Magazine Economia
di Paolo Cardenà - Al di la degli entusiasmi di facciata che giungono dai politici europei per la nuova (ma scarsa) liquidità che verràmessa a disposizione del fondo salva stati (ESM), la situazione europea apparesempre più critica. I toni compiacentiusati, in realtà, celano, per l'ennesima volta, il fallimento dellanomenclatura politica europea, incapace, di porre rimedio ad una crisi che va,via via, aggravandosi.
Il mercato, nell’intero panorama mondiale, soprattuttonel contesto europeo e tanto più in Italia, sembra essere sempre meno in grado di generare crescitaeconomica e gli attacchi speculativicondotti nei mesi scorsi contro i paesi alle prese con le difficoltàfinanziarie più gravi, non hanno fