Oggi il solito sontuoso Gramellini ci racconta le sue tre Italia-Germania.
Personalmente me ne ricordo solo due, perchè quella sera del 1970 avevo tre anni e mezzo e solo i racconti di mio padre e dei miei zii mi hanno fatto immaginare una roba così strana come loro in piedi di notte, di fronte alla nostra tv a valvoloni.
Quella dell’82 invece me la ricordo bene.
Ci sono arrivato con un senso di colpa tuttora irrisolto, perchè il giorno di Italia-Brasile io ero al mare e me la sono persa.
La giustificazione – comunque non valida – è che ero fidanzato da poco e una giornata a Monterosso mi pareva più interessante di una probabile sconfitta con i brasiliani.
Dopo era facile, tutti erano impazziti e non se ne parlava di più di fare dell’altro durante le partite (ed è stato così da quel 1982 in poi).
Della sera della finale ricordo soprattutto la scena all’incrocio di Migliarina, con le macchine che suonavano e quella strana festa popolare che non avevo mai vissuto, nemmeno nei consueti caroselli per la Juve che, pure, erano una gioia nostra e non di tutti.
Poi mi ricordo quel tizio che aprì l’idrante, allagando mezza piazza, e le parole di mio padre: “Un coglione normale già rischia di far danni, un coglione ubriaco è davvero pericoloso.”
La notte del 2006 va raccontata piano, perchè Francesco dormiva nelle sue lenzuoline di neoarrivato nel mondo.
Da allora, e anche adesso a dire il vero, si festeggia con il “mute”.
Al rigore di Grosso – e a quello di Diamanti, l’altra sera – sono saltato in aria gridando “….! ….!”, lanciando cose silenziose come i cuscini del divano, mimando la conquista della coppa.
Al massimo mi sono concesso un secco battito delle mani, che poteva passare inosservato.
Clap.
“…!”