D'accordo, la tradizionale idiosincrasia delle Nazionali italiane agli impegni contro avversarie di terza o quarta fascia. Aggiungiamoci la difficoltà di un doppio impegno fin troppo ravvicinato (dal venerdì al lunedì, invece del canonico martedì di queste finestre di qualificazione europea o mondiale). Senza dimenticare che il progetto di Conte è ancora in fase di abbozzo, e sarebbe ingeneroso pretendere già ora una squadra fatta e finita, ancorata a solide certezze di uomini, di gioco, di strategie. Va bene tutto, ma non basta a giustificare una prestazione indegna come quella offerta dagli azzurri a Malta. Lo avevo già ricordato dopo un'altra ingloriosa vittoria a La Valletta, nel 2013, firmata da un doppio Balotelli: per una prestazione simile (anzi, forse migliore, se non altro per numero di occasioni create), un soffertissimo 2 a 1 sul medesimo campo e con i medesimi rivali, il Club Italia e il suo condottiero, Arrigo Sacchi, nel dicembre del 1992 finirono nel mirino della critica, che raggiunse vette polemiche elevatissime. Non fu così per Prandelli l'anno scorso (anche se qui su NdA fui molto duro nei confronti di quella prova dei nostri), e col senno di poi si può dire che un po' più di severità mediatica avrebbe forse evitato danni peggiori nella recente trasferta brasiliana; non sarà così oggi, proprio perché la nuova era è appena iniziata e questa squadra è probabilmente ancora lontana dal trovare l'ideale inquadratura. NON ERA UN OSTACOLO INSORMONTABILE - Non è però il caso di esagerare col buonismo: si ricordi, il nuovo CT, che ricostruire dalle macerie del Mundial non significa solo ridare competitività internazionale alla nostra rappresentativa. Occorre anche ricreare entusiasmo popolare e passione per l'azzurro, un'opera di... proselitismo che non passa solo dai risultati, ma dal modo in cui si ottengono. E il grigiore maltese è lo spot peggiore per una Nazionale che ha un disperato bisogno di riguadagnare simpatie, di essere di nuovo amata, considerata, valorizzata, dopo due stagioni di partite sparagnine, fiacche, lacunose. E poi, sì, il cantiere è apertissimo, ma, insomma, fra il Barbera e il Ta' Qali abbiamo incontrato Azerbaigian e Malta, con tutto il rispetto. Si sa, sono quelle squadre che, consce della loro infinita mediocrità, quando si trovano ad affrontare i colossi del football si chiudono a riccio, intasano gli spazi, marcano a uomo come nei decenni scorsi, impediscono di giocare; e oggigiorno lo fanno ancora meglio, perché se le risorse di classe rimangono modestissime, è cresciuta esponenzialmente la loro malizia tattica (non è un caso che queste due selezioni siano pilotate da trainer stranieri, Berti Vogts e Pietro Ghedin). Già, ma sono più o meno le stesse difficoltà che, per dire, incontra la Germania quando rifila sette o otto gol a San Marino, il che significa che se ci sono elementi di qualità, condizione fisica e un canovaccio plausibile a cui appigliarsi, alla fine, che diamine, certi ostacoli si superano. POCO RITMO, MANOVRA SOTTO ZERO - Ecco: a Malta non ci è mancata tanto la qualità (non eccelsa, ma comunque più che sufficiente per archiviare una pratica a basso coefficiente di difficoltà), quanto il ritmo e, soprattutto, una plausibile idea di gioco. Intendiamoci, non che da questo punto di vista a Palermo le cose fossero andate meglio: anche venerdì scorso la squadra è parsa acefala, incapace di manovrare con costrutto, con un Pirlo talmente poco incisivo in fase di impostazione da far sorgere legittimi dubbi sull'utilità di puntare ancora su questo 35enne, un campionissimo onusto di gloria ma dall'autonomia limitata; e tuttavia con gli azeri un pizzico di velocità in più, maggiore continuità di spinta, la