Titolo: Isola con fantasmi
Autore: John Banville (Traduttore: Irene Abigail Piccinini)
Serie: //
Edito da: Guanda (Collana: //)
Prezzo: 15,00 €
Genere: Narrativa
Pagine: 251p.
Voto:
Trama: In un’isola aspra nel mare d’Irlanda approda una strana comitiva di naufraghi. I sette – una fotografa, un anziano attore, la bella governante Flora, tre ragazzini e il lascivo Felix – trovano riparo, fradici e infreddoliti, in una grande casa piena di echi e oggetti d’altri tempi, in cui abita l’enigmatico professor Kreutznaer, esperto di storia dell’arte, con i suoi due assistenti, il bislacco Licht e un uomo senza nome, uscito di prigione da poco, che è la voce narrante del romanzo. L’oggetto del loro studio è l’opera di Vaublin, pittore olandese del primo Settecento.
I nuovi arrivati innescano nei tre, che vivono in una sorta di esilio, il meccanismo perverso dei ricordi e scatenano un continuo gioco di rimandi tra realtà e finzione, tra vita e suggestioni letterarie. È vero o falso il capolavoro di Vaublin, Le monde d’or? Sono reali i naufraghi, così simili ai personaggi ritratti nel dipinto? Perché il professor Kreutznaer ha paura di Felix? In un’atmosfera misteriosa e fosca, in cui si presagisce una minaccia incombente, si risvegliano per i protagonisti i fantasmi sopiti di azioni commesse in passato, vergognose o inconfessabili: l’autenticazione di un dipinto falso, il debole per giovani prezzolati, un omicidio…
Recensione
di Livin Derevel
Credo di aver già affermato, in una recensione precedente, di non giudicare mai, dico MAI, un libro dalla copertina. Esattamente quello che ho fatto invece io qualche anno fa quando ho “comprato” questo libro. Tra virgolette perché al tempo avevo vinto un buono e sostanzialmente non l’ho pagato. Anche perché se avessi dovuto sborsare 15 euro me ne sarei pentita.
Se cercate un libro surreale, dalle atmosfere tetre d’altri tempi, cupe e noir, personaggi pieni di fascino e maledetti, una trama da lasciare il fiato sospeso, sappiate che questo non è il libro che fa per voi.
Noioso. Ridondante, la narrazione procede con una lentezza che fa calare le palpebre, così pregna di paroloni complessi e pomposi da far perdere del tutto il senso alla frase, il concetto non è mai spiegato con chiarezza ma soltanto tramite velate allusioni che francamente dopo le prime tre pagine stancano, girano e rigirano intorno ad un concetto senza mai arrivarvi, i punti sembrano insulsi dettagli che spezzano periodi che non terminano mai.
La storia non è una vera storia, non è altro che uno spezzone visto dagli occhi di un terzo uomo senza nome, in cui non succede assolutamente nulla di rilevante, si limita a dipingere tensioni, manie e difficoltà, ma senza mai sembrare sul punto di coinvolgere, anzi, le situazioni si presentano al lettore talmente fredde da avere il dubbio che non sia tutta una parodia della miseria umana.
I personaggi sono scialbi e abbastanza stereotipati, pietosi per certi versi, assolutamente privi d’interesse, sia gli ospiti che approdano sull’isola con le loro fobie da due soldi, sia gli abitanti della villa, scipiti e banali; l’unica cosa che viene da dire sui primi era che sarebbe stato meglio che fossero affondati nel mare d’Irlanda, e dei secondi che sarebbe stato meglio che fossero rimasti rinchiusi nelle loro stanze, avrebbero senz’altro fatto una figura migliore.
Avrebbe potuto rivelarsi un romanzo psicologico in piena regola, ma l’analisi sia degli eventi che dei protagonisti risulta incomprensibile. L’autore si avvale di continui riferimenti e accenni che però sono frammentari e discontinui, incoerenti e dispersi tra le pagine, mai che le cose vengano esposte con chiarezza, nient’altro che nebulose descrizioni che si dilatano come elio in un palloncino, scoppiando prima che il lettore possa trovarvi un senso logico.
In sostanza: un libro scialbo e che non lascia proprio nulla di sé, solo un caotico intrico di vocaboli altisonanti mescolati assieme.
Lo consiglierei a chi ha voglia di farsi una bella dormita sulla poltrona del soggiorno, ma di certo non vale il prezzo a cui è stato venduto.