Italia: un mercato liberale con rimorchio comunista. Così la pensa…

Creato il 15 febbraio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

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Franco Luceri (l’etruscobrusco). Deve essere proprio impossibile capire come governare con intelligenza un popolo libero in uno Stato democratico. Dopo 65 anni di errori che hanno portato il sistema Italia ad un passo dalla fine; dalle pagine de “il Giornale” Marcello Veneziani ci informa che non moriremo istantaneamente: siamo “Un Paese che si suicida a rate”. E ditemi voi se questa non è una bella notizia!!!!

Proprio come la famiglia, lo Stato ha bisogno di risorse certe e costanti, e quindi di un sistema economico competitivo e produttivo. Ma finito il comunismo, gli Stati democratici si sono gradatamente, rassegnati al liberismo, e quindi a dipendere dal mercato; ma invece di aiutarlo a produrre, lo hanno talmente sovraccaricato di sprechi e furti pubblici, vedi Italia, da far arrendere gli onesti, istigare al crimine i disonesti, e alla delocalizzazione in massa le multinazionali.

Quindi, il passaggio dal comunismo produttivo, al liberismo con rimorchio comunista frenato, si è rivelato tanto suicida per lo Stato, da rendere, (nell’illusione di salvarlo) l’intera classe dirigente assassina di imprenditori onesti, e incapace di governare e tassare i disonesti, sempre pronti a dileguarsi quando le persecuzioni finanziarie e tributarie diventano insopportabili persino per i seri professionisti della corruzione.

Aver caricato sul mercato gli alti costi di uno Stato parassita e complice del sistema bancario strozzino, ha prodotto lo stesso effetto di un energumeno che per viaggiare gratis saltasse sulle spalle di un ragazzino, uccidendolo. Nessuno si è preoccupato di mettere a dieta lo Stato comunista e la museruola alle banche, per renderne il costo compatibile alla produttività del mercato.

Ai banchieri rapaci faceva comodo il mondo imprenditoriale con l’acqua alla gola, da finanziare a strozzo, anzi da rapinare. Sicché gli imprenditori azzannati in aggiunta anche da Equitalia, si sono trovati nella necessità di scappare, rubare, fallire o impiccarsi.

Così sterminare gli onesti è stato quasi un gioco da ragazzi; ma il doppio sfruttamento, prima bancario e poi fiscale, ha reso tanto feroci i disonesti, che non hanno avuto scrupolo di avvelenare e uccidere persino intere regioni come la Campania e anche la Puglia e chissà quante altre con i rifiuti velenosi del nord.

Ora non credo ci siano più margini di manovra. Il rimorchio comunista andava sganciato dalla motrice liberale o alleggerito, quando questa era ancora in grado di “tirare”, di assorbire manodopera, per evitare che all’elenco dei disoccupati privati, se ne aggiungano i pubblici. Ma liberare adesso le imprese, che sono tre quarti fallite o scappate, serve solo a rateizzare il suicidio.

E pure, se lo Stato ridiventasse autonomamente produttivo, non avrebbe ragione di licenziare un solo dipendente pubblico, perché invece di frenare il mercato con sperperi e furti pubblici, lo spingerebbe a tornare competitivo, risanando gradatamente Stato e famiglie, imprenditori e lavoratori in un colpo solo.

Ma temo che questa ipotesi alla Jules Verne sia in conflitto con i “pulitissimi” interessi delle banche UE e mondiali, che dalla pace sociale di popoli e Stati onestamente produttivi, hanno ben poco da speculare, e molto, molto, molto da perdere.

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