generosità di un Immobile "alla Ciccio Graziani" e qualche spunto individuale (Zaza a tratti, Giovinco in chiusura di match e le incursioni dei difensori) avevano parzialmente mascherato le magagne. Ieri sera, venuti a mancare ritmo e agilità e sempre latitante la creatività, la squadra è naufragata. Il buco nero è stato soprattutto nella zona nevralgica: un centrocampo incapace di illuminare, di inventare per le punte; un giro palla fine a se stesso, senza verticalizzazioni, senza l'abilità di trovare il varco giusto per spaccare in due l'assetto di copertura avversario; e, in avanti, movimenti inefficaci e imprecisioni negli scambi e nei tocchi. ANCORA AQUILANI E GIOVINCO... - Cara grazia che Pellè abbia trovato il guizzo vincente in mischia, confermandosi bomber di grande efficacia (ha sfruttato in pratica l'unica palla gol capitatagli sui piedi), ma non basta certo a salvare la serata. Florenzi non ha saputo offrire altro che un cieco sferragliare a vuoto, Marchisio sembra sempre alla ricerca della posizione ideale e ancora non l'ha trovata, Candreva ha perso (si spera momentaneamente) lo sprint, lo spirito di iniziativa che ne avevano contraddistinto l'avventura nella gestione prandelliana, manifestando incredibili impacci nell'uno contro uno, Verratti al solito è andato meglio in interdizione che in fase propositiva, ma ha avuto comunque troppe pause in una gara che avrebbe dovuto aggredire con personalità. Fra i subentranti, Aquiliani al solito non ha inciso, qualcosina in più (vedasi il palo nel finale) da parte di Giovinco, ma il fatto che l'Italia, nei momenti difficili, debba ancora aggrapparsi a questi due giocatori, che nell'ultimo quadriennio hanno ampiamente dimostrato la loro sostanziale inconsistenza sui palcoscenici internazionali, è triste e al contempo preoccupante. Quanto agli inserimenti dalla terza linea, si tratta senz'altro di una risorsa importante, non tutti possono vantare stoccatori estemporanei come Chiellini, Bonucci e Ranocchia, ma è fin troppo chiaro che una crescita autentica e plausibile di questa nuova Azzurra non possa passare solo dall'abilità dei difensori sui calci piazzati, così come le chiavi del gioco non possono essere riposte esclusivamente nei piedi del citato Bonucci, che sono certamente educati ma non al punto di attingere le capacità di impostazione di uno Scirea, ad esempio. PIU' CORAGGIO NELLE SCELTE - Insomma, si naviga a vista. Forse il problema di base, oltre a quelli evidenziati, è che questa è un'Italia ancora troppo vecchia e poco nuova, negli uomini. Ci vorrebbe maggiore coraggio da parte del cittì: dal momento che è quasi impossibile fallire questa qualificazione, è proprio il caso di affrontare l'Azebaigian recuperando Pirlo alla regia (con gli esiti che abbiamo visto, oltretutto)? Ed è il caso di sperare ardentemente in un ritorno di Barzagli, stante la squalifica di Bonucci, per il match con la Croazia di novembre, che rappresenterebbe invece l'occasione ideale per lanciare in pista l'autoritario Rugani visto in questo primo scorcio di Serie A? Forse occorrerebbe chiudere definitivamente certi conti: capire cioè se determinati giocatori, dopo l'ennesima convocazione e l'ennesima partita da titolari senza sprazzi particolari (penso a Marchisio, che pure stimo), debbano continuare a essere pressoché insostituibili o vadano invece stimolati con la concorrenza di qualche Under. L'impressione è che questa compagine già non possa più fare a meno di Zaza: con le sue accelerazioni, i suoi spunti, le sue sollecitazioni alla manovra, con Olanda e Norvegia il rendimento complessivo del gruppo era stato ben diverso. La speranza è che la punta del Sassuolo esca al più presto dall'attuale fase di appannamento.
