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'Italia, come stai?': motomondiale e ciclismo, si può crescere; impresentabile la lotta
Creato il 03 aprile 2011 da FedericomilitelloNon sbocceranno talenti come 10 anni fa, quando la 125 sembrava un campionato italiano ed ora, invece, i nostri motociclisti arrancano oltre la 20ma posizione. Il fine settimana del motomondiale, tuttavia, ha chiarito che il futuro prossimo del Bel Paese potrà essere lucente. In particolare piace la continua ascesa di Andrea Iannone, mago della pioggia a Jerez e già in testa alla classifica generale di Moto2 dopo la seconda piazza del Qatar. Il 21enne di Vasto, dopo aver vissuto un 2010 di alto livello, concluso al terzo posto della graduatoria finale, pare aver compiuto il decisivo salto di qualità per diventare un campione. Il centauro abruzzese dispone di uno stile di guida fluido e pulito, riuscendo tuttavia ad esaltarsi con grinta e caparbietà anche nel corpo a corpo. Desta sensazione, inoltre, la sua proverbiale capacità di comprendere e correggere i difetti del mezzo a disposizione anche all'interno di uno stesso week-end. Insomma, Iannone rappresenta al momento la carta tricolore più credibile per la conquista di un iride. Nella MotoGp, dopo un inizio esaltante, con Simoncelli primo e Rossi terzo, tutto è mutato nel breve volgere di qualche tornata, con il Dottore che scivolava travolgendo l'infuriato Stoner ed il 24enne di Cattolica che 'assaggiava' l'asfalto pochi giri dopo. A quel punto lo spagnolo Lorenzo aveva vita facile nell'imporsi nel Gp di casa e mettere una prima e seria ipoteca al suo secondo mondiale. Nel complesso, tuttavia, si deve essere ottimisti. Valentino sta pian piano plasmando la Ducati a sua immagine, rendendola più docile e maneggevole (come dimostra anche il podio di Nicky Hayden): se il trend di crescita proseguirà, nelle prossime gare il nove volte iridato sarà competitivo anche sull'asciutto. In pochi chilometri, inoltre, il totem del nostro motociclismo ha inanellato sorpassi in serie, denotando una classe ancora intatta e cristallina: attenzione con i giudizi affrettati, il 32enne di Tavullia è tutt'altro che finito. Simoncelli, invece, si è rivelato ancora una volta un grande talento, unico potenziale erede di Rossi. Quando riuscirà a raggiungere la necessaria continuità di rendimento a questi livelli, allora potrà combattere stabilmente ad armi pari con i vari Lorenzo, Stoner, Pedrosa e Rossi. Continua a deludere, invece, Andrea Dovizioso, il quale, nonostante abbia a disposizione una devastante Honda ufficiale, fatica incredibilmente ad inserirsi al vertice: l'impressione è che il suo tempo stia scadendo e nel 2012 potrebbe vedersi scippare il posto in squadra proprio da Simoncelli. In 125, come già anticipato, la situazione è più che allarmante, tuttavia nel giro di qualche mese non si potevano fare miracoli. Roberto Locatelli, supportato dalla Federazione, ha creato un Team Italia i cui piloti, Tonucci e Morciano, sono giovanissimi ed alle prime esperienze, dunque acerbi per questo genere di competizione. Resta un mistero comprendere come mai, nonostante l'elevato numero di praticanti, il Bel Paese fatichi da ormai tre anni a lanciare nuovi talenti nella cilindrata minore. Auspicabile che si tratti solo di una situazione ciclica e contingente.
Se con Basso e Nibali l'Italia si è consacrata come potenza ciclistica nelle corse a tappe, in quelle di un giorno, invece, uno squillo di tromba azzurro manca da oltre 2 anni. Con il ritiro del fuoriclasse Bettini e le squalifiche di Rebellin e Di Luca, i nostri corridori si sono riscoperti incapaci di imporsi nelle grandi classiche. Il Giro delle Fiandre ha messo in luce un Alessandro Ballan volitivo e combattente, tuttavia mai veramente in lizza per il successo finale. Solita comparsa, inoltre, Filippo Pozzato, ormai 29enne e sempre più destinato all'appellativo di 'promessa non mantenuta'. La speranza è che Damiano Cunego riesca a spezzare il digiuno italico nelle classiche delle Ardenne. Come si può spiegare questa flessione del nostro movimento nelle corse di un giorno? Principalmente con un buco generazionale. Alle spalle dei campioni dell'ultimo decennio sono emersi ciclisti discreti, ma non fenomenali, come Pozzato, Visconti e Ballan. Alcuni giovanissimi, tuttavia, lasciano presagire un futuro nuovamente roseo, in tutti i tipi di tracciato: Viviani (pistard di talento e grande promessa per le classiche del Nord), Guardini (velocista sopraffino), Oss (passista veloce), Ulissi (due volte campione del mondo juniores, abile in salita e in volate ristrette), Malacarne, Belletti, e Modolo. Serve tempo affinché questi talenti possano fregiarsi della definitiva consacrazione. Intanto bisognerà resistere e stringere i denti, cercando di raccogliere il massimo con il materiale umano attualmente a disposizione e puntando quasi tutto su Giro, Tour e Vuelta. Senza dimenticare che il veterano Alessandro Petacchi potrebbe ancora rivelarsi utilissimo non solo per i Mondiali di Copenaghen ma anche per le Olimpiadi di Londra 2012 (entrambe le competizioni sono adatte ai velocisti).
Se il 2011 italiano, tra risultati negli sport invernali eccellenti, prestazioni ottime nei tuffi e nei vari tiri (con l'arco, al piattello ed a segno) e, discrete, nel ciclismo su pista, è stato sino ad ora decisamente positivo, il primo (e speriamo ultimo) fallimento è giunto dal settore della lotta agli Europei di Dortmund. Zero medaglie, competitività imbarazzante, gap immenso nei confronti delle potenze dell'Est Europa. Né nella libera né nella greco-romana un azzurro è riuscito a passare più di un turno. Una brutta figura umiliante, che non può essere spiegata solo con l'assenza del campione olimpico Andrea Minguzzi. Un quesito è d'obbligo: vista la bassissima qualità della squadra, perché in Germania sono stati portati addirittura 15 atleti? In questo settore imporsi nel campionato italiano è diventato come vincere una gita-premio nella varie competizioni internazionali: così davvero non va, servono dei criteri di selezione più restrittivi e votati alla convocazione dei soli lottatori in grado di puntare all'alto livello. In questo caso, dunque, se l'Italia non si fosse neppure presentata non sarebbe stato uno scandalo. Il rischio serio è quello di non qualificare alcun atleta azzurro alle Olimpiadi, Minguzzi a parte. Serve una decisa e repentina inversione di tendenza. Ingaggiare tecnici stranieri (possibilmente russi), mutare le modalità di allenamento, investire sugli oriundi: è questa l'unica strada da percorrere affinché la lotta del Bel Paese fuoriesca dall'anonimato.
Federico Militello
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