Anche l’Italia, una volta tanto, detiene un record che possiamo senza dubbio definire positivo: quello del basso numero di violenze sessuali. E’ quanto emerge incrociando i dati dell’Eurostat e dell’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (i dati sono agevolmente consultabili sul portale del settimanale L’Espresso [1]): rispetto agli altri Paesi d’Europa, la diffusione dei reati di violenza sessuale, in Italia, è decisamente più bassa. Troppo, per far ascrivere questo primato alla clandestinità di un fenomeno ancora sconosciuto. Premessa: anche un solo caso accertato di violenza sessuale rappresenta un crimine orrendo. La valutazione del fenomeno complessivo è tuttavia importante e gli ultimi dati disponibili e comparabili (2012) per questa tipologia di reati parlano chiaro: da noi si contano 7,9 casi all’anno ogni 100.000 abitanti, valore infinitamente più basso di quello di Spagna (19,2), Austria (25,2), Francia (42,3), Germania (57), Norvegia (52,6), Belgio (58), Finlandia (65), Regno Unito (87), Svezia (178,5).
Per quanto queste percentuali possano essere ritenute parziali e certamente risentano dell’incidenza – differente da Paese a Paese – dei casi denunciati rispetto a quelli effettivi, è chiaro come, dopo quello del femminicidio – sconfessato ormai da parecchi dati – e dell’omofobia – demolito dal Pew Resarch Center, che ha giudicato l’accettazione italiana sociale dell’omosessualità (74%) di pochissimo inferiore a quella della Gran Bretagna (76%), che nel 2012 è stata incoronata come paradiso gay nientemeno che dall’ILGA, acronimo che sta per International Lesbian Gay Association – ora anche il mito dell’Italia patriarcale e quindi violenta cada miseramente davanti alla verità dei numeri. Che, infischiandosene del fatto che il nostro Paese sia più o meno religioso o conservatore di altri, descrivono la realtà per quella che è; ed almeno per quanto riguarda la violenza sessuale, pochi Stati (come Polonia ed Ungheria) pare abbiano qualcosa da insegnarci. Ma il confronto fra le “grandi potenze” ci vede in testa. E se il cosiddetto progresso civile è quello di tanti Paesi europei considerati evoluti, non c’è alcun dubbio: meglio starne alla larga.
[1] Cfr. Di Pietro L. L’Europa vista con gli occhi del crimine, 10/6/2014: “Espresso.repubblica.it”.