ITALIA-AZERBAIGIAN 2-1 - Nella splendida cornice del ‘Renzo Barbera’ di Palermo – dove l’Italia non perde da quasi vent’anni – arriva la terza vittoria consecutiva dell’era Conte, una piccola striscia vincente che mancava da almeno due anni. Ma non è tutto oro quel che luccica, se la prestazione contro la Norvegia aveva convinto stavolta gli azzurri hanno fatto un notevole passo indietro. In casa e contro un avversario, l’Azerbaigian, che definire abbordabile è eufemistico la squadra di Conte ha inciso troppo poco e si è ritrovata a un quarto d’ora dalla fine in una preoccupante situazione di parità. Se è comprensibile che adeguarsi ai metodi un nuovo commissario tecnico necessita di un periodo di adattamento più o meno lungo, è oltremodo doveroso sottolineare che la prestazione di stasera sia stata insufficiente. Ma alla fine i tre punti sono stati messi in cascina e l’Italia p ancora a punteggio pieno assieme alla Croazia.
Antonio Conte resta fedele al suo 3-5-2 confermando la coppia d’attacco Immobile-Zaza che ha sorpreso in positivo tanto nelle prime uscite amichevoli quanto al debutto ufficiale contro la Norvegia. Dall’altra parte c’è un vecchio lupo di mare come Berti Vogts, alla sua quinta esperienza da commissario tecnico, e che anche per questo sa fare della tattica il suo pane quotidiano. L’Azerbaigian si schiera con un 4-5-1 dove Aliyev è il terminale offensivo e il trequartista Dadaşov è l’ombra di Pirlo, già perché in fase offensiva non molla neanche per un attimo il faro dell’Italia, inseguendolo per tutta la propria metacampo. Questa semplice mossa, figlia di un calcio che imperava decenni orsono, basta a mettere i bastoni fra le ruote al meccanismo contiano. Con il suo cervello impantanato la nazionale azzurra è costretta a spingere per le fasce dove, manco a dirlo, gli ospiti raddoppiano sistematicamente spezzando metodicamente la manovra. Così i padroni di casa sono costretti a tentare palle lunghe, o tutt’al più il classico schema “A”: Zaza accorcia in diagonale tra il portatore di palla e Immobile e detta il passaggio, fa il velo per il compagno di reparto e scatta in profondità tagliando dietro ai difensori mentre Immobile riceve la sfera e lo lancia in verticale. Ma se con la Norvegia aveva funzionato, contro una formazione così difensiva da lambire il catenaccio puro la densità in quella zona di campo lo impedisce.
In una partita così chiusa Antonio Conte pretende palloni sulla corsa agli esterni per evitare l’uscita alta dei laterali avversari ma la mossa avventata è quella di liberare Pirlo dalla marcatura a uomo scambiandone la posizione con Bonucci. Il difensore sale mediano mentre il regista si posiziona in mezzo alla difesa per poter impostare con maggiore libertà. In effetti Dadaşov non lo segue fin laggiù preoccupandosi di non lasciare il buco su Bonucci, ma così Pirlo, abituato a giocare molto basso, perde altri 15 metri manovrando da una posizione pressoché innocua inoltre in fase difensiva può diventare un rischio. Detto fatto, l’unico cartellino rimediato dai nostri sarà proprio rimediato da Pirlo su un recupero maldestro. Tutto da rifare. In una situazione così chiusa gli azzurri hanno due possibilità per poter affondare. La prima è in fase di transizione difensiva, di cui Conte è maestro: appena persa palla l’Italia sale in pressione altissima per recuperare la sfera immediatamente sulla trequarti, strategia rischiosissima ma che il c.t. italiano sa gestire e contro un avversario modesto come l’Azerbaigian l’azzardo è proprio minimo. Il problema è che gli azeri fanno pochissima circolazione, quando riescono a entrare in possesso di palla la spazzano con buona pace per la fase offensiva. La seconda possibilità è, ovviamente, quella su palla inattiva. Proprio allo scadere arriva il vantaggio azzurro: Pirlo batte un calcio d’angolo, Chiellini anticipa l’avventato portiere Agayev e la squadra torna negli spogliatoi in vantaggio.
Nella ripresa il canovaccio oscilla di poco, gli azeri con il risultato a sfavore alzano il baricentro quanto basta per creare qualche sortita offensiva ma altresì per lasciare qualche spazio in più agli avversari. L’Italia si fa più pericolosa, specialmente con Zaza che tenta il jolly con un paio di rovesciate da album delle figurine, senza però trovare la fortuna necessaria per chiudere l’incontro. Riposizionato Pirlo in mediana Conte si rende conto che la marcatura francobollata ne limita la rilevanza tattica, e senza le sue aperture l’apporto agonistico del centrocampista è quasi nullo, perciò lo cambia con Aquilani spostando Marchisio in cabina di regia. E se gli azzurri trovano qualche spazio in più, ma non granché per affondare, gli ospiti trovano il pareggio allo stesso modo in cui lo aveva trovato l’Italia. Nazarov batte un angolo e Chiellini, nel tentativo (peraltro riuscito) di anticipare Aliyev, in collaborazione con Buffon la insacca nella propria porta. Era da quindici anni che un calciatore non segnava un gol e un autogol nelle qualificazioni europee, ovvero da quando ci riuscì Fernando Hierro in un Austria-Spagna del 5 settembre ’99. Il pareggio arriva a un quarto d’ora dalla fine, e vista la qualità dell’avversario è l’emblema della prestazione di questa sera. Ma il c.t. italiano non si gioca i carichi Destro o Pellè, preferisce l’inventiva al centrocampo: fuori Florenzi, dentro Giovinco, fuori Darmian, dentro Candreva. Bastano sei minuti per riprendersi quei due punti e, con pochi margini strategici, è ancora la palla inattiva a fare la differenza. Sugli sviluppi di un corner proprio Giovinco scodella in area e Chiellini gonfia la rete per la terza volta. Un tema ricorrente considerando che quattro degli ultimi cinque gol segnati da questa nazionale sono arrivati proprio su gioco aereo. Alla fine Palermo porta fortuna ancora una volta, qui infatti la nazionale ha vinto nove volte sulle undici apparizioni totali e la speranza è che questa possa essere una serata storta piuttosto che un sintomo di una patologia che necessita di ulteriori accertamenti.
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