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Istanbul, impressioni di viaggio

Creato il 03 settembre 2012 da Istanbulavrupa

Istanbul, impressioni di viaggio(ho ricevuto questo testo e lo pubblico molto volentieri, con l’idea che possa suscitare commenti e un vero e proprio dibatito)

Ciò che mi ha deluso profondamente di Istanbul è il fatto che non ha nulla della città orientale o mediterranea, ma non è bella neanche come città europea: ha la sciatteria e il degrado di una città non occidentale, senza averne gli aspetti caratteristici o tipici, essendo una delle città più anonime e incolori che ho visto. E’ in una fase di sviluppo frenetico ed è organizzata in modo ammirevole (nei servizi pubblici, penso in particolare ai trasporti, noi siamo davvero non Terzo Mondo, ma Ventesimo Mondo in confronto), ma ciò significa soltanto che fra dieci o vent’anni sarà come una città americana, con in più una manciata di monumenti antichi bellissimi, ma completamente a sé stanti, ultra-turistici e avulsi dal tessuto urbanistico e architettonico della città, come peraltro già sono ora.

Tolti tali monumenti, le architetture si dividono in tre, o al massimo quattro tipologie:

1) La loro architettura tradizionale in legno, che ricorda le case coloniali americane: davvero niente di che. In ogni caso quasi non ci sono quartieri fatti così: sono case isolate in quartieri per il resto completamente diversi, alcune poche restaurate, la maggior parte mezze crollate.
2) L’architettura che collocherei a fine ’800 – primo ’900, di case col balcone alla francese, tipiche dei quartieri Galata e Pera (ma non solo), che è forse l’unica bella: si tratta di un’architettura di influenza europea ma con una sua caratterizzazione che la rende non priva di fascino. Solo che crolla letteralmente a pezzi: i quartieri così fatti sono degradatissimi e fatiscenti come pochi ne ho visti; alcune (una piccola parte) di queste costruzioni sono state anche restaurate, ma si trovano in vie più eleganti, dall’aspetto eterogeneo e complessivamente anonimo.
3) L’architettura moderna-popolare-squallida, che si trova un po’ dappertutto e monopolizza praticamente la parte asiatica. Si tratta di case piuttosto basse, costruite, credo, dagli anni ’50-’60 in poi, caratterizzate da dei larghi finestroni orizzontali di forma rettangolare. I quartieri di questo tipo sono fra i più brutti che abbia mai visto in vita mia: anonimi, sciatti, sporchi. Si tratta di quartieri popolari, che non hanno nulla di tipico, ma sono accostabili, come edifici, negozi, e come atmosfera e ambiente umano e sociale, a quelli delle periferie di qualunque città del mondo, almeno dei paesi caldi. Edifici non dissimili si trovano in quartieri altrettanto moderni ma eleganti: in questi casi si tratta di case un po’ più decenti e ben costruite, in viali puliti e tenuti discretamente, ma non meno anonimi e ovviamente privi di qualunque interesse estetico.
4) Infine ci sono grattacieli ed edifici modernissimi, un po’ come in tutte le grandi città del mondo. Non ho visto tali zone se non marginalmente. Non amo l’architettura moderna, ma riconosco a certi quartieri nuovissimi di grattacieli un qualche fascino; a Istanbul però non ho visto quartieri del genere, ma solo grattacieli in giro qua e là, più o meno sparsi e avulsi dal contesto, però si tratta di una città di dimensioni sterminate: può essere che ci siano quartieri o centri direzionali fatti tutti così e che io non ci sia stato.

Tra l’altro fa una certa impressione il contrasto fra i monumenti storici della punta della penisola di Costantinopoli (il Topkapı, Santa Sofia, la Cisterna, la Moschea Blu) e il quartiere di Sultanahmet, a ridosso di tali monumenti: tanto sono belli questi ultimi, pur gremiti di turisti, tanto è insulso il quartiere, architettonicamente disomogeneo e indefinibile, che sembra una specie di Disneyland, piena di ristoranti e neogozietti turistici, attraversata da un tram futuribile e snodato. Suggestivo e originale, anche se piuttosto turistico, il Gran Bazar, come anche il Mercato Egiziano, quello delle spezie, meno bello architettonicamente ma un po’ più autentico. Un capitolo a parte sono lo moschee, belle, ma (volutamente) molto simili fra loro.

A parte l’aspetto architettonico e urbanistico, si apprezza senz’altro la vita notturna e la vivacità generale della città: una città così animata ogni giorno e a ogni ora diurna e notturna non l’avevo mai vista. Ma anche sui locali c’è di che ridire: ce n’è qualcuno tipico e tradizionale, decisamente suggestivo, ma il resto sono quasi identici ai locali e ai pub delle città europee, di solito con musica da discoteca (o pop turco moderno kitsch che è quasi peggio) ad altissimo volume. Circa la cucina: ci sono alcune specialità decisamente buone, sia dolci che salate, ma nel complesso si tratta di una cucina molto speziata, pesante, in cui la carne ha un ruolo centrale. Ma in quest’ambito noi italiani siamo abituati troppo bene, quindi è molto difficile accontentare il nostro gusto.

Sulla gente: sbrigativa ma molto gentile e disponibile nella sostanza. In generale onesta (tra l’altro non esiste quasi criminalità). Molto eterogenea, sia somaticamente che come costumi e aspetto generale. Ciò che si nota, pur essendo una città mediterranea, è, almeno dal mio punto di vista di italiano meridionale, una scarsa espressività dei gesti, del tono, della mimica facciale, della comunicativa in genere: l’impressione, anche nei quartieri più popolari, non è di gente vivacissima, ma piuttosto seria e quasi un po’ cupa, non dico come nell’Europa continentale, ma poco ci manca: l’impressione, anche nello stile di guida, è più balcanica che mediterranea o levantina. Fastidioso è il nazionalismo esasperato e il culto onnipresente di Atatürk: non capirò mai come certi popoli, più sono nazionalisti e più esaltano figure che hanno imposto d’autorità l’occidentalizzazione più estrema e lo snaturamento dell’identità secolare del proprio popolo e lo sradicamento delle sue tradizioni: si pensi a Pietro il Grande in Russia e, appunto, a Kemal Atatürk in Turchia, che viene addirittura venerato.


Filed under: Istanbul, Turchia

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