Corre voce di una protesta antigovernativa in Iran per il terzo anniversario della rivoluzione islamica e il governo di Ahmadinejad taglia i ponti con i siti stranieri.
Nessuna conferma ufficiale, naturalmente, ma il Washington Post riporta la testimonianza di un blogger iraniano. Maysam, questo il suo nome, si è sempre connesso alla rete tramite un servizio di VPN in grado di aggirare il firewall governativo; pare che in questi giorni il servizio sia raramente attivo e, anche in quei casi, talmente lento da risultare inutilizzabile.
Non si può certo parlare di fulmine a ciel sereno. Il governo iraniano guarda con sospetto alla rete Internet e negli ultimi anni ha messo a punto strategie sempre più efficaci per limitarne l’utilizzo.
Da un lato si temono le potenzialità comunicative di siti quali Twitter e Facebook. Tornando indietro alle proteste del 2009, gli stessi diplomatici statunitensi sostenevano che le azioni sul campo fossero coordinate sfruttando il celebre servizio di micro-blogging.
Ma non sono solo le rivolte intestine a preoccupare. Siti quali Google, Twitter e Microsoft sono stati spesso accusati dal governo di Teheran di controllare abitudini, ricerche e interazioni sociali degli internauti iraniani.
Per ora l’obiettivo è quello di limitare per quanto possibile l’accesso a questi siti, ma i progetti a lungo termine sono spaventosamente più ambiziosi. Si parla, infatti, di creare una sorta di Intranet cui i cittadini possano collegarsi in sostituzione della rete Internet pubblica. Questo nuovo espediente permetterà al governo di verificare tutti i contenuti effettivamente raggiungibili dagli utenti