Being an Israeli and a Jew in 2012: Let’s Face Reality Without Illusion, Shrug, and Move Forward Posted: 31 Mar 2012 02:18 PM PDT by Barry Rubin.
Barry Rubin è direttore del Global Research in International Affairs (GLORIA) Center, editor del Middle East Review of International Affairs (MERIA) Journal, e un regolare collaboratore [columnist] di PajamasMedia vedi: http://pajamasmedia.com/barryrubin/.
I suoi libri più recenti sono: The Israel-Arab Reader [la guida israeliana-araba = come leggere/decifrare le due culture, insomma!](7th edition), The Long War for Freedom: The Arab Struggle for Democracy in the Middle East – La Lunga Guerra Verso la Libertà: la Lotta Araba per la Democrazia in Medio Oriente (Wiley), e The Truth About Syria - La Verità sulla Siria (Palgrave-Macmillan)
Testo italiano dell’articolo cui link sopra e testo originale in inglese a fine pagina:
Essere israeliano ed ebreo nel 2012: guardiamo in faccia la realtà senza illusioni, scrolliamo le spalle e andiamo avanti.
[italiano di Mariana Costa Weldon]
Sono cambiati i tempi.
Tuttavia, l’odio isterico verso Israele nel mondo che parla arabo, e fra i musulmani in generale [non cambia anzi n.d.t] ha continuato a crescere; la filosofia del rifiuto [rejectionism] è sempre dominante, perfino più dominante di prima. Infatti, in molte parti d’Europa, e spesso nei campus americani per coloro che sostengono Israele, non c’è più sicurezza per chi è ebreo; né la vita è piacevole.
Due esempi che vi mostrano come folle pronte al linciaggio si materializzino in luoghi dove prima questo fenomeno quasi `non esisteva.
In Tunisia, un tempo stato moderato – ora sotto il regime della fratellanza musulmana – migliaia di salafisti sono scesi in piazza (http://elderofziyon.blogspot.com/2012/03/tunisia-rally-fight-jews-enter-paradise.html), lanciando slogan incitando all’uccisione degli ebrei, al fine di entrare in paradiso. La nuova costituzione tunisina contiene una clausola che [dice che] il paese non può mai riconoscere Israele. Quasi mezzo secolo fa, l’allora capo della Tunisia fu il primo uomo politico arabo a richiedere il riconoscimento di Israele. Intanto, noi stiamo ancora aspettando.
In Marocco, forse il più moderato fra i paesi del mondo che parla arabo, si tenne un incontro dell’Unione Parlamentare Mediterranea. Israele, che ha un sistema parlamentare e si affacia sul Mediterraneo (vedo il mare dal tetto di casa), è membro di questa unione. Un rappresentante di Israele presenziava alla riunione. Ne risultò una sommossa, in cui migliaia di marocchini assalirono l’edificio [dove si teneva la riunione n.d.t.] e il capo del partito islamista al potere si lamentò di come il suolo del paese fosse stato sporcato/infangato.
Non perderò tempo a citare migliaia di esempi. Comunque, con il trionfo dei rivoluzionari islamisti e rivangando ricordi di decenni di politiche arabe disastrose e anti-Israele, il mondo di lingua araba sta diventando più radicale sulla questione.
Sbadiglio…
In questa situazione, la gran tentazione per gli occidentali è di dire che, se solo Israele non esistesse (versione radicale), o se facesse enormi concessioni (versione liberale), allora tutti i problemi del Medio Oriente sparirebbero e tutti i i conflitti della regione con l’occidente, anche loro, sparirebbero.
E in questa situazione, c’è anche una gran tentazione, per gli ebrei che vivono in occidente, di affermare che, se solo Israele facesse più concessioni sul territorio o smantellasse gli insediamenti, ci sarebbe la pace; l’odio diventerebbe amore oppure indifferenza benevola, e tutti i problemi degli ebrei sparirebbero.
E, in questa situazione, c’è anche una tentazione assoluta per la sinistra occidentale – che annovera anche un numero sproporzionato di ebrei – che se solo Israele sparisse o facesse enormi concessioni, allora l’utopia socialista arriverebbe presto, nella nostra epoca.
