Nella più importante delle strade costruite in Sardegna dai Romani, quella che andava da
Tibulae (Castelsardo) a Caralis (Cagliari), toccando anche Molara(= Mulargia; “Itinerario di Antonino”, 82.2) e attraversando Áidu Entos«valico dei venti» verso Bortigali, si trova un piccolo nuraghe, sul cui frontone si notano ancora i resti di una iscrizione latina di epoca imperiale. Questa però, a causa dello sbriciolamente della roccia, purtroppo ormai risulta in parte illeggibile.Fino ad ora lo storico Attilio Mastino e l'epigrafista Lidio Gasperini avevano ricostruito l'iscrizione in questo modo:Io invece ricostruisco e leggo il primo vocabolo come GIDDILI, cioè uguale a «Giddilitani o Gitilitani», abitanti di Gitil. E dopo interpreto e traduco l'intera iscrizione in questo modo:
GIDDILI(TANI) IVR·(IS) D(OMI)N(O)NURACS·SESSARM· C·
i Giddilitani (dedicano) al Signore del diritto (Giove)costruttori del nuraghemiglia cinque
Gitil era un antico villaggio, ormai scomparso, della curatoria del Marghine, citato ampiamente nel Condaghe di Trullas (CSNT² 80.1, 80.5, 97, 97.1, 177, 243 e [244]),nel Condaghe di Silki (CSPS passim) e anche nella Carta di donazione di Furatu de Gitil a Montecassino del 1122 circa (CREST XXI 3). Siccome i suoi abitanti, assieme con quelli di Mulargia e di Bortigali, avevano rivendicato, contro il convento di San Nicola di Trullas (Semestene), il possesso del salto di Santu Antipatre (l'odierno Santu Padre di Bortigali), c'è da supporre che il villaggio fosse a Padru Mannu (nella Campeda), dove si vedono ancora i resti della strada romana che andava a nord verso Turris Libisonis ed Olbia. Però gli abitanti di Gitil, abitando in un sito piuttosto freddo in inverno, usavano come zona di svernamento per le loro greggi la vallata del riu Mannu di Cuglieri, come dimostrano due cippi terminali con iscrizioni latine di epoca romana, nei quali si parla dei limiti territoriali dei Giddilitani o Ciddilitani(CIL X 7930, E. E. VIII 732; vedi A. Mastino, in «Archivio Storico Sardo di Sassari», II 187-205), che erano evidentemente gli abitanti di Gitil.È evidente che l'indicazione delle miglia fa preciso riferimento alla citata strada romana, che passava per l'appunto anche a Molaria (Mulargia), sfociando nell'Áidu Entos «valico dei venti», verso il meridione. Ed è importante precisare che pure l'indicazione delle miglia romane è esatta, dato che Padru Mannu (Gitil) dista da Mulargia appunto 7,5 chilometri (miglio romano = 1.482,5 m). Inoltre io propongo di interpretare C non centum, bensì tardo latino cinque(REW 6964).Attilio Mastino ha interpretato il gruppo di lettere ILI come abbreviazione di ILIENSES, il noto popolo sardo, perenne ribelle al dominio di Roma. Senonché, da un lato egli non ha notato che il gruppo in realtà è preceduto da alcune lettere ormai indistinte, dall'altro che a questa sua spiegazione si oppone il fatto che tutti gli altri storici, antichi e moderni, hanno mostrato di ritenere che gli Ilienses fossero stanziati e arroccati nelle montagne del centro dell'Isola, mentre è inverosimile ritenere che essi fossero stanziati nella zona del Marghine e della Campeda, la quale era molto trafficata e frequentata dai reparti degli eserciti romani proprio perché attraversata dalla più importante delle strade romane, quella che toccava anche Molaria (Mulargia).D'altronde l'intero significato della iscrizione dimostra abbastanza chiaramente che siamo di fronte a una popolazione ormai pacificamente sottomessa al dominio di Roma e pure alla nuova religione della potenza dominatrice.Nel nesso della seconda riga NURACS SESSAR il primo elemento costituisce la più antica documentazione scritta del nome del nostro monumento, mentre il secondo è quasi certamente il plurale di un vocabolo, che probabilmente significava «fondatori, costruttori», vocabolo anch'esso sardiano o protosardo, che noi conosciamo come toponimo al singolare nei territori di Cuglieri e Fonni Sessa [da confrontare con gli altri toponimi sardiani Sesséi (Gairo), Sesseri (Gesico)], col probabile significato di «fondo, predio».Per finire c'è da segnalare e precisare che l'uso della lingua latina nell'iscrizione del nuraghe di Áidu Entos è una nuova prova - assieme con altre analoghe - che i nuraghi sono stati adoperati nelle loro funzioni civico-religiose fino ad avanzata età imperiale romana. Infatti in tutti i nuraghi fino al presente scavati e studiati dagli archeologi, sono stati trovati numerosi reperti di matrice romana e pure numerose monete perfino del tardo impero.