Attribution: The U.S. Army.
Baghdad e altre città dell’Iraq sono state prese d’assalto da un’ondata di attentati terroristici, consistenti nell’esplosione simultanea di numerose autobombe. Il bilancio attuale è di circa 70 morti e più di 170 feriti, per quanto fonti della sicurezza locale portino il numero dei feriti a ben 200.
Gli attentati hanno colpito, nella capitale, soprattutto i quartieri sciiti, e giunge in un momento di altissima tensione tra essi e i sunniti, che sostengono di essere stati quasi “dimenticati” dal primo ministro Nouri Maliki. Sono oltre 2500 le vittime totali irachene, stando ai dati ONU, dall’inizio di aprile. Un numero inferiore di circa 500 unità rispetto al totale complessivo dei morti degli attentati dell’11 settembre, che a buon diritto potrebbero essere definiti come l’inizio di quella politica estera aggressiva e spregiudicata tipica dell’America del XXI secolo: una prova quasi scientifica, matematica del fatto che rispondere alla forza con la forza non porta che ad un continuo peggioramento. Per Al-Jazeera oltre ottocento sono i morti soltanto a luglio – e il mese non è ancora finito.
Gli attentati in Iraq giungono proprio all’indomani della conferma del mantenimento dei soldati Italiani in Afghanistan sino al 2017, e forse perfino al 2020. Una spirale di guerra e di violenza che dura da dodici anni a cui i governanti degli Stati partecipanti non sembrano voler mettere fine, con, tra l’altro, l’effetto collaterale di sprecare enormi quantità di denaro – anche durante la gravissima crisi economica.
Articolo di Giacomo Conti