Per la prima volta nella storia, infatti, siamo testimoni di una campagna, concertata e ben sovvenzionata, mirata agli ebrei americani, per sopprimere/distruggere la loro base di supporto [il loro sostegno a] per Israele. È abbastanza ironico che questo accada nel 2012. Dopo tutto, Israele si è ritirata dalla penisola del Sinai, dal Libano del Sud, dalla striscia di Gaza e da sezioni del West Bank. Dal 1993 Israele non ha eretto un solo insediamento, né ha esteso la superficie geografica di quelli esistenti. Il governo israeliano si offerse (12 anni fa!) di accettare uno stato palestinese in tutta la striscia di Gaza, quasi tutto il West Bank, e in buona parte della zona est di Gerusalemme.
E così via.
Ora ci vien detto dagli stessi molto publicizzati e compiacenti liberali/esperti che se si boicottano gli insediamenti economicamente, Israele è salva.
Non vien mai menzionato che, se solo ci fosse una volontà di fare pace da parte degli arabi e dei musulmani, e inoltre la sconfitta totale degli islamisti rivoluzionari, la pace sarebbe molto più semplice da raggiungere.
La vera soluzione presenta due essenziali differenze da quella prima (proposta):
- letteralmente, non c’è niente che possiamo fare, né concessione o rischio che possiamo assumerci, che porterà a quei risultati;
- quindi, non abbiamo in mano il potere di risolvere questo conflitto. Possiamo alzarci, sederci, andar per la nostra starda, o ritornare ai confini del 1967: niente servirebbe o servirà.
Circa 25 anni fa, ho riso a crepapelle osservando un giovane americano del movimento Jewish Peace Now [Pace Ebraica Ora] durante un servizio che feci su una riunione del consiglio nazionale palestinese in Algeria; questi cercava di spiegare ad un tipo del gruppo Fatah che essi [il gruppo] volevano realmente soltanto un loro stato per vivere a fianco di Israele. Quelli di Fatah continuarono a spiegargli che quello non era per niente ciò che pensavano. Essi volevano “tutta la Palestina, dal fiume [Giordano] al mare [Mediterraneo]”.
Quel ragazzotto (pieno) di buone intenzioni [n.d.t. ma solo di quelle] pensava di saperne più dei palestinesi su quella che infatti era la loro posizione politica.
Non dà conforto riconoscere che, semplicemente, non ci sarà nessun accordo formale di pace né una fine del conflitto. Non dico mai, ma sicuramente non nei prossimi 30-50 anni; son un po’ meno sicuro sul resto del secolo in corso.
Ma intanto, col tempo… l’antisemitismo sparì dall’Europa – oh oh! Be’, non sparì affatto, ma sapete cosa voglio dire.
Sono forse di destra perché dico queste cose? Certamente no. Questa è la posizione della gran maggioranza degli israeliani di centro-sinistra, e dovrebbe essere quella dei liberali ebrei in altri paesi. Il punto è che questa (posizione) non è dettata dalle nostre preferenze o da un nostro programma, in realtà è ciò che ci viene imposto (da uno stato di cose esterne a noi).
Certo, voglio la soluzione con due stati, ma non (che sia usata) come piattaforma di lancio per il prossimo potenziale genocidio. Voglio la soluzione ideale di pace, e un buon vicino, ma non li vedo arrivare. Non è colpa mia, né colpa nostra.
Quindi, guardiamo in faccia la realtà, smettiamola di incolparci, e andiamo avanti. Miglioriamo la società israeliana, l’economia, la cultura. E ovviamente, difendiamoci. E se se volete boicottare qualcuno, allora, perché non iniziate a farlo boicottando coloro che insistono e continuano ad essere i nostri nemici e che vorrebbero assassinarci tutti?
Questo avrebbe un senso, almeno per me lo avrebbe.
Un altro articolo che illustra il dilemma: http://pjmedia.com/barryrubin/2012/03/30/betrayal-glorified/ verrà pubblicato prossimamente su questo blog.
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It is the year 2012, which seems to be going by very fast and is already one-fourth finished. People are walking around with smart phones and all sorts of electronic devices undreamed of not long ago. There has been what is called an “Arab Spring” stoking fantasies about instant democracy. An African-American was elected president of the United States, and that was after his party’s nomination, and thus probably the White House, almost went to a woman!
Times have changed.
Yet the hysterical hatred for Israel in the Arabic-speaking world and among Muslims in general has only increased; the philosophy of rejectionism is as strong as ever or, put another way, even stronger. Indeed, it is no longer safe, and certainly isn’t comfortable, for Jews in much of Europe and even, for those who support Israel, on American college campuses.
Two examples of how the lynch mobs are out in force in places where formerly they were least present.
