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“Issun Boshi” di Icinori, Orecchio Acerbo

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

issuncop“Issun Boshi”, della coppia autoriale Raphael Urwiller e Mayumi Otero, appellata in arte Icinori, è un albo che non fa alcun nascondimento della sua preziosità. Rivela invece subito una chiara raffinatezza che si manifesta, chiara ed efficace, nella splendida copertina, dal formato svettante dominato dalla prevalenza di toni aranciati su uno sfondo crema.

Ad aprilo e sfogliarlo, poi, è tutta una conferma: spettacolari tavole dai colori che incantano, sorprendenti nella loro pastosità e ricchezza, ancor più quando uno sguardo attento rivela che l’apparente complessità delle tinte è realizzata con il solo uso di rossi-azzurri-aranci, accompagnati dai basilari bianchi e neri.
Con tecnica serigrafica che gioca con sovrapposizioni, tratti netti, spazi pieni, i due artisti mettono in scena paesaggi multiformi e variegati, dall’aurea chiaramente orientale, che richiama arazzi e tessuti, stampe e dipinti, sui quali lo sguardo s’incanta e si perde.
Sono immagini allo stesso tempo tradizionali e innovative, le quali infondono un senso di appagamento e rilassatezza, armonia e lievità.

Ma perché non si ingannino tutti coloro i quali amano – anzi, ritengono quasi operazione necessaria – separare oggetti d’arte e opere per l’infanzia, ci tengo a sottolineare subito che “Issun Boshi” è anche, nel contenuto testuale, un racconto perfettamente a misura di bambino.
Di più: è una fiaba tradizionale giapponese che risulta piacevolissima, anche grazie alla bella e mossa traduzione di Paolo Cesari, da leggere ad alta voce certi dell’effetto di rapimento che è in grado di esercitare su piccoli ascoltatori.

Come molte narrazioni popolari, anche la fiaba di Issun Boshi esalta valori positivi, portati da un protagonista in apparenza fragile e indifeso, di fronte ad un cattivo, o avversario, forte e minaccioso.
Qui, come in tante altre storie che ben conosciamo, la presunta debolezza di Issu Boshi è simboleggiata dalla statura: non più grande di un pollice di bambino, significa lo stesso nome.
Le virtù del minutissimo protagonista sono, di contro, il coraggio, l’onestà, il valore e un carattere fresco e sicuro, fiducioso del mondo e dei suoi abitanti.

Issun nasce piccolissimo, da genitori che tanto avevano pregato affinché il loro desiderio di avere un figlio venisse esaudito. E, una volta al mondo, pare non avere nessuna intenzione di crescere tanto che, fattosi anagraficamente ragazzo, non è aumentato per nulla in statura.

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Questo non impedisce a padre e madre di avere piena fiducia in lui né gli sottrae – probabilmente fortificato da tanto amore genitoriale – la curiosità e il desiderio di andare per il mondo a cercare la sua sorte.
I doni che lo accompagnano nella partenza – e che già si intuisce si riveleranno, ad un certo punto della storia, salvifici – sono oggetti semplici, poveri: un guscio di noce – che farà da barca, cappello, scudo – e un ago – che sarà remo, spada, arma di difesa e offesa.

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Issun Boshi ha la postura eretta e lo sguardo dritto davanti. Si percepisce, tra le righe, nelle figure, la sua audacia non spavalda, la voglia di conoscere e incontrare restando, con gioia, se stesso.

E così è. Tanto che quando incontra il cattivo, l’orco, non solo non si spaventa più di tanto – giusto appena si sorprende – ma non cede nemmeno per un attimo alle sue lusinghe, rifiutandosi di recarsi per conto suo in città a rubare il tesoro di un ricco signore in cambio di una statura normale.
“Io non voglio essere diverso da come sono”, pare affermare il minuscolo ragazzo. E non vacilla nemmeno quando, giunto nella grande città, si trova solo in mezzo ad una grande folla, rumorosa, variegata, indaffarata.
Issun Boshi chiede ed ottiene lavoro presso un nobile, come giullare di compagnia della figlia, ricca fanciulla bella e annoiata.
Nemmeno qui, il ragazzo ci delude: balla e canta con vivacità e grazia, esercita inventiva e fantasia per allietare le giornate della sua padrona, la quale si fa gran vanto di condurlo a spasso in palmo di mano, così simpatico, buffo e intelligente qual è.

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Ma il nostro protagonista è ben più di una bambola di compagnia vezzosa e insolita. Quando il pericolo, nelle vesti del vecchio e peloso orco che abbiamo già incontrato, si farà vivo per reclamare il suo tesoro – che la sorte ha avuto l’ironia di porre sulla via di Issun Boshi – il giovane, ben motivato ed armato solo dei suoi poveri ferri, saprà come renderlo inoffensivo. Guadagnandosi perfino la statura alta e la possanza che il destino non aveva avuto la cura di attribuirgli.

Il finale della storia è questo. Il resto, ciò che verrà dopo – quello che sovente nelle fiabe è il e vissero felici e contenti – è affidato all’incertezza e all’oralità dei si dice.
Ho apprezzato particolarmente questo artificio narrativo nella chiusa per due motivi principali. In primo luogo perché riconnette la fiaba al racconto popolare e orale, una storia, quale è, che in primis non è scritta ma narrata di bocca in bocca.
In secondo luogo perché lascia aperta la via della fantasia: si dice ma non si sa, il lettore può immaginare, fantasticare. Piuttosto che chiudere semplicemente il libro, il bambino può – è invitato – a continuarlo mentalmente, seguendone le suggestioni.

Mi sento infine di evidenziare la bella, curata e musicale traduzione di Paolo Cesari, che rende l’albo adattissimo alla lettura ad alta voce, e perfino ad essere recitato.

Età consigliata: dai 5 anni

Se il libro ti piace, compralo qui: Issun Boshi. Il bambino che non era più alto di un pollice


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