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Istanbul: città sospesa tra passato e futuro. I parte
Creato il 19 dicembre 2011 da Lo Sciame InquietoSono riuscita finalmente ad utilizzare i punti Millemiglia che in parte avevo accumulato durante i sei mesi di lavoro a Bruxelles, in parte avevo ottenuto convertendo i punti Vodafone. In realtà, questi punti Millemiglia sono una mezza sòla (come dicono a Roma), perché devi prenotare con mesi e mesi di anticipo se vuoi sperare di trovare posto su un volo decente e perché devi comunque pagare le tasse aeroportuali che rappresentano una parte significativa del biglietto.
In ogni caso, questi due soffertissimi biglietti Millemiglia Roma-Istanbul AR ci hanno portato a Istanbul durante i 4 giorni del ponte dell'Immacolata e così abbiamo potuto tener fede alla promessa che avevamo fatto dopo il nostro assaggio estivo di Turchia.
Il nostro albergo sta nella zona di Cihangir, nella parte più europea della città. Abbiamo seguito il consiglio della coppia italo-turca che cura il blog Scoprire Istanbul e abbiamo evitato gli alberghi costosi e non sempre all'altezza che stanno nella zona cosiddetta "storica" di Sultanahmet, una zona ormai troppo turistica, sostanzialmente estranea alla vita vera della città e che tende a svuotarsi di sera.
La zona di Cihangir confina con i quartieri di Cucurkuma e Beyoglu, che sono tra i quartieri più vitali e in più rapida evoluzione della città. Siamo su uno dei sette colli su cui si sviluppa Istanbul (preparatevi a salite e discese piuttosto impegnative!), più o meno a metà strada tra la torre di Galata (quella costruita dai genovesi e ora diventata sede di un ristorante di lusso e principale punto di osservazione sulla città) e piazza Taksim.
In quest'area della città passa la Istiklal Caddesi, la strada dello struscio e dei negozi occidentali, dove milioni di persone si riversano ogni giorno dal pomeriggio fino a tarda notte e dove obiettivamente è difficile realizzare di essere a Istanbul piuttosto che a Londra o a Berlino. Anche noi l'abbiamo attraversata in lungo e in largo più volte, di solito prima di imboccare o sbucando dalla Turnacibaşi Caddesi, che, passando attraverso il quartiere dei negozi di modernariato e oggetti vintage e dei locali alla moda, ci portava dritti dritti al nostro albergo.
Ma andiamo per ordine. Atterrate all'aeroporto di Ataturk, la prima cosa che ci colpisce è il sistema dei gettoni per i mezzi pubblici. Avete presenti i gettoni delle giostre? Con un euro ti danno un gettone di plastica che quando infili nell'apposito spazio della macchina da scontro, quella si attiva per un po'. Qui il gettone lo prendi (al costo di 1 o 2 lire) e magicamente fa aprire i tornelli che regolano l'accesso sia alla metropolitana che ai tram e agli autobus! Prendiamo così la comodissima metropolitana per Aksaray e da qui - dopo un po' di strada a piedi - siamo alla fermata del T1 (l'unico mezzo che unisce il Corno d'oro all'altra sponda, attraverso il ponte di Galata).
Dalla fermata la prima sosta è a una lokantasi, una trattoria con i piatti esposti in vetrina, dove il personale sta mangiando perché è quasi ora di chiusura, ma mangiamo abbondante e ci trattano benissimo. Poi ci perdiamo nel dedalo di stradine in salita, ma alla fine siamo in albergo (dove la reception è parcheggiata su una microscrivania in una stanza vuota con i lavori in corso :-D).
Sistemate le valigie, è già ora di cena. Ci siamo dirette alla Nevizade Sokak, la strada ad altissima concentrazione di ristoranti, bar e tavolini dove gli stessi abitanti di Istanbul vanno a trascorrere le loro serate. Si fa fatica a farsi largo tra persone e tavolini, così decidiamo che tutta questa vita sociale la prima sera ad Istanbul non fa per noi e dunque torniamo sui nostri passi verso un ristorante che avevamo notato lungo la strada, Şehir Meyhanesi. In realtà siamo a lungo indecise tra questo e il ristorante vicino, la cui sala - come accade per molti ristoranti di Istanbul - è seminterrata e dove ci sono moltissimi turchi che mangiano. Alla fine decidiamo per l'altro (ma ci è rimasto il dubbio che il primo fosse meglio). Il ristorante ha due sale, una un po' meno fashion al piano rialzato (ovviamente quella dove finiamo noi!) e una molto trendy al piano superiore, dove ci sono stranieri e turchi.
I nostri primi contatti con la gente sono molto positivi. Come dice C., gli abitanti di Istanbul hanno un'aria rilassata, ma attenta che ci mette francamente a nostro agio. Il nostro cameriere ci porta a guardare gli antipasti esposti in vetrina e ce li spiega ad uno ad uno. Scegliamo un po' di cose che avevamo imparato a conoscere durante il nostro viaggio estivo in Grecia e altre il cui aspetto ci attira proprio! Tutto buonissimo. E siamo già sazie. Decidiamo di concludere con delle alicette fritte, ma forse non è la scelta più indovinata. La frittura è un po' moscia e non ci soddisfa molto. L'ouzo che beviamo alla fine del pasto (perché non sappiamo ancora che il raki è praticamente identico) è un vero e proprio tuffo nella vacanza greca.