Italia indecorosa a malta: nel progetto conte non c'e' ancora il gioco. centrocampo azzurro da matita blu
Creato il 14 ottobre 2014 da CarlocaD'accordo, la tradizionale idiosincrasia delle Nazionali italiane agli impegni contro avversarie di terza o quarta fascia. Aggiungiamoci la difficoltà di un doppio impegno fin troppo ravvicinato (dal venerdì al lunedì, invece del canonico martedì di queste finestre di qualificazione europea o mondiale). Senza dimenticare che il progetto di Conte è ancora in fase di abbozzo, e sarebbe ingeneroso pretendere già ora una squadra fatta e finita, ancorata a solide certezze di uomini, di gioco, di strategie. Va bene tutto, ma non basta a giustificare una prestazione indegna come quella offerta dagli azzurri a Malta. Lo avevo già ricordato dopo un'altra ingloriosa vittoria a La Valletta, nel 2013, firmata da un doppio Balotelli: per una prestazione simile (anzi, forse migliore, se non altro per numero di occasioni create), un soffertissimo 2 a 1 sul medesimo campo e con i medesimi rivali, il Club Italia e il suo condottiero, Arrigo Sacchi, nel dicembre del 1992 finirono nel mirino della critica, che raggiunse vette polemiche elevatissime. Non fu così per Prandelli l'anno scorso (anche se qui su NdA fui molto duro nei confronti di quella prova dei nostri), e col senno di poi si può dire che un po' più di severità mediatica avrebbe forse evitato danni peggiori nella recente trasferta brasiliana; non sarà così oggi, proprio perché la nuova era è appena iniziata e questa squadra è probabilmente ancora lontana dal trovare l'ideale inquadratura. NON ERA UN OSTACOLO INSORMONTABILE - Non è però il caso di esagerare col buonismo: si ricordi, il nuovo CT, che ricostruire dalle macerie del Mundial non significa solo ridare competitività internazionale alla nostra rappresentativa. Occorre anche ricreare entusiasmo popolare e passione per l'azzurro, un'opera di... proselitismo che non passa solo dai risultati, ma dal modo in cui si ottengono. E il grigiore maltese è lo spot peggiore per una Nazionale che ha un disperato bisogno di riguadagnare simpatie, di essere di nuovo amata, considerata, valorizzata, dopo due stagioni di partite sparagnine, fiacche, lacunose. E poi, sì, il cantiere è apertissimo, ma, insomma, fra il Barbera e il Ta' Qali abbiamo incontrato Azerbaigian e Malta, con tutto il rispetto. Si sa, sono quelle squadre che, consce della loro infinita mediocrità, quando si trovano ad affrontare i colossi del football si chiudono a riccio, intasano gli spazi, marcano a uomo come nei decenni scorsi, impediscono di giocare; e oggigiorno lo fanno ancora meglio, perché se le risorse di classe rimangono modestissime, è cresciuta esponenzialmente la loro malizia tattica (non è un caso che queste due selezioni siano pilotate da trainer stranieri, Berti Vogts e Pietro Ghedin). Già, ma sono più o meno le stesse difficoltà che, per dire, incontra la Germania quando rifila sette o otto gol a San Marino, il che significa che se ci sono elementi di qualità, condizione fisica e un canovaccio plausibile a cui appigliarsi, alla fine, che diamine, certi ostacoli si superano. POCO RITMO, MANOVRA SOTTO ZERO - Ecco: a Malta non ci è mancata tanto la qualità (non eccelsa, ma comunque più che sufficiente per archiviare una pratica a basso coefficiente di difficoltà), quanto il ritmo e, soprattutto, una plausibile idea di gioco. Intendiamoci, non che da questo punto di vista a Palermo le cose fossero andate meglio: anche venerdì scorso la squadra è parsa acefala, incapace di manovrare con costrutto, con un Pirlo talmente poco incisivo in fase di impostazione da far sorgere legittimi dubbi sull'utilità di puntare ancora su questo 35enne, un campionissimo onusto di gloria ma dall'autonomia limitata; e tuttavia con gli azeri un pizzico di velocità