Mai come negli ultimi tempi, il cinema si è trovato a riflettere sulla fine dei giorni. Epidemie, catastrofi naturali, invasioni aliene e morti viventi, tra una risata e un brivido, ecco che in molti hanno immaginato la fine della razza umana. Se da un punto di visto più serio e drammatico, tutto quello che c’era da dire, lo ha probabilmente detto l’invisibile, splendido e sottovalutato Perfect sense, ecco che questo It’s a disaster arriva a seppellire tutto e tutti con una bella risata a denti stretti. Divertente ma non demenziale, caustico e dannatamente intelligente, il film riflette in maniera non banale sull’incapacità di prendere decisioni, da parte della classe media. Il film si scaglia proprio contro la fascia di popolazione più istruita, ancora giovane e promettente, coloro che si affacciano con idee nuove al mondo del lavoro, giovani famiglie e giovani professionisti, la spina dorsale di un sistema colto e progressista, che ascolta musica classica, beve vino rosso, scotch d’importazione e si riunisce a consumare brunch con gli amici. It’s a disaster viviseziona proprio uno di questi brunch, facendone deflagrare le dinamiche che sottendono i suoi partecipanti, tutti quanti, nessuno escluso, ammorbati da una fissità endemica, un’immobilità perniciosa e folle, sconfinante nella sardonica apatia. Ecco quindi che il mondo sull’orlo del collasso di It’s a disaster, viene passivamente subito dai suoi protagonisti, letteralmente impossibilitati a prendere decisioni. Anche di fronte alla fine, tutti, nessuno escluso, sono incapaci di fare la scelta più ovvia, frenati da una logica paralizzante e da tutte quelle sovrastrutture culturali che ne hanno complicato il naturale istinto di sopravvivenza. In questo il film funziona alla perfezione, riconsegnandoci l’immagine di un mondo terrificante, abitato da fantasmi abituati a subire le dicisioni di qualcun altro, speranzosi che le cose si risolvano da se, quasi per magia, costretti così ad attendere per sempre, annegando nell’ignavia e nell’apatia. It’s a disaster, il titolo, non si riferisce quindi probabilmente all’evento catastrofico, motore narrativo del film, in se, ma al vero e proprio disastro che ha compiuto e che continua a compiere la nostra sopravvalutata società, impegnata sempre e comunque a studiarsi l’ombelico, mentre il gran finale si sta già probabilmente svolgendo sotto i nostri occhi.
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