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Istanbul: città sospesa tra passato e futuro. II parte
Creato il 23 dicembre 2011 da Lo Sciame InquietoLa prima è ormai un museo (e dunque niente velo e niente scarpe in bustina); nata come una chiesa patriarcale (con straordinari mosaici dorati che ricordano quelli di Ravenna), è poi stata convertita in moschea e infine è diventata un museo, e queste sue diverse fasi di vita si vedono benissimo nella sua struttura che da un lato ricorda le chiese cristiane (3 navate e gallerie sovrastanti le navate laterali), dall'altro ha tutte le caratteristiche riconoscibili nelle altre moschee che abbiamo visitato. Bella e ricca, imponente e leggiadra al tempo stesso, segno inconfondibile nello skyline di Istanbul.
Il Topkapi è un posto immenso, tre giardini che si aprono uno nell'altro, disseminati di palazzetti, residenze, spazi di servizio, luoghi di preghiera, biblioteca, poiché l'estro dei sultani che si sono succeduti lo ha nel tempo ingrandito e arricchito. Occupa una posizione straordinaria, l'estrema punta del Corno d'Oro da cui la vista spazia sia verso la costa europea sia verso quella asiatica. Non possiamo perdere la visita (con ingresso separato) alle residenze private dei sultani, quello che noi conosciamo come harem, un luogo affascinante soprattutto per l'organizzazione della vita al suo interno e il racconto degli intrighi che lo caratterizzavano, nonché per la ricchezza delle decorazioni maiolicate con cui ciascun sultano provava a superare per originalità e sfarzo il precedente.
È tempo di lasciare Sultanahmet. Istanbul è anche altro. E io sono curiosissima di visitare i quartieri di Fatih e Fener, che i blogger di Scoprire Istanbul raccomandano caldamente. È il quartiere dei musulmani ortodossi, per gran parte immigrati dall'Est della Turchia, un dedalo di viuzze di cui neppure le mappe più aggiornate della città riescono a tenere esattamente traccia, rendendo l'impresa di visitare da soli questi quartieri non facile.
Noi ci arriviamo costeggiando l'acquedotto romano di Valente (Bozdoğan Kemeri, "Acquedotto del falco grigio") e imboccando l'Itfaiye Caddesi. Superato l'arco dell'acquedotto, ci ritroviamo in una strada/piazza dove sembra essere giornata di mercato. Intorno a noi prevalentemente uomini e poche donne coperte di nero dalla testa ai piedi. I negozi che si sviluppano lungo la strada traboccano di merci, soprattutto gastronomiche: formaggi, frutta secca, carne e teste di capretto in bella mostra. È ora di pranzo.
C'è l'imbarazzo della scelta, ma non riusciamo a individuare immediatamente il posto suggerito da Scoprire Istanbul così entriamo da Ziyafet (con il promettente sottotitolo Büryan e Kebap). C'è una cappa a vista, un banchetto come cassa. Due tavoli sono occupati da uomini che mangiano e parlano. Il menu è su carta plastificata, solo in turco. Per fortuna c'è qualche foto e qualche termine l'abbiamo imparato. Non osiamo troppo; alla fine prendiamo un piatto di içli köfte (polpette in pastella ripiene di carne speziata) e un kebap di pollo al piatto. Ci accompagna sia durante il pasto sia alla fine il thè turco. Temiamo che i contanti che abbiamo non bastino. Ma niente paura. 25 lire turche (10 euro) in due! :-)
Giro per il mercato e poi ci inoltriamo in una stradina da cui arriva un'intera famiglia di musulmani ortodossi (due uomini con sottane lunghe sopra i pantaloni larghi e 3-4 donne completamente coperte), ma non siamo sicure di poterci addentrare senza perderci. Ci sono bambini che giocano a pallone e che quando passi tirano fuori il loro pacchetto di fazzoletti da venderti a una lira. C'è una signora anziana che accende un fuoco per strada mentre i bambini le saltellano intorno. Ci sono due ragazzetti che aggiustano un motorino. Ci sono i panni stesi per strada. Mi ricorda un po' la Bari vecchia della mia infanzia.
Non sappiamo quali strade seguire verso Fener, così rinunciamo e imboccando uno stradone di quelli che si attraversano solo con i sottopassaggi (gli stessi sottopassaggi che si trasformano di giorno in altrettanti mercati coperti organizzati di solito per tipologia di merce: c'è il sottopassaggio dei piccoli elettrodomestici; c'è quello delle vernici e delle carte da parati e così via...) ritorniamo verso Eminönü (quanto mi piace pronunciarlo così: Emignognù).
