Italia all’asta, capitolo Telecom. Bernabè: “Informato della vendita dai mass media”.

Da Exnovomen

Il presidente di Telecom fa scaricabarile all’indomani della cessione di Telecom. Da New York il premier Letta mostra ottimismo per l’operazione. In serata il Copasir gela la politica: “A rischio la sicurezza nazionale”.

Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom, ha dichiarato la sua estraneità ai fatti davanti alle commissioni Industria e Lavori pubblici del Senato. “Abbiamo avuto conoscenza ieri dalla lettura dei comunicati stampa della recente modifica dell’accordo parasociale tra gli azionisti di Telco”. In altre parole: “non ne sapevo nulla, arrivederci e grazie”. Dunque la dirigenza dell’ex gruppo di telecomunicazione statale si smarca, evitando di rispondere e dare informazioni.

Per effetto della vendita non si escludono conseguenze drammatiche, come sottolinea lo stesso Bernabè: “La vendita in particolare delle partecipazioni in America latina di Telecom Italia – principale fonte di profitto di Telecom S.p.A, ndr – determinerebbe un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio downgrade”.

Nel frattempo il premier Letta, intervistato a margine del Council on Foreign Relations, esprime cauto “ottimismo” per il passaggio di proprietà. Il presidente del Consiglio ha quindi manifestato la necessità di tener alta la guardia: “Non ci sono problemi di barriere, né altro come problemi di passaporto per quanto riguarda i capitali; la rete Telecom è interesse strategico, per cui saremo molto, molto attenti”.

Ma andiamo con ordine: di chi è Telecom Italia? Chi è il suo nuovo proprietario? Telecom nasce nel luglio 1994 dalla fusione di Sip con Iritel, Telespazio, Sirm e Italcable. Inizialmente persistono capitali pubblici ma il destino di svendita sembra già segnato: nel 1997 infatti – sotto il governo Prodi – si da il via al processo di privatizzazione. In seguito a numerosi riassetti societari la composizione del consiglio di amministrazione Telecom ha poi subito modifiche decisive. A ieri il Cda risultava così strutturato:

Azionisti/Proprietà

Quota di partecipazione

Investitori Esteri (istituzionali e non)

47,09 %

Telco (Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, Telefonica)

22,39%

Privati italiani

19,42%

Istituzioni italiane

4,80%

Telecom Italia

1,21%

Persone giuridiche italiane

1,12%

Persone giuridiche estere

3,97%

  

Successivamente all’acquisizione del 75% delle azioni di Telco (cordata egemone in Telecom) da parte della spagnola Telefonica (anch’essa privata – controllata dalle principali banche iberiche, La Caixa e Banco Bilbao in primis – ma regolarizzata con la formula inglese public company che indica quando un’impresa è privata ma ha vaste partecipazioni o azionariato diffuso) Telecom Italia cambia proprietà, diventando definitivamente  una multinazionali non più controllata da uomini e capitali nostrani. A tal proposito il Copasir (commissione parlamentare per la sicurezza nazionale) ha avvertito il governo circa i possibili rischi sulla sicurezza del nostro Paese con la vendita di informazioni strategiche ad un’azienda spagnola.

Se mettiamo da parte il passaggio di proprietà (avvenuto per 900 milioni di euro) rimane un dato significativo. Lo Stato si sta sbarazzando in “zona cesarini” e in modalità irreversibili dei gioielli di famiglia; già preventivamente privatizzati, come ha sottolineato ieri Enrico Letta: “Telecom era già privata, non stupitevi”.

Non stupiamoci dunque se nei prossimi giorni Alitalia passerà da essere una società privata sovvenzionata da imprenditori italiani a essere una fetta qualunque dell’avida torta Air France-Klm.

Paolo Fassino

  


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