Dalla Sardegna all’Iraq. Le armi destinate ai pshmerga, i guerriglieri curdi in lotta con le sanguinarie milizie islamiche dell’Isil saranno quelle stipate dal 1994 nei depositi del Parco della Maddalena: vecchi fucili, caricatori, proiettili e razzi anticarro di fabbricazione sovietica sequestrati nel ’94 sulla nave Jadran Express bloccata nel canale di Otranto durante un’operazione delle Fiamme Gialle per la violazione dell’embargo ONU sull’ex-Yugoslavia. Quello descritto ieri dal ministro della Difesa Roberta Pinotti davanti alle commissioni Affari Esteri e Difesa di Camera e Senato è proprio l’identikit delle armi conservate nel deposito sotterraneo di Guardia del Moro, alla Maddalena, il cui vincolo di servitù militare è ormai scaduto da cinque mesi. L’arsenale maddalenino comprende 30 mila fucili kalashnikov, 400 missili Fagot con relative rampe di lancio, 5000 razzi Katiuscia, 11 mila razzi anticarro e 32 milioni di munizioni. Armi che – secondo le associazioni Un Ponte Per e Rete italiana per il disarmo – sarebbero dovute essere distrutte in base ad una sentenza del Tribunale di Torino del 2006. Ma che, ha spiegato il ministro Pinotti, grazie a una norma contenuta in una legge del 2009 potranno essere inviate in Iraq.
La scelta di inviare armamenti per giunta obsoleti in Iraq, seppure richiesti dalle stesse autorità curde per difendersi e concordata a livello internazionale, è di per sè discutibile per provare a pacificare una zona di crisi come l’Iraq.
Quella decisa dal Governo sarà però un’operazione conveniente per le casse dello Stato: inviare in Iraq vecchie armi in scadenza che dovevano essere distrutte consentirà alla Difesa di risparmiare i notevoli costi che avrebbe dovuto affrontare per smaltirle.
Un secondo lato positivo sarà quello di liberare i depositi della Maddalena vista la scadenza della servitù militare (anche se il Governo si ostina a non mollare la presa e considerare ancora l’isola strategica dal punto di vista militare).
Il no all’invio di armi in Iraq
Il no all’invio delle armi in Iraq, specie quelle obsolete provenienti dai depositi segreti come quello della Maddalena, è stato espresso nei giorni scorsi anche dall’associazione Un Ponte Per, nata nel 1991 per favorire la cooperazione internazionale dopo l’intervento americano in Iraq, e dalla Rete Italiana per il Disarmo.
Le due associazioni riportano le parole di Giorgio Beretta, responsabile dell’Osservatorio permanente armi leggere di Brescia che paventa appunto il rischio che l’invio di armi obsolete ai guerriglieri curdi possa essere un pretesto per svuotare i magazzini delle aziende armiere o per eliminare gli armamenti depositati da anni a La Maddalena:
“Ogni invio di armi nella regione va assolutamente impedito, ancor più se il governo intende inviare ai militari curdi delle armi in disuso per svuotare i magazzini delle nostre aziende armiere o peggio ancora quelle armi di fabbricazione sovietica sequestrate al trafficante Zhukov e detenute per anni nelle riservette dell’isola sarda della Maddalena. Quelle armi, come prevede una sentenza del Tribunale di Torino del 2006 mai resa operativa, vanno distrutte: chiediamo perciò che venga subito aperta un’inchiesta parlamentare considerato che una parte di quelle armi pare sia stata inviata nel 2011 agli insorti di Bengasi apponendo da parte dell’allora governo in carica (Berlusconi IV) il segreto di stato”.
“La responsabilità di proteggere le popolazioni minacciate del Nord dell’Iraq – si legge nella nota di Un Ponte Per e Rete Italiana per il Disarmo – non si esercita fornendo armi alle forze armate curde o irachene, ma semmai inviando una forza di interposizione militare a difesa delle popolazioni e creando le condizioni per interventi di pace“.
La Rete Italiana per il Disarmo ha chiesto al Governo di promuovere iniziative efficaci affinché l’Italia eserciti il suo dovere alla responsabilità di proteggere le popolazioni minacciate in accordo con gli organismi internazionali e al Parlamento di svolgere un ruolo propositivo e di controllo delle iniziative dell’esecutivo in particolar modo sull’invio di armi e sistemi militari in Iraq.