"la schiuma di una barca è lo shampo ai pensieri che non vuoi portare in vacanza". eccolo il mantra da viaggio, ben ripiegato nelle valigie fuori misura trascinate a fatica nel deserto porticciolo, senza ombra né panchine. il viaggio verso un'isola per isolare i pensieri di menti perse su tapis roulant emozionali.
e se un topo nottambulo regala ore di intimità, non può esserci inconveniente che argini l'opportunità di un'interpretazione ironica per anamnesi sentimentali disastrose. d'altronde il mare disinfetta tutto, anche le ossessioni più infettive, quelle recidive e fastidiose afte dell'anima che ritornano moleste ed indesiderate a ricordarti quanto sia difficile la normalità per sistemi immunitari non attrezzati. ed è così che si cerca un antinfiammatorio efficace per sentimenti in sospeso, nel fondo di tazze bevute da labbra ancora sporche di parole interrogative; labbra che recitano racconti con il punto di domanda e parole illuminanti come stelle in cieli notturni insospettabilmente complici. sottintesa e non celebrata complicità di quel silenzioso guardare in su, portavoce di una condivisa solitudine, celebrante un incontinente abbandono che trova in occhi chiusi e desideri accesi la voglia di crederci che, forse, magari, chiedere non è poi così scortese.
e se tanto nessuno ha davvero una risposta per domande maldestramente formulate, c'è sempre il sole che colora la pelle e l'immaginazione di nuove parole, abbronzate e idratate, cariche come la voglia di ricominciare ancora una volta a crederci che, se il colore forse non durerà per sempre, ci sarà stato il tempo per una nuova estate e per una nuova intensissima storia da raccontare.
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