Diciamolo, c’è voluto del tempo, ma alla fine Bersani ce l’ha fatta a capire Pierferdinando Casini o “Pier”, come lo chiama amabilmente lui. Vedete, cari amici e lettori, la nostra campagna contro il Pierfy “cocorito” di Forlani, è paragonabile solo a quella che, da anni, andiamo conducendo contro Berlusconi. La differenza fra i due è che Pierfy non ha le tv, altrimenti... L’orfano del CAF, ammogliato in seconde nozze Caltagirone, sta alla sinistra come un vampiro alla luce del sole: se lo guarda un po’ si squaglia. Per Casini, la sinistra è il male assoluto, ancora troppo legata al bolscevismo per permetterle di applicare quattro elementari regole di convivenza civile. Per due decenni, il Pierfy è andato mignotteggiando di qua e di qua senza apparentemente nessun senso, mentre un senso lo aveva. Si è tirato fuori dal berlusconismo quando si è reso conto di non contare un cazzo, svolgendo un’opposizione a tariffa fissa, che lo ha portato a votare molte delle leggi volute da Silvio. Poi, preso atto che il camerata Berlusconi volgeva all’occaso, ha iniziato, in silenzio, a frequentare le osterie con Piergigi Bersani, dove lo ricordano perché puliva maniacalmente le posate prima di mangiare. Noto frequentatore di salotti buoni, merito anche di un suocero “di peso”, le trattorie non sono mai state il suo ideale ma, per il bene della nazione, si è sottoposto anche a questo immenso sacrificio. Con Bersani ha tentato l’opera di demolizione a sinistra. Il suo obiettivo è stato quello di isolare prima l’Idv (riuscendoci per merito suo e per colpa di Di Pietro) e poi Sel, sbattendo però contro quel muro chiamato Nichi Vendola che mastica di politica quasi quanto lui. Non cavando fuori un ragno fuori dal buco, nel momento in cui Silvio si è dimesso, ha colto al volo l’occasione offertagli dal Presidente della Repubblica, l’unico comunista con il quale fa volentieri colazione, ma solo perché è potente, e ha abbracciato orgasmaticamente Mario Monti, ergendolo a paladino della nuova Italia. Ma sapete qual è il motto di Casini oggi? “Il nuovo siamo noi”, e questo la dice lunga su come siamo messi. Casini vuole, in questa fase, un’Italia ingovernabile. A lui sta benissimo che il Pd abbia la maggioranza alla Camera e il Pdl al Senato. Si sta battendo con tutte le sue forze perché questo avvenga e per avviare, ancora una volta, l’Italia, sulla strada delle grosse koalition, dove lui, il Pierfy, da ago delle bilancia centrista, sa di poter contare e pure parecchio. Il fatto è che Silvio sta recuperando posizioni su posizioni e che, nonostante la minestra riscaldata dell’alleanza con la Lega, punta decisamente alla maggioranza al Senato, alleandosi appunto con la Lega al Nord (Lombardia e Veneto), con i fiancheggiatori della camorra in Campania e con Miccichè e il Movimento delle Autonomie di Lombardo (che si sono riappacificati) in Sicilia. Del resto dell’Italia a Silvio non frega una mazza. Quattro sono le regioni fondamentali, e su quelle quattro regioni sta puntando tutto. Il Pd lo sa. Bersani lo sa. E non è un caso che ieri abbia detto di Casini: “Pier vuole comandare pur non avendo voti”, sancendo in maniera definitiva che l’unico, vero, democristiano doroteo rimasto in vita, è proprio il Pierfy. Il problema per il Pd, a questo punto, si chiama Antonio Ingroia. I sondaggi dicono che l’ex pm porterà via voti alla sinistra, soprattutto in Sicilia e in Campania che, non a caso, sono due delle quattro regioni cardine per la maggioranza al Senato. In queste ore, Dario Franceschini sta tentando di convincere Ingroia a non presentare liste almeno in quelle regioni ma, le esperienze negative del passato con Rifondazione Comunista, non depongono a favore della "desistenza". Alla fine, cari amici lettori, vedrete che tutti quelli che scendono in campo per la salvezza dell’Italia, punteranno decisamente a renderla ingovernabile per tentare di portare a casa, fino all’età della pensione, il pane e il companatico.
Magazine Politica
Italia ingovernabile. Ecco ciò che vogliono tutti coloro che tentano di salvarla. Con Pierfy in pole-position.
