Six Nations 2013, Lansdowne Road, Dublin
Ireland 13 - 13 France
L'anno scorso fu 17 pari allo Stade de France: sotto la pioggia, un tempo per parte, delusione per entrambe; lo schema, delusione inclusa, si ripete quest'anno a campi rovesciati.L'Irlanda di Kidney offre la medesima sensazione di quasi sempre, sintetizzabile con un "Maramao perché sei morto? Pane e vin non ti mancavan etc.etc.": inizialmente pare avere tutto quel che serve per trionfare - individualità, schemi, tattica di gioco, salvo finire regolarmente la benzina sul più bello. Per quanto riguarda i Bleus, se l'anno scorso avevano la giustificazione del "cantiere", stavolta sembrano salvo eccezioni una scolaresca quando gli scrutini son già fatti, presente per dovere ma sbracata senza impegno. Come fosse un gruppo privo di stimoli e punti di riferimento, sensazione accentuata da alcune scelte francamente inspiegabili di coach Saint-André. Prima fra tutte, far calciare ai pali a un piede teoricamente buono (Michalak) ma che non piazza mai in campionato, pur avendo in campo il miglior piazzatore del Top14 quanto a percentuale di successo (Parra).
Il risultato è una partita francamente brutta, abbastanza priva di spunti degni di nota, eccessivamente condizionata dalla pouring rain che "stringe il campo" alla fascia centrale e riduce per ampi tratti la tattica reciproca all'attesa dell'errore su palle calciate alte; dai quali errori non partono cavalcate abrasive di cavalleria pesante alla sudafricana, ma solo confusione inconcludente che si somma a confusione. Va detto che la causa della particolare bruttezza va imputata principalmente ai francesi, tutti abbastanza svogliati e svagati tranne uno o due; i padroni di casa ci provano a far le cose per benino almeno per un tempo, sfruttando il vantaggio del volere (arrivare prima, più alto, più avanti); salvo poi accontentarsi dei 13 punti raccolti nel primo tempo, rimanere inconcludenti nel secondo e sciogliersi nel finale, alla prima serie di spallate francesi. E gli è ancora andata bene: nell'ultima azione gli ospiti han gettato via una chiara occasione di meta, quasi vergognandosi di strappare una vittoria immeritata ma presentata su vassoio d'argento. Significativa e appropriata la sintesi che della partita fa Rugbyrama: "La reazione d'orgoglio nel finale non maschera affatto una prima parte di gara apatica, salvo eccezioni".
Inutile perdersi in cronache puntuali di un evento tanto noioso quanto bagnato. Il primo tempo è tutto in mano ai padroni di casa, non ricordo iniziative degne di nota dei francesi, che si affidando agli spunti di Yoann Huget mantenuto inspiegabilmente estremo pur in presenza di Maxime Medard schierato ala chiusa, pur sapendo che gli irlandesi avrebbero "bombardato" il fondocampo. Il resto del reparto arretrato Bleu non si vede: Medard e Clerc, Fritz e stavolta anche Fofana annegano nel tamponare percussioni e calci alti. In mediana Parra fa di tutto per velocizzare, ma quando l'ovale transita a Michalak, siamo alle solite: qualche bell'incrocio, qualche bel calcio alto ma tutto privo di efficacia: la sensazione è che calci quando potrebbe aprire e viceversa.
Anche il pack si consuma in una difesa costantemente messa sul piede arretrante dai Verdi: per la prima volta in questa epoce s'è visto Dusatoir in affanno, supportato da Nyanga mai entrato in partita. la parte "tight" del pack tampona come può, con Maestri, Samson e Domingo a sacrificarsi, Mas in versione Adam Jones ridotto a usare più furbizia che forza; uniche eccezioni assieme a Parra di tutti i Bleus, Kayser preciso al lancio in touche e propositivo e sopra a tutti Picamoles, ad avviso di chi scrive il vero Man of The Match. Ogni volta che parte palla in mano è come se si accendessero i riflettori, come se improvvisamente suonasse la sveglia.
La musica è diversa, almeno nella prima ora di gioco, lato irlandese: gran dimostrazione di volontà e determinazione, a partire dalla mediana dove Conor Murray (Man of the Match ufficiale) si distingue per rapidità e qualità delle esecuzioni in un tempo cane; anche Paddy Jackson, confermato apertura dopo un po' di suspence, si focalizza sul punto debole della prima uscita, i piazzati, uscendone più che decentemente. Non è giornata da trequarti nemmeno per i Verdi, difatti è sacrificio - e infortuni a raffica - per Brian O'Driscoll; è anonimato per l'altro enfant gaté Luke Marshall, cui non resta che distinguersi per un paio di pregevoli grillotalpa degni del miglior specialista, quando il resto della baracca scricchiola nell'ultimo quarto; anche Fergus McFadden e Keith Earls ai lati ci provano con abnegazione ma non è giornata. Con tutte quelle chandelle alzate un po' di occasioni si presentano per l'estremo Kearney, ma anche lui pur autore di una prova ok, non riesce a determinare svolte.
Il pack surclassa quello avversario nelle fasi dinamiche: arriva sempre prima nella contesa e contribuisce a guadagnar campo e possesso: bella prova di tutta la terza linea O'Mahony-O'Brien-Heaslip, ben supportati da Ryan e McCarthy in seconda linea; solo l'equilibrio nelle fasi statiche impedisce un dominio schiacciante agli irlandesi, davanti Cian Healy con Ross ora vince ora perde la sfida con i maestri francesi, mentre Rory Best ha il suo bel daffare a tener dritte le rimesse.
al 10' minuto l'Irlanda concretizza una superiorità già evidente con le maniere classiche: una maul da rimessa laterale eseguita in modo terrific (in inglese è l'opposto, non l'analogo di terrible), spinge il pack francese fino alle soglie dell'area di meta, Jamie Heaslip è lesto a lanciarsi tra le gambe un attimo prima dell'inevitabile sacking. Tanto che la prima sensazione è che l'arbitro Welsh abbia assegnato la meta tecnica, invece il miglior arbitro (di gran lunga) oggi sulla piazza aveva visto tutto. Welsh è permissivo in generale (ad esempio con le maul fermate o nei crolli in mischia, rispetto agli isterici standard Boreali: in dubio lascia correre, la sua filosofia) ma è fermo, dialogante e soprattutto consistente, così diverso da tanti pomposi old farts e nouvelle vague anglosassoni.
Procedendo con i pochi eventi significativi del primo tempo, Jackson centra la trasformazione e due penalty su tre, mentre Michalak ne fallisce due su tre, per il 13-3 apparentemente in sicurezza di fine primo tempo. Le occasioni di piazzare però dicono che dominio di possesso e territorio irlandese non è totale, la situazione in campo sarebbe più equilibrata di quel che dicono le statistiche. In equilibrio è la fallosità nel tempo cane, puntualmente punita dall'arbitro ben assistito dai collaboratori; se quelle francesi sono chiaramente provocate dalla pressione di un pack a tratti dominante, lato irlandese si tratta di infrazioni su avanzamenti e conquiste dovute alle individualità franche (Picamoles, Huget) e all'infaticabile colpo d'occhio di Parra, più che ai ritardi di Michalak e degli avanti sul punto di contesa.
Il secondo tempo inizia sulla falsariga del primo: un errore di Michalak dalla piazzola, mentre la confusione cresce e la pesantezza dell'ambiente e dello scontro inizia a reclamare vittime in campo: il primo a uscire toccato duro è Maestri.
Parra avvicenda finalmente l'apertura ai piazzati e al 55' centra il 13-6, riaprendo la gara al break point. Sembra la svolta, agevolata dalla scelta di Kidney di sostituire all'ora di gioco con Eoin Reddan l'efficace mediano Murray. Invece anche Parra sbaglia (malamente) la seconda opportunità di piazzare: a giustificazione di tutti non è esercizio facile, sotto la pioggia veramente battente. Nel mentre i bendaggi e le vittime in campo si moltiplicano, soprattutto lato irlandese, la partita prosegue sempre più brutta e con un equilibrio ancora di marca irlandese; a loro carico, il fatto di non riuscire più a mettere nemmeno un punto a referto in tutto il tempo.
Alla fine saranno stati i cambi a girare la partita? Entra tra gli altri Bastareaud al posto di Fritz, invisibile come gli altri trequarti, un ottimo Debaty per Domingo, Claasens per l'inconsistente Nyanga. Par più un crollo vuoi fisico vuoi fisico-mentale dei padroni di casa: i francesi guadagnano campo con i pick and go e le percussioni, mantengono la calma e alfine marcano meta al 70', è meritatissia di Picamoles che similmente a Heaslip s'infila tra le gambe dei suoi e di forza fa toccare la linea all'ovale. Significativamente, la meta francese arriva da guizzoindividuale su azione di pura abrasione, mentre quella irlandese da gioco "organizzato". E' Michalak non Parra a trasformare per il pari (forse perché il calcio era sul lato sinistro).
Il finale è ovviamente frantic, gli irlandesi pur sconquassati dai cambi da infortuni non ci stanno. Ma han perso le poche "geometrie", come direbbe il commentatore calcisitico, e l'opportunità più ghiotta è su classica azione di contropiede, dove la velocità di Keith Earls su ovale calciato verso l'area di meta francese pare per un attimo poter prevalere sui lentigradi Debaty e Picamoles. Debaty chiaramente ostruisce un filo la corsia di Earls, ma la sensazione è che Picamoles sarebbe arrivato comunque ad annullare l'ovale. Tant'è, l'arbitro è correttamente wise e "scarica" la responsabità della decisione al Tmo, il quale sancisce l'irrilevanza della spallata di Debaty (non va dimenticato che siamo a Dublino) e fa ripartire dai 22. Tentativo restituito dai francesi a tempo scaduto, con un calcio in area di meta su cui arriva Kearney prima di Clerc: bastava un filo di pazienza in più, l'inerzia era inopinatamente diventata tutta Bleus. Ma tutto sommato è più giusto così.
Se in Francia nessuno festeggia, Kidney cui scade il contratto a fine torneo, non sa dir altro che "se avessimo concretizzato un paio di opportunità in più che abbiamo avuto, avremmo vinto". Too little, too late?
Potrebbe anche toccare agli Azzurri, una volta gestita con meno strascichi possibili gli esiti post trasferta di Twickenham, sia nell'eventuale esaltazione che nel più probabile scoramento, di essere chiamati a una autentica mission of mercy: dare il colpo di grazia nell'ultima giornata a questa gestione dei Trifogli. Basta saper reggere un'ora, mostrano gli altri europei. Non è certo una gestione definibile come fallimentare nel suo complesso, forse non ha saputo raccogliere tutto quanto era ed è ancora nel loro potenziale. Soprattutot se comparata col periodo vincente in Coppa Europa. Per cui Schmidt il coach di Leinster inizi pure a scaldarsi, andando a completare la triade australe che ha in gestione le nazionali celtiche.