Irlanda whitewashed, Galles ancora corto d'un pelo, tripletta scozzese

Creato il 23 giugno 2012 da Rightrugby
Ultimo turno lungo i lidi Down Under per le Union celtiche, sparse tra Sydney, Hamilton e Samoa e con una sola vincitrice nel gruppo, la Scozia che superando 17-16 i samoani completa al meglio il proprio tour australe con tre vittorie su tre incontri. 
Ma il risultato del giorno è quello sul groppone dell'Irlanda: gli All Blacks le rifilano un secco 60-0, record negativo per la nazionale verde che nulla può contro dei neozelandesi scatenati, partiti in sesta e che chiudono con nove mete nove, lasciando Brian O'Driscoll quasi in lacrime a fine match per la delusione. Settimana scorsa a fare la differenza fu il drop di Dan Carter allo scadere, stavolta Carter non è nemmeno in campo, ma al suo posto è schierato Aaron Cruden, poi costretto ad abbandonare il campo per infortunio, ma prezioso fornitore d'assist in occasione delle marcature che già nel primo quarto portano i padroni di casa sul 21-0. Non c'è molto da raccontare, crudelmente. A parte una fiammata della seconda linea Dan Tuohy nei primi istanti, il resto è, come si suol dire in codesti casi, marea nera e doppia soddisfazione per il debuttante Sam Cane, l'open side flanker che con il suo ingresso sposta capitano Richie McCaw a Numero 8: il ragazzo classe '92 apre le danze al 6' servito a dovere da Cruden e dopo un'iniziativa di un brillante Sonny Bill Williams e farà doppietta al 43' di nuovo liberato da un riciclo veloce stavolta di Conrad Smith, con tanto di palleggio al volo per quindi chiudere sotto i pali. Placca, contesta, corre: ha mostrato la carta d'identità e l'hanno ammesso al club. Alla sagra prendono parte SB Williams (doppietta anche per lui, 11' e 18'), Ben Smith (22'), Hosea Gear (che corre come un treno verso l'area di meta lasciando a terra il povero Keith Earls che tenta come può di andargli sotto e si ritrova la spalla dell'All Black stampata sul volto, al 49'), la terza linea Liam Messam (57'), Israel Dagg (62') e Adam Thomson (72'), entrato per Cane.
30 punti per tempo, praticamente, visto che la prima frazione si chiude sul 29-0 e con gli irlandesi che restano con un uomo in meno per il giallo a Rob Kearney: l'arbitro francese Romain Poite non gli perdona un avanti intenzionale nel corso dell'ennesima folta offensiva della Nuova Zelanda. Una settimana fa, il sin bin era toccato a Dagg per un intervento pericoloso nei confronti dell'estremo irlandese: tutto è cambiato e lo spread si è impennato di brutto. Gente come Cian Healey, Rory Best e Sean O'Brien scompaiono, Kevin McLaughlin viene tartassato e si muove sofferente per il terreno di gioco (un tappeto verde), la squadra di Declan Kidney sfiora i 30 placcaggi mancati e non dispongono di una singola occasione per scacciare lo zero dal tabellone, tranne quando arrivano ad un passo dalla meta nel primo tempo, ma l'azione viene fermata per un fallo in ruck. Dall'altra parte, oltre a Cane di cui si è già detto, complimenti giunti pure a Luke Romano, seconda linea, da Canterbury che a 26 anni raccoglie il primo cap con la nazionale e a Beauden Barrett, 21 anni, entrato per Cruden, da Taranaki: per lui nove punti (tre conversioni e il calcio di punizione al 40' dopo il giallo a Kearney), piglio sveglio, aria tranquilla e serena. Dopo tutto, debutto migliore per lor signori non poteva capitare: l'ultimo faccia a faccia della serie che si trasforma in un allenamento con avversari prestigiosi. Whitewash, rimanere a secco: di vittorie ok, ma addirittura di punti era impensabile. "That scoreline is a bit embarassing", sentenzia l'orgoglioso BOD, "nell'area del breakdown siamo stati terribili". 

