Mi dispiacerebbe molto dare l’ennesima visione stereotipata dell’Iran, ma quella delle donne in questo paese non è certo una posizione invidiabile per quanto riguarda le libertà personali. Dalla rivoluzione e l’introduzione dello Stato Islamico nel 1979, molte leggi sono andate a colpire ciò che alle donne è concesso e non è concesso fare e, seppure l’approccio a molte leggi sia cambiato, l’uguaglianza tra i sessi è ancora lontana. Ciò che è importante capire, però, è il paradosso che porta le donne a fare regolarmente, anche se non in pubblico, tutto ciò che a loro è vietato, spesso proprio perché è vietato.
L’esempio è proprio il trucco: dal ’79 un divieto vietava l’importazione di prodotti cosmetici, ma da quando questo è stato abolito negli anni ’90, l’Iran è diventato il secondo mercato della regione in questo settore, con una spesa di due miliardi di dollari l’anno, di cui almeno un terzo nel mercato nero (oggi è lecito, ma tassato tantissimo). Le donne che non potevano truccarsi, adesso sono tra le più truccate al mondo: questo è il proibizionismo. Se rossetti, mascara e smalti sono diventati un mezzo di espressione però, è probabilmente perché oltre al viso e le mani alle donne iraniane non è concesso mostrare altro. L’Ayatollah Khommeini, prima ancora di ufficializzare la nuova costituzione dopo la sua presa di potere, aveva definito le donne con la testa scoperta “nude”, da allora l’hijab è obbligatorio e la polizia dell’abbigliamento si occupa di mantere l’ordine per le strade delle città.
Sembra scontato dire che alle donne è vietato tatuarsi – anche se questo probabilmente nel Corano non era scritto -, ma suonerà più curioso sapere che a loro è vietato anche cantare. Tutte regole volte a prevenire i peccati dell’uomo, che potrebbero essere tentati da tali pratiche. Le donne poi non sono accettate nelle fumerie e nelle case del tè, ritrovo abituale degli uomini, mentre molti ristoranti sono divisi in un’area per gli uomini ed una per le famiglie, ossia per gruppi misti. Alle donne è vietato scambiare numeri di telefono con gli uomini e anche stringere la mano a uomini che non fanno parte della propria famiglia, anche se oggi il censuratissimo Facebook è diventato il mezzo più in uso per comunicare e mantenere i contatti con le nuove conoscenze.
Le donne in Iran non possono andare allo stadio e durante gli ultimi mondiali era stato imposto a ristoranti e fast food di non trasmettere le partite così che le donne non riuscissero a vedere le partite in luoghi pubblici. Non ha funzionato. Seppure i divorzi non siano tanto comuni quanto ad occidente, solo gli uomini possono divorziare le donne e non viceversa. Le donne possono lasciare il marito solo dimostrando che questo è scomparso, drogato oppure malato di mente, e questa è un’innovazione recente. A porte chiuse la società iraniana avanza rapidamente e ciò che viene deciso negli uffici governativi non rappresenta la condizione della popolazione, ma leggi ormai antiche rimangono in vigore e, seppure in alcuni casi semplici da aggirare, sono difficili da cambiare. Parlando di leggi, le donne, tra l’altro, non possono diventare giudici.
Le bambine devono cominciare a coprirsi dalla prima elementare, intorno ai sette anni, anche se la legge della Sharia stabilisce i nove anni come età d’iniziazione all’Islam. Con le bambine le scuole tendono ad essere più liberali, possono infatti vestire un hijab che non sia nero, ma di colori più felici come giallo, blu o verde. Ma rosso, quello no. Anche durante le attività sportive le iraniane di solito tengono il velo, ma alcune scuole, sopratutto private, hanno cominciato a permettere alle proprie alunne di toglierlo del tutto, a condizione che il perimetro della struttura sia circondato da mura abbastanza alte da tenere lontani occhi indiscreti.
Eppure, nonostante le diverse forme di oppressione, nonostante le proteste, si trovano segnali positivi. Le università sono frequentate per il 60% da donne, il doppio rispetto all’era pre-rivoluzione. Tra queste si trova anche la prima donna a ricevere il Premio Nobel per la matematica, Maryam Mirzakhani. A differenza di altri paesi islamici, pur essendo tecnicamente concesso, la poligamia in Iran non ha mai preso piede ed un contratto matrimoniale in cui l’uomo rinuncia a questo diritto, oggi può essere firmato. L’accesso alle informazioni provenienti dall’estero, da internet alla tv satellitare, permettono alle donne locali di fare un confonto e misurarsi con coetanee in paesi diversi. Nonostante tra i rapporti uomo-donna la legge cerchi di imporre dei limiti, la realtà è che a porte chiuse ogni cosa che riguarda relazioni, amicizie e sesso, accade esattamente come ci si aspetterebbe in un paese civile.