L’ora in cui la calura si fa più forte sino a stordire. Il finestrino abbassato e i tornanti infiniti che salgono sino in cima agli Iblei color del miele. L’estate, la grande danza dei fuscelli in decomposizione è già iniziata e in lontananza il mare è più chiaro, in continua evaporazione verso il cielo grigio dell’assolato primo pomeriggio. Ma è ancora presto perché anche gli insetti comincino a far baldoria, bisognerà attendere ancora qualche settimana. Intanto il vento si è già scaldato strusciando tra le rocce infuocate di maggio e dall’alto sembra tutto in pace. Non c’è il tempo per le grettezze e le occupazioni sterili del quotidiano, la mente vaga tra le dune immaginate e reali di questa rarefatta immagine di sabbiose onde. Un solo rimpianto, quello di essere a bordo di un cammello gommato. Un malinconico camion mi sfiora sulla vecchia provinciale e la mente è nuovamente invasa dalle faccende terrene.
Il brano di sottofondo a questo mio metafisico passaggio ragusano (C/da Pizzillo) è di quelli fortemente evocativi: Sahara, contenuto in Blue Camel (1992), capolavoro del musicista libanese Rabih Abou-Khalil. Compositore sopraffino e maestro dell’Ud, in quell’album si fece aiutare tra gli altri dal limpido Kenny Wheeler alla tromba, Charlie Mariano al sax, Steve Swallow al basso e Nabil Khaiat alle pelli. Un meraviglioso mondo sonoro che è difficile non associare al Sufismo, alla continua Ricerca mistica del sé universale!