In previously moderate Tunisia, now under Muslim Brotherhood rule, thousands of Salafists paraded, chanting to kill the Jews in order to enter paradise. The new Tunisian constitution contains a provision that the country could never recognize Israel. Almost a half-century ago, Tunisia’s then leader was the first Arab politician to call for recognizing Israel. We’re still waiting.
In Morocco, perhaps the overall most moderate country in the Arabic-speaking world, a meeting of the Mediterranean Parliamentary Union was held. Israel, which has a parliamentary system and is on the Mediterranean (I can see the sea from my roof), is a member of this group. Consequently one Israeli attended the meeting. The result was a riot in which thousands of Moroccans assaulted the building and the leader of the ruling Islamist party complained at how the country’s soil had been tainted.
I won’t bother citing a thousand other examples. But with the triumph of revolutionary Islamists and the throwing down the memory hole of decades of disastrous Arab anti-Israel policies, the Arabic-speaking world is becoming more radical on this issue. It is now joined by Turkey and Iran.
They hate us; they despise us; they want to kill us.
Yawn.
In this situation there is a strong temptation for Westerners to say that if only Israel didn’t exist (radical version) or if it made huge concessions (liberal version) then all of the problems in the Middle East would go away and all the region’s conflicts with the West would go away, too.
And in this situation there is a strong temptation for Western Jews to say that if only Israel made more concessions on territory or tore down the settlements there would be peace; hate would turn into love or at least benign indifference, and all the problems of the Jews would go away.
And in this situation there is a total temptation for Western leftists—including a disproportionate number of Jews among them—that if only Israel disappeared or made huge concessions than socialist utopia would come speedily in our time.
In fact, for the first time in history we are seeing a concerted, well-funded campaign to destroy the base of support for Israel among American Jews. It is rather ironic that this is happening in 2012.
After all, Israel withdrew from the Sinai Peninsula, southern Lebanon, the Gaza Strip, and parts of the West Bank. Since 1993, Israel has not established a single new settlement nor expanded the geographic size of existing settlements. Israeli governments offered (twelve years ago!) to accept a Palestinian state in all of the Gaza Strip, almost all of the West Bank, and in much of east Jerusalem.
And so on.
Now we are told by the highly publicized and very smug that if only there is an economic boycott of settlements, Israel will be saved.
We are not told that if only there is a willingness among Arabs and Muslims to make peace, plus the total defeat of the revolutionary Islamists, peace is far more likely to be achieved.
That real solution has two differences from the first one:
- There is literally nothing we can do, no concession or risk, which will bring about that outcome.
- Thus, we do not have the power in our hands to resolve this conflict. We can stand up, sit down, walk by the way, or return to the 1967 borders and it won’t matter.
About 25 years ago, I was convulsed with laughter when covering a Palestine National Council meeting in Algeria while watching a young American Jewish Peace Now kid try to explain to a group of Fatah guys that they really did just want a state of their own to live alongside Israel. They kept explaining to him that this wasn’t the way they thought at all. They wanted “all of Palestine from the river to the sea.”
This well-meaning boob thought he knew better than the Palestinians what their actual political stance was.
It is not comforting to acknowledge that there simply isn’t going to be any formal peace agreement or end of the conflict. I won’t say “never” but I’m pretty sure for the next 30 to 50 years, and somewhat less certain for the rest of this century.
But, of course, in time anti-Semitism in Europe went away—oops! It didn’t, but you know what I mean.
Does saying these things make me “right-wing”? Not at all. It is also the consensus position of the great majority of left-of-center Israelis and it should be the position of liberal Jews in other countries. The whole point is that this is not a matter of our will or preference or program but something that is being forced upon us.
Sure, I want a two-state solution, but not as a launching pad for the next round of would-be genocide. I want the ideal solution of peace and good neighborhood but I don’t expect that is going to happen. Not my fault; not our fault.
Let’s face reality, stop blaming ourselves, and get on with our lives. Let us improve Israel’s society, economy, and culture. Of course, let’s also defend ourselves. Let us try to preserve as much as possible of the rapidly disappearing Jewish people. And if you want to boycott someone, why not start with those who insist on remaining our enemies and who would like to murder us?
Makes sense to me.
You can also read a more detailed assessment http://pjmedia.com/barryrubin/2012/03/30/betrayal-glorified/ of the blame-Israel-pretending-to-support-it-while-trying to subvert-its-existence crowd and those innocent and well-meaning people fooled by them.
A different version of this article was published in the Jerusalem Post. Please read and link to my version above.