in più, maggiore continuità di spinta, la generosità di un Immobile "alla Ciccio Graziani" e qualche spunto individuale (Zaza a tratti, Giovinco in chiusura di match e le incursioni dei difensori) avevano parzialmente mascherato le magagne. Ieri sera, venuti a mancare ritmo e agilità e sempre latitante la creatività, la squadra è naufragata. Il buco nero è stato soprattutto nella zona nevralgica: un centrocampo incapace di illuminare, di inventare per le punte; un giro palla fine a se stesso, senza verticalizzazioni, senza l'abilità di trovare il varco giusto per spaccare in due l'assetto di copertura avversario; e, in avanti, movimenti inefficaci e imprecisioni negli scambi e nei tocchi. ANCORA AQUILANI E GIOVINCO... - Cara grazia che Pellè abbia trovato il guizzo vincente in mischia, confermandosi bomber di grande efficacia (ha sfruttato in pratica l'unica palla gol capitatagli sui piedi), ma non basta certo a salvare la serata. Florenzi non ha saputo offrire altro che un cieco sferragliare a vuoto, Marchisio sembra sempre alla ricerca della posizione ideale e ancora non l'ha trovata, Candreva ha perso (si spera momentaneamente) lo sprint, lo spirito di iniziativa che ne avevano contraddistinto l'avventura nella gestione prandelliana, manifestando incredibili impacci nell'uno contro uno, Verratti al solito è andato meglio in interdizione che in fase propositiva, ma ha avuto comunque troppe pause in una gara che avrebbe dovuto aggredire con personalità. Fra i subentranti, Aquiliani al solito non ha inciso, qualcosina in più (vedasi il palo nel finale) da parte di Giovinco, ma il fatto che l'Italia, nei momenti difficili, debba ancora aggrapparsi a questi due giocatori, che nell'ultimo quadriennio hanno ampiamente dimostrato la loro sostanziale inconsistenza sui palcoscenici internazionali, è triste e al contempo preoccupante. Quanto agli inserimenti dalla terza linea, si tratta senz'altro di una risorsa importante, non tutti possono vantare stoccatori estemporanei come Chiellini, Bonucci e Ranocchia, ma è fin troppo chiaro che una crescita autentica e plausibile di questa nuova Azzurra non possa passare solo dall'abilità dei difensori sui calci piazzati, così come le chiavi del gioco non possono essere riposte esclusivamente nei piedi del citato Bonucci, che sono certamente educati ma non al punto di attingere le capacità di impostazione di uno Scirea, ad esempio. PIU' CORAGGIO NELLE SCELTE - Insomma, si naviga a vista. Forse il problema di base, oltre a quelli evidenziati, è che questa è un'Italia ancora troppo vecchia e poco nuova, negli uomini. Ci vorrebbe maggiore coraggio da parte del cittì: dal momento che è quasi impossibile fallire questa qualificazione, è proprio il caso di affrontare l'Azebaigian recuperando Pirlo alla regia (con gli esiti che abbiamo visto, oltretutto)? Ed è il caso di sperare ardentemente in un ritorno di Barzagli, stante la squalifica di Bonucci, per il match con la Croazia di novembre, che rappresenterebbe invece l'occasione ideale per lanciare in pista l'autoritario Rugani visto in questo primo scorcio di Serie A? Forse occorrerebbe chiudere definitivamente certi conti: capire cioè se determinati giocatori, dopo l'ennesima convocazione e l'ennesima partita da titolari senza sprazzi particolari (penso a Marchisio, che pure stimo), debbano continuare a essere pressoché insostituibili o vadano invece stimolati con la concorrenza di qualche Under. L'impressione è che questa compagine già non possa più fare a meno di Zaza: con le sue accelerazioni, i suoi spunti, le sue sollecitazioni alla manovra, con Olanda e Norvegia il rendimento complessivo del gruppo era stato ben diverso. La speranza è che la punta del Sassuolo esca al più presto dall'attuale fase di appannamento.
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