Sotto il sole invernale del New South Wales, al contrario, il Galles rivive i soliti fantasmi contro l'Australia, di fronte a 43.000 tifosi. 20-19 per i Wallabies e sì, il sorpasso decisivo per i padroni di casa giunge non allo scadere, ma comunque quando mancano sei minuti alla fine, con il piede del solito Berrick Barnes. Arbitra il sudafricano Craig Joubert che fischia tutto nei raggruppamenti - e Mike Phillips perde la pazienza in un paio di occasioni. Nella terza partita di una serie ormai già decisa, il ritmo non cresce granché con il trascorrere dei minuti e coach Robbie Deans, intervistato nell'intervallo, fa la predica ai suoi per i troppi errori di handling e gestione - e infatti al rientro in campo Kurtley Beale e Digby Ioane gettano alle ortiche un'ottima occasione creata da un calcetto di Barnes. 14 turnover concessi dagli australiani, 14 le infrazioni commesse dai gallesi. Tra il 3' e il 24' Barnes e Leigh Halfpenny si affrontano dalla piazzola, da posizione ravvicinata o da centrocampo, e portano le due squadre sul 9-9, quindi al 38' l'apertura australiana sfrutta un piazzato nei pressi dei 22 avversari, mentre Rhys Priestland non trova i pali al 40' di drop, dopo cinque fasi condotte dal pack che perde Sam Warburton: per il capitano dei dragoni rossi arriva una forte botta alla testa scontrandosi con il centro Pat McCabe: 12-9 dopo la prima frazione.

Il secondo tempo è quanto mai decisivo: gli australiani che vogliono il bottino pieno, la truppa di Warren Gatland che cerca una vittoria che in Australia al Galles manca dal 1969. Next time, baby. Eppure all'inizio dell'ultimo quarto le cose sembrano mettersi per il meglio: un calcio nella profondità, Ioane è costretto a portare palla nella propria area di meta e ad annullarla, concedendo così una mischia sui 5 metri agli avversari che nell'ingaggio hanno già messo in difficoltà la prima linea Wallabie. La storia si ripete, passando per tre fischi di Joubert, finché stavolta il Galles conquista pure terreno e Ryan Jones marca sotto i pali: con la trasformazione di Halfpenny è 16-12. Il vantaggio è destinato a durare poco: al 64' il centro Rob Horne è mandato in meta da Beale all'altezza della bandierina, Barnes non trasforma, ma è comunque +1. Halfpenny ribalta la situazione al 70', quindi al 74' Barnes infila i pali in quello che viene conteggiato come il 23° penalty ravvisato da Joubert. Close but not enough, una volta di più. Altro whitewash, altro onore delle armi e nessun successo in bacheca per i dragoni nel viaggio a Sud.

  A proposito di finali sul filo del rasoio: è la meta della terza linea Rob Harley (foto), entrata al 62' per Richie Vernon, a regalare agli scozzesi il terzo successo su tre uscite. Il 17-16 sulle Samoa si aggiunge alla vittoria su australiani e fijiani e si materializza al 79', negli ultimi disperati tentativi, inaugurati da uno spunto di Tim Visser. Quindi sfida tra i rispettivi pacchetti di mischia, con quello scozzese che prova a mettere nell'angolo quello avversario, non riuscendoci, e dunque l'ovale torna verso i trequarti: quando con Sean Lamont l'azione sembra finire in un nulla di fatto, ecco giungere pel di carota Harley (classe '90, dai Glasgow Warriors) che sbroglia la matassa nel giorno del suo debutto. Scots che già nel primo tempo erano andati in meta con Joe Ansbro, al 22', mentre per Samoa fa tutto l'apertura Tusi Pisi: meta al 56', trasformazione, due piazzati e anche un drop al 20', portando i pacifici sul 16-10 all'ingresso nell'ultimo quarto di gara. 

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