Il giorno dopo il programma è di andare a Sultanahmet. Sarà pure turistica, ma mica possiamo saltarla... Attraversiamo a piedi il ponte di Galata, dove sostano costantemente decine e decine di pescatori che cercano di sfruttare la ricchezza delle acque del Bosforo a vantaggio dei ristoranti sottostanti, da cui - a dire il vero - non viene un odore favoloso. Passando attraverso il mercato delle spezie (Mısır Çarşısı), saliamo verso la Moschea di Solimano (Sülemaniye camii), dove si sta accumulando moltissima gente. Gli uomini fanno le abluzioni alle fontane, le donne aspettano fuori con i loro scatoloni che - capiremo solo dopo - contengono monoporzioni di cibo destinate a sfamare gli uomini alla fine della preghiera.
Mentre ci togliamo le scarpe e ci mettiamo il velo, una guardia ci ferma perché durante l'ora della preghiera i non musulmani non possono entrare e io resto bloccata sulla soglia mentre una folla inimmaginabile mi travolge (ognuno con la sua busta di scarpe in mano) affrettandosi al richiamo del muezzin.
Che fare mentre i musulmani pregano? Noi occidentali consumisti andremo al Gran Bazar (Kapalıçarşı), facendo attenzione a non starci troppo a lungo e a non essere sorprese dal successivo canto del muezzin. La nostra visita al Gran Bazar - che è un dedalo di stradine (al coperto) straripanti di colori - ha una finalità principale: ritrovare quegli splendidi asciugamani di cotone di cui avevamo fatto scorta - ma non a sufficienza - ad Ayvalik. Effettivamente se ne vedono numerosi in giro, ma a una prima occhiata non si capisce esattamente quanto costano, anche perché - tutte le guide lo dicono - bisogna "contrattare". E noi siamo fortemente negate. C. più di me.
Ci fermiamo alla fine a un banchetto e con una trattativa non esattamente serrata li otteniamo a 17 lire turche a pezzo (circa 7 euro). Siamo soddisfatte, anche se forse si poteva spuntare un prezzo migliore.
Torniamo sui nostri passi verso la moschea. Non c'è quasi più nessuno e anche gli scatoloni pieni di cibo sono finiti mentre i contenitori di alluminio affollano i cestini della spazzatura. Via le scarpe, su il velo. Eccoci nella moschea. Un grande spazio quasi vuoto con grandi candelabri (che oggi portano luci elettriche e non candele), completamente ricoperto di tappeti e con le pareti maiolicate. Qualche musulmano prega nella sua maniera molto fisica. Lo spazio per le donne è limitato a un rettangolo chiuso da un cancelletto. Tutto abbastanza impressionante.
Dopo un pranzo a base di kebap (ma ricordatevi che noi usiamo questo termine del tutto impropriamente, in quanto kebap fa riferimento alla carne arrosto che però può poi essere preparata in mille modi; lo spiedo è il döner kebap, mentre la carne avvolta nella piadina è il dürüm kebap) che ci costerà più di alcune buonissime cene dei giorni successivi, il nostro giro delle moschee prosegue con la Moschea Blu (Sultanahmet camii), che con i suoi sei minareti è riconoscibile da ogni parte della città. Ormai la trafila la conosciamo e a questo punto non ci aspettiamo molto di diverso. E invece l'interno di questa moschea è sorprendente per la straordinarietà delle decorazioni sulle pareti. Il tempo di qualche di qualche foto e siamo di nuovo per le vie della città.
Per oggi basta con le moschee. Ma non molto distante dalla Moschea Blu c'è la Cisterna Basilica (Yerebatan Sarayı), un'immensa cisterna di acqua fatta costruire durante l'impero di Giustiniano. La cisterna è un posto magico, perché si cammina su passerelle in mezzo a centinaia di colonne suggestivamente illuminate che affondano nell'acqua. Il colpo d'occhio è fantastico, così come è sorprendente l'uso delle due teste di Medusa (una capovolta e una di lato) usate come base di altrettante colonne.
Siamo distrutte. È ora di tornare verso l'albergo. Che dici, prendiamo la funicolare dopo il ponte di Galata, così non facciamo la salita? Peccato che non troviamo l'ingresso e facciamo la scarpinata trovandoci ai piedi della torre di Galata. E ora che siamo qui - vabbè che c'è una fila mostruosa - ma tanto vale salire al balcone panoramico. C'è pure la luna piena.
Lo spettacolo è effettivamente straordinario e nonostante io non stia benissimo vale davvero la pena.
Trottiamo fino all'albergo. Stasera siamo a cena con R. e F., due amici italiani che sono anche loro lì per il ponte, da Haci Abdullah, vicino la Istiklal. Antipasto di verdure ripiene (foglie di vite, cavoli, peperoni, pomodori ecc. - buonissimi!), galletto su purea di melanzane (un po' insipido), eccezionali polpette di carne (köfte) con verdure. Infine il thè turco fortissimo. È ora di andare a dormire. Chissà se riusciremo a dormire...
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