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Irish Film Festa: “Patrick’s Day” di Terry McMahon

Creato il 30 marzo 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2014
  • Durata: 99'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Irlanda
  • Regia: Terry McMahon

All’ottava edizione dell’Irish Film Festa il pubblico incontra il regista irlandese Terry McMahon che dopo Charlie Casanova, migliore opera prima al Galway Film Fleadh, presenta il suo secondo lungometraggio Patrick’s Day, coraggioso e temerario viaggio attraverso gli occhi e l’anima di Patrick, giovane schizofrenico che sperimenta l’amore per la prima volta che sboccia violentemente nonostante i tentativi di repressione della madre e dei medici.

Sinossi: Patrick (Moe Dunford) ha 26 anni, un lavoro in un supermercato e coabita con il suo migliore amico Freddie in una casa di cura per malati mentali; come d’abitudine la madre Maura (Kerry Fox) lo porta a Dublino per assistere alla parata e per festeggiare il suo compleanno, che è proprio nel giorno di St. Patrick. È un rito che si ripete ogni anno e che all’apparenza Maura organizza per Patrick affinché si diverta e si senta amato; in realtà Maura si rivela una madre ossessionata e iperprotettiva e sembra soltanto un alibi dietro il quale nascondere le sue paure e la sua solitudine. Proprio durante il viaggio a Dublino Patrick si innamora di Karen (Catherine Walker) una giovane donna afflitta da problemi esistenziali che la spingono all’idea del suicidio. L’incontro casuale tra i due scatena la passione di Patrick che per la prima volta esplora l’unione con il mondo femminile, che fino a quel momento era stato prepotentemente rappresentato da sua madre. Karen inizialmente non si lascia trasportare dalla passione del giovane e cerca di allontanarlo in tutti i modi, ma qualcosa dentro di lei sta cambiando, forse la tenerezza suscitata da quel ragazzo che la società si ostina a voler emarginare e rinchiudere, ma che è in grado di donare incondizionatamente amore in un mondo dove tutto è compromesso e solitudine. Quando Karen lascia l’Irlanda aspetta un figlio da Patrick che non riesce ad accettare l’abbandono e la madre si avvale della compiacenza di un amico poliziotto per convincere il figlio che Karen non è mai esistita; Patrick continua a soffrire così atrocemente il distacco al punto tale da farsi praticare l’elettroshock per dimenticarla. L’amore di Patrick è così grande che nulla riesce a restituirgli la spensieratezza che aveva prima; la madre continua a restare aggrappata ai riti e alle abitudini ma alla fine chiede aiuto all’amico poliziotto affinché provi a rintracciare Karen; l’uomo, che vive un profondo senso di colpa nei confronti di una figlia che non ha mai potuto crescere e pentito per aver assecondato Maura nel suo perverso tentativo di deformare la realtà di Patrick, accetta di aiutarla.

TerryMacMahon2

“Abbiamo bisogno di uomini capaci di sognare cose
mai esistite e di chiedersi perché no? ” (John Fitzgerald Kennedy)

Recensione: La citazione di JFK, che riprende le parole dello scrittore irlandese G.B. Shaw “Vedi delle cose e dici: ‘Perché?’ Ma io sogno delle cose che non sono mai esistite e dico: “Perché no?” apre il film che si sviluppa su due livelli, come spiega il regista durante il dibattito dopo la proiezione: la realtà e l’allucinazione. Il “viaggio dall’interno” del protagonista, come lo definisce Lenny Abrahamson, ospite d’onore di questa edizione e presente in sala per complimentarsi e conoscere personalmente McMahon, è reale – anche quando si tratta di allucinazioni – e dà modo di interrogarsi sulle condizioni delle persone affette da problemi mentali e sul ruolo che le istituzioni e il Potere esercitano.

McMahon ringrazia il pubblico romano e internazionale che affolla la sala Deluxe della Casa del Cinema di Roma in un bel sabato pomeriggio primaverile e racconta la sua esperienza lavorativa in un ospedale psichiatrico quando aveva 18 anni: pone l’accento sugli impulsi sessuali dei pazienti, trattati dal personale medico come se fossero una stortura collegata alla malattia. Alcune vicissitudini lo portarono poi a restare senza tetto per diciotto mesi e sperimentò la paura, non tanto quella di venire picchiato per strada di notte, ma la paura della solitudine; “vivevo come un reietto, avevo perso la testa l’anima e il cuore; si perde con la solitudine qualsiasi capacità di collegarsi alle persone”. A quel punto McMahon comprese l’urgenza di iniziare a scrivere, la necessità di riempire quella pagina bianca con un soggetto che trattasse di solitudine e coraggio e di come interagiscano per cambiare le cose.

Susanna Pellis, direttore artistico del festival, che modera il dibattito al quale partecipano oltre al regista anche il produttore Tim Palmer e l’attore protagonista Moe Dunford, paragona il film a The Butcher Boy di Neal Jordan in quanto storia umana con una metafora sottostante che riguarda l’Irlanda malata, “il più grande ospedale psichiatrico d’Europa” lo definisce McMahon, che – aggiunge – punta il dito sulle persone isolate per proteggere le élite; “sono talmente allucinati che pensano che l’austerità faccia bene”, riferendosi anche alla troika; è in atto da parte del potere la repressione degli istinti, le persone hanno talmente paura dell’amore e del piacere che tentano di auto-sabotarsi per sopprimere quei sentimenti prima ancora che emergano (dal punto di vista narrativo la madre del protagonista è una chiara rappresentazione di questo comportamento).

mcMahon_Dunford

Al progetto ha creduto fortemente il produttore Tim  Palmer che ha incontrato McMahon per la prima volta al festival di Galway; dopo la visione di Charlie Casanova e la lettura di cinque sceneggiature Patrick’s Day ha iniziato a prendere forma, inizialmente con il titolo di Simple Simon; di questo progetto iniziale non faceva parte l’attore Moe Dunford, che è stato scelto dal regista dopo aver scartato una serie di nomi importanti (e ben voluti dai finanziatori, perché commercialmente più attraenti); Dunford, con il suo l’aspetto di “uomo-bambino a pezzi”, che McMahon cercava per il protagonista, ha spiegato che il suo personaggio è il più normale della storia. La morbosità della madre non gli consente di sbocciare, ma una volta staccatosi dalla donna riesce, anche solo per una notte, a prendere il volo. Ad essere malati sono in effetti gli altri personaggi, Maura, Karen, il poliziotto soffrono di quella solitudine che deforma la realtà e crea allucinazioni e bugie al punto tale da non sapere più cosa è vero e cosa non lo è.

Ispiratosi al lavoro di due psicologi irlandesi (Brown e O’Connor), McMahon sostiene che c’è della schizofrenia in ognuno di noi, ma è difficile ammetterlo; siamo tutti capaci di essere profondamente vulnerabili ed è questa la ragione per la quale registi, sceneggiatori e scrittori esplorano la natura umana: alla presenza di un Potere forte che ci fa credere che questa vulnerabilità è una vergogna, la psicologia non è più quella scienza che ci rende delle persone migliori, ma, nelle mani sbagliate, ci induce a costruire le “mura della nostra prigione a casa con un tablet”.  E chiude l’interessante dibattito auspicando un’apertura degli uni verso gli altri, senza avere paura, senza restare chiusi dentro le nostre prigioni, affinché quel Potere venga piano piano scardinato.

Anna Quaranta


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