Regia: Tommy Lee WallaceOrigine: USAAnno: 1990Durata: 192'
La trama (con parole mie): nel 1960 una piccola cittadina del Maine è sconvolta da una serie di sparizioni ed omicidi che vedono vittime solo ed esclusivamente bambini, e sprofonda nel terrore di un mostro cui non si riesce ad associare un volto.
Un gruppo male assortito di giovanissimi losers, strettisi attorno alle reciproche sfortune, intuisce che dietro le tragedie che affliggono Derry - questo il nome della località - ci sia ben più dell'operato di un serial killer: infatti, celato dietro la maschera del clown Pennywise, si aggira per le loro strade il terrificante It, essere dall'età indefinita presente da secoli in quei territori e di norma abituato a ritorni giunti dopo un letargo di trent'anni.
Il primo confronto tra Pennywise ed i ragazzini termina con l'apparente sconfitta del primo, che scompare senza lasciare traccia almeno fino al 1990, per l'appunto, a trent'anni di distanza dagli eventi dell'estate che vide nascere "La banda dei perdenti": così l'unico dei suoi membri ad essere rimasto a Derry - e non aver avuto successo, fama e denaro - chiama a raccolta i vecchi compagni in modo che possa essere mantenuta la promessa fatta ai tempi di uccidere It.
Come ormai ben sanno tutti i frequentatori di prima ora del Saloon, una parte importante dei miei recuperi cinematografici è legata all'amarcord di quella che è stata la mia prima formazione come spettatore, avvenuta a cavallo della seconda metà degli anni ottanta ed i primi anni novanta, e passata attraverso un bombardamento di action movies ormai mitici ed una serie quasi infinita di horror, che soprattutto d'estate, ai tempi in cui io e mio fratello ci ritrovavamo a casa entrambi, diventava il modo migliore per occupare le mattine in attesa dei pomeriggi passati al parco a giocare a pallone o a cominciare a sentire i primi richiami ormonali: in questo senso, un contributo fondamentale veniva, in un'epoca in cui internet, lo streaming e lo scarico erano praticamente fantascienza, da Paolo, personaggio leggendario da queste parti nonchè ai tempi proprietario con la sua famiglia di una videoteca a due passi dall'allora casa Ford, sempre pronto a consigliare i titoli più tamarri o "spaventosi" che poteva avere a disposizione al sottoscritto nelle assolate mattine delle prime settimane dopo la fine della scuola: uno dei riferimenti in quegli anni, visto per la prima volta a casa di amici e poi passato non so quante centinaia di altre sul nostro videoregistratore, fu It, tratto da un romanzo di dimensioni mastodontiche di Stephen King - che anni dopo iniziai a leggere senza mai terminarlo - divenuto da subito un nostro supercult.
Complice del successo di questo prodotto clamorosamente - anche per quanto riguarda la qualità - televisivo, fu senza dubbio il charachter del "mostro", interpretato da uno scatenato Tim Curry - che anni dopo avrei imparato ad ammirare nel Rocky Horror Picture Show -, perfetto nel prestare un malefico ghigno a Pennywise, senza contare l'atmosfera - soprattutto nella prima parte -, che ricordava avventure strepitose come quelle de I Goonies o Stand by me, anche in questo caso portate a compimento da un gruppo di outsiders clamorosi che non potevano che suscitare, ai tempi come oggi, la simpatia fordiana: e nonostante l'indole da aspirante scrittore mi suggerisse l'identificazione con il protagonista Bill - il cui fratellino Georgie finisce per essere tra le prime vittime di Pennywise in una delle sequenze più spaventose della pellicola -, ricordo di aver avuto fin da subito una certa predilezione per "Cannone" Ben, interpretato nella sua versione adulta dal compianto John Ritter nonchè, sempre nella parte ambientata all'inizio degli anni novanta, dedito ad una certa inclinazione per alcool e donne - evidentemente anche allora intuivo quali sarebbero state le mie debolezze da "adulto" -.
In realtà, e nonostante i limiti che ora mostra rispetto al tempo e alla resa, il lavoro di Wallace risulta ancora legato ai sentimenti del sottoscritto e di una generazione che lo visse praticamente sulla pelle, sentendo i brividi ad ogni tentativo di Pennywise di sfruttare le paure dei suoi avversari - da giovani e da adulti - ed un moto di orgogliosa partecipazione ad ogni impresa della Banda dei perdenti, i cui membri - perfino i meno interessanti come Stan o Eddie - risultano caratterizzati benissimo, oltre che a tratti irresistibili - su tutti Ritchie, vero e proprio motore comico del gruppo -.
Peccato, al contrario, per il netto calo presente nella seconda parte della storia e la rivelazione conclusiva della vera natura di It - decisamente deludente nella sua realizzazione -, nonchè del pessimo faccia a faccia finale tra gli ex ragazzini ed il loro persecutore: la differenza, infatti, in termini di atmosfera e di resa con la prima metà è notevole, e l'impressione è che l'intera operazione abbia perduto mordente strada facendo per lasciare spazio alla parte più consolatoria e positiva della storia - come il finale romantico -.
Il ricordo, comunque, di quelle estati e delle apparizioni di Pennywise - splendida quella attraverso l'album fotografico -, della cena al ristorante cinese dei vecchi membri della Banda dei perdenti trent'anni dopo e del destino di ognuno di loro permetteranno a It di conservare sempre un posto d'onore nell'amarcord del Saloon e del sottoscritto, che è già pronto a condividere con il Fordino appena sarà il momento, quasi si trattasse di un vero e proprio passaggio di testimone, e con il rassicurante monito che, se mai un giorno un Pennywise qualsiasi dovesse avvicinarsi a lui con intenti horrorifici, allora dovrà considerare di fare i conti con un mostro ben peggiore: quello delle bottiglie pronte a sfracellarsi sulla sua testa.
"I'll be your clown
go 'head and laugh
cause it's funny
I would too if I saw me
I'll be your clown
on your favourite channel
my life's a circus circus
round in circles
I'm selling out tonight."
Emeli Sandè - "Clown" -