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È la paura di un nuovo conflitto religioso a scuotere l’Iraq oggi. Non che prima la paura non ci fosse, ma i recenti avvenimenti testimoniano una lacuna incolmabile nei sistemi di sicurezza iracheni.
Nella notte tra domenica e lunedì ben due carceri, quello di Abu Ghraib e quello di Taji, nei pressi di Baghdad, sono stati attaccate ed espugnate. Il bilancio dell’attacco, sferrato con autobombe, kamikaze e mortai, supera i 41 morti.
Abu Ghraib non cessa quindi di essere tristemente famosa: nello stesso carcere una decina di anni fa erano stati girati quei video che incriminavano i militari americani per le sevizie perpetrate ai detenuti.
Si contano circa cinquecento evasi, alcuni, si pensa, membri di Al Qaeda. Il bilancio è stato confermato dalle dichiarazioni del deputato Hakim al Zamili, membro della commissione sicurezza e difesa del Parlamento iracheno.
L’evento si instaura in un clima di generale crescita della tensione, con un moltiplicarsi delle vittime (almeno 525 dall’inizio di luglio) e di attentati, soprattutto nei quartieri sciiti di Baghdad. Un Ramadan di sangue.
Articolo di Sara Martinetto