Io voglio assolutamente comprare delle cose al Mısır Çarşısı, in particolare una tenda separatrice sbrilluccicante per la casa nuova. Compriamo anche dei portabottiglie di paglia, dei mestoli da cucina, mangiamo un Künefe, uno strano dolce che al centro ha del formaggio fuso (buonissimo!) e poi torniamo verso l'albergo. Questa volta troviamo l'ingresso della funicolare a Tünel, ma non capiamo se con lo stesso biglietto possiamo salire anche sul tram che - passando in mezzo alla folla - attraversa la Istiklal Caddesi. Così anche questa volta ce la facciamo a piedi.
Distrutte, decidiamo di andare a cena in un posto praticamente sotto l'albergo, nella Vidinli Tevfik Paşa Caddesi. Qualche turco c'è, ma il target è straniero. Arriva il cameriere che ci chiede se vogliamo vedere gli antipasti. Noi capiamo che dobbiamo seguirlo, ma quando vediamo che si infila in cucina ci viene il dubbio di aver capito male. In realtà ne esce con un vassoio che contiene una porzione di tutti gli antipasti disponibili, da cui scegliere a vista cosa vogliamo. Segue una buonissima carne alla griglia accompagnata da bulgur al pomodoro. Abbiamo ancora voglia di un giretto. Nella stessa strada abbiamo visto un bar molto carino dove l'altra sera non c'era posto. Questa sera riusciamo a sederci. Atmosfera molto molto fashion, arredamento di modernariato che crea un'atmosfera molto rilassata e familiare. Beviamo un bicchiere di raki (sì, è proprio uguale all'ouzo) e poi una tisana alle erbe buonissima e servita in un modo spettacolare accompagna un cheesecake così buono che sembra di stare a New York.
L'ultimo giorno (domenica) abbiamo in programma una gita sulla sponda asiatica, anche perché tutte le guide dicono che bisogna prendere il traghetto sul Bosforo e bisogna vedere Istanbul da lì. Effettivamente lo spettacolo di Istanbul dal Bosforo è straordinario per i numerosi palazzi che sorgono sulle sue rive, come l'enorme Palazzo Dolmabahçe.
Scendiamo a Üsküdar e intanto ci avviamo verso il quartiere di Kuzguncuk, zona residenziale apparentemente piuttosto ricca e ben abitata (sebbene a Istanbul ricchezza e povertà, bellezza e bruttezza spesso convivono a distanze ravvicinate), tanti localini, case di legno, e grandi salite e discese che sembra di stare a San Francisco (sebbene non ci sia mai stata!). Raggiungiamo il cucuzzolo di un colle dove c'è - che te lo dico a fare - una moschea e da lì si vede il Bosforo e il grande ponte che collega la sponda asiatica e quella europea.
Il tempo di scendere di nuovo a riva ed è ora di pranzo. Perché non provare il ristorante Ismet Baba, consigliato da Scoprire Istanbul? Non ce ne pentiamo... Pesce salato, pesto di fave, anelli di calamaro fritti a puntino, un pesce alla griglia buonissimo. Non lontano da noi c'è un tavolo di italiani, accompagnati da una coppia italo-turca. Mi faccio il film che sono la coppia di Scoprire Istanbul; peccato che in questo caso il turco è lui e non lei... ;-)
Prendiamo al volo un autobus dove non sappiamo come pagare il biglietto e scendiamo di nuovo al porto per esplorare a sud del porto. Sosta in un supermercato a fare scorta di spezie, visita a un bellissimo mercato gastronomico e poi lungomare fino alla Kızkulesi, l'isola con la torre che guarda verso il Corno d'oro. È quasi ora del tramonto. Amiche, coppiette, uomini e donne stanno seduti sui tappeti stesi sui gradoni del lungomare e serviti dai baracchini lì vicini, bevono thè, si scambiano effusioni, chiacchierano di fronte allo spettacolo inimitabile della silhouette della città che si staglia nella luce soffusa e un po' malinconica del tramonto di Istanbul. È ora di tornare a Beyoglu.
Che facciamo la nostra ultima sera a Istanbul? Dopo aver girato in tondo per il quartiere di Cucurkuma e aver dato un occhio alla scalinata di Cezaiyr, che qualche guida definisce una specie di Trastevere di Istanbul (in realtà è solo un posto altrettanto finto e pieno di ristoranti), decidiamo che il caffè-ristorante dove abbiamo preso il cheesecake l'altra sera andrà benissimo. E così mangiamo un antipasto, un tortino di verdure al forno e un'altra fetta di cheesecake, beviamo un bicchiere di raki e due tisane e anche per stasera siamo soddisfatte. Domani si parte. Sigh.
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