Magazine Gadget

Iron Combat: War in the Air – More like bore in the air

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Se c’è un “fetish” che il sottoscritto proprio non riesce a comprendere del Sol Levante è la mania, abbastanza recente, di accostare ragazzine e armamenti bellici, e non i soliti marmocchi alla guida di robot giganti (anni e anni di Gundam tendono ad assuefarti all’idea), bensì quelle curiose circostanze in cui suddette donzelle sono… le armi stesse, letteralmente. Sul serio: fucili d’assalto e non, aerei della seconda mondiale, navi da guerra, sommergibili, gli autori nipponici le stanno provando di tutte per unire sotto un’unica bandiera i fanatici del moe che gli otaku delle armi, e visto il successo di alcune serie non c’è da stupirsi. Ovvio, non siamo qui a condannare questa elevata corrente di pensiero, e anzi se il canovaccio rende un po’ di fanservice “alternativo” non ci dispiace neanche; sarà dunque il caso di Iron Combat: War in the Air, l’action di Teyon a base di dogfight e loli formato mech, disponibile da qualche tempo sull’eShop di 3DS? Eh, noi lo speravamo.

NOT EVEN A LOLI CAN SAVE YOU…

Il mondo è in rovina, una grande guerra ha sterminato buona parte dell’umanità, i pochi superstiti si sono aggregati per tirare a campare, formando due schieramenti, che guarda caso entrano in conflitto, e bla bla bla convertiamo la gente in Decepticons. L’unica cosa ancora più sterile, generica e delle desolate lande post-apocalittiche di Iron Combat è forse il comparto narrativo, assemblato rovistando (con i piedi) tra i cliché più abusati del genere giusto per schiaffare a schermo un contesto serioso di cui avremmo fatto volentieri a meno, ma vista l’impronta arcade del titolo di Teyon se non altro possiamo affondare i denti nella campagna senza il timore di incappare in cutscene o intermezzi vari; tolto infatti il dimenticabile antefatto in apertura (“Che cos’è la felicità?”: quando un’opera comincia con massime simili sai benissimo che andrà di palo in frasca, specie se giapponese NdR), quel che resta al giocatore da sorbire sono briefing testuali sul prossimo obiettivo e conversazioni a senso unico con il nostro operatore Sellan ed eventuali minacce senzienti. Gli assillanti dialoghi in lingua nipponica e il fattore “comando una tizia che spara laser delle braccia e si trasforma in jet!” non riescono però a mascherare la povertà di sfaccettature dell’infrastruttura di gioco, limitata alla sola, claudicante modalità principale; questa si snoda all’interno di una ventina di missioni, tutte purtroppo accomunabili a una mera sopravvivenza a ondate, scandita di tanto in tanto dalle tediose boss fight. L’assenza congenita di varietà, l’IA inesistente e alcune fastidiose lacune a livello di gameplay incorniciano quindi un quadro globale abbastanza gretto: basta una sessione per comprenderlo in toto, due per annoiarsi e scaricarlo nel dimenticatoio.

Eppure il concept alla base del gioco è quanto meno meritevole d’attenzioni. Tralasciando la presentazione scarna e superficiale, il battle system aspira a fondere la velocità dei combattimenti aerei di un Ace Combat a caso, da cui sembra attingere a piene mani a partire dal nome, alla laboriosità di un mecha in terza persona, di quelli frenetici, à la Zone of the Enders per intenderci (pure lui piuttosto “presente” in quel di Iron Combat). Un traguardo ambizioso, che può invero definirsi raggiunto, console alla mano. Prendere atto della natura cangiante della protagonista è questione di un attimo, i comandi sono molto intuitivi, e la curva di apprendimento ripida viene compensata da una formula di gioco skill-based divertente e appagante, almeno sul piano teorico. Per quanto infatti il sistema di controllo funzioni, e la pratica riveli un ampio ventaglio di manovre e trick altamente spettacolari con cui radere al suolo il campo di battaglia, a poco serve metterli a frutto considerato il ritmo inerziale delle forze nemiche: l’IA si limita a spawnare in gruppi di tre o quattro unità alla volta in un punto a caso della mappa, lanciandoci addosso qualche missile mentre se ne resta immobile a farsi crivellare; lo fa la carne da cannone delle prime missioni, lo fanno gli elite delle sortite conclusive, e persino i colossali boss, solo che sparano il triplo e hanno tipo quaranta volte la salute di un comune tank/incrociatore/bombardiere, cosa che li rende, seccanti, per usare un eufemismo.

Il tutto si traduce in schermaglie senz’anima ripetute all’ennesima potenza contro gli stessi, identici, avversari, aventi ognuno lo stesso identico pattern, in un paio di location insignificanti, e manco il lusso di poterla spuntare rapidamente a causa dei game over gratuiti dovuti ad un’interfaccia fin troppo essenziale e la mancanza di orpelli di norma fondamentali in un titolo del genere. Dove sono flare, scudi o una qualunque strumentazione che possa permettermi di sopravvivere ai colpi in arrivo? E come pretendono che li scansi se non so manco da dove arrivano? Staccare ripetutamente gli occhi dallo schermo per consultare il radar sul touch screen non è una soluzione efficiente, ergo le nostre azioni evasive consisteranno principalmente nel virare alla cieca sperando di non essere centrati, non il massimo quando si è alle strette, ne converrete. E il vero problema è che… è tutto qui, Iron Combat non ha altro nient’altro da offrire. L’interesse verso il sistema di bilanciamento delle statistiche viene presto meno per via dell’arsenale castrato, la rigiocabilità, includendo la corsa agli high-score e la raccolta degli achievement, si attesta sui minimi storici, e il comparto tecnico è oltremodo mediocre, salvo il frame rate stabile e una buona effettistica audio. Per il resto nessun extra di sorta e davvero pochi stimoli a riprenderlo in futuro; un po’ poco, anche per una produzione a prezzo budget.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :