soltanto come drammaticamente ridicole, ma sono anche giudiziariamente false: Reyhaneh Jabbari, infatti, è stata accusata di aver ucciso Morteza Abdolali Sarbandi, membro dell’intelligence iraniana, nel 2007. La donna, ha sempre negato ogni accusa, sostenendo di essersi dovuta difendere davanti ad un tentativo di violenza. Per quanto concerne il perdono, la famiglia della vittima era piu’ che dispobinile a concerderlo, ma pretendeva da Reyhaneh una piena riabilitazione del famigliare morto. Ovvero, Reyhaneh avrebbe dovuto ammettere di non aver subito alcun tentativo di violenza e di aver ucciso Morteza Sarbani premeditamente. Reyhaneh Jabbari ha preferito morire, piuttosto che violentare la sua dignità di donna. Vogliamo ricordare che, dopo essere stata impiccata, il regime iraniano ha negato anche la donazione degli organi della Jabbari, un ultimo desiderio espresso dalla donna prima di arrivare al patibolo. Qui è possibile vedere l’intervista completa di Mohammad Javad Larijani alla CNN: http://goo.gl/yycCgF.
Nel frattempo, la macchina della morte non si ferma in Iran. Un uomo è stata impiccato in pubblica piazza presso Mashhad. Qui sotto pubblichiamo le immagini delle sua esecuzione. Le pubblichiamo non soltanto come testimonianza dei crimini iraniani, ma anche perchè riteniamo che sia la migliore risposta a quei politici che, blandendo bandiere falsamente democratiche o (peggio) radicali, portano avanti campagne di lobby in favore del regime giuidato dai Mullah e dai Pasdaran.