Creato il 14 gennaio 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Diciamolo, c’è voluto del tempo, ma alla fine Bersani ce l’ha fatta a capire Pierferdinando Casini o “Pier”, come lo chiama amabilmente lui. Vedete, cari amici e lettori, la nostra campagna contro il Pierfy “cocorito” di Forlani, è paragonabile solo a quella che, da anni, andiamo conducendo contro Berlusconi. La differenza fra i due è che Pierfy non ha le tv, altrimenti... L’orfano del CAF, ammogliato in seconde nozze Caltagirone, sta alla sinistra come un vampiro alla luce del sole: se lo guarda un po’ si squaglia. Per Casini, la sinistra è il male assoluto, ancora troppo legata al bolscevismo per permetterle di applicare quattro elementari regole di convivenza civile. Per due decenni, il Pierfy è andato mignotteggiando di qua e di qua senza apparentemente nessun senso, mentre un senso lo aveva. Si è tirato fuori dal berlusconismo quando si è reso conto di non contare un cazzo, svolgendo un’opposizione a tariffa fissa, che lo ha portato a votare molte delle leggi volute da Silvio. Poi, preso atto che il camerata Berlusconi volgeva all’occaso, ha iniziato, in silenzio, a frequentare le osterie con Piergigi Bersani, dove lo ricordano perché puliva maniacalmente le posate prima di mangiare. Noto frequentatore di salotti buoni, merito anche di un suocero “di peso”, le trattorie non sono mai state il suo ideale ma, per il bene della nazione, si è sottoposto anche a questo immenso sacrificio. Con Bersani ha tentato l’opera di demolizione a sinistra. Il suo obiettivo è stato quello di isolare prima l’Idv (riuscendoci per merito suo e per colpa di Di Pietro) e poi Sel, sbattendo però contro quel muro chiamato Nichi Vendola che mastica di politica quasi quanto lui. Non cavando fuori un ragno fuori dal buco, nel momento in cui Silvio si è dimesso, ha colto al volo l’occasione offertagli dal Presidente della Repubblica, l’unico comunista con il quale fa volentieri colazione, ma solo perché è potente, e ha abbracciato orgasmaticamente Mario Monti, ergendolo a paladino della nuova Italia. Ma sapete qual è il motto di Casini oggi? “Il nuovo siamo noi”, e questo la dice lunga su come siamo messi. Casini vuole, in questa fase, un’Italia ingovernabile. A lui sta benissimo che il Pd abbia la maggioranza alla Camera e il Pdl al Senato. Si sta battendo con tutte le sue forze perché questo avvenga e per avviare, ancora una volta, l’Italia, sulla strada delle grosse koalition, dove lui, il Pierfy, da ago delle bilancia centrista, sa di poter contare e pure parecchio. Il fatto è che Silvio sta recuperando posizioni su posizioni e che, nonostante la minestra riscaldata dell’alleanza con la Lega, punta decisamente alla maggioranza al Senato, alleandosi appunto con la Lega al Nord (Lombardia e Veneto), con i fiancheggiatori della camorra in Campania e con Miccichè e il Movimento delle Autonomie di Lombardo (che si sono riappacificati) in Sicilia. Del resto dell’Italia a Silvio non frega una mazza. Quattro sono le regioni fondamentali, e su quelle quattro regioni sta puntando tutto. Il Pd lo sa. Bersani lo sa. E non è un caso che ieri abbia detto di Casini: “Pier vuole comandare pur non avendo voti”, sancendo in maniera definitiva che l’unico, vero, democristiano doroteo rimasto in vita, è proprio il Pierfy. Il problema per il Pd, a questo punto, si chiama Antonio Ingroia. I sondaggi dicono che l’ex pm porterà via voti alla sinistra, soprattutto in Sicilia e in Campania che, non a caso, sono due delle quattro regioni cardine per la maggioranza al Senato. In queste ore, Dario Franceschini sta tentando di convincere Ingroia a non presentare liste almeno in quelle regioni ma, le esperienze negative del passato con Rifondazione Comunista, non depongono a favore della "desistenza". Alla fine, cari amici lettori, vedrete che tutti quelli che scendono in campo per la salvezza dell’Italia, punteranno decisamente a renderla ingovernabile per tentare di portare a casa, fino all’età della pensione, il pane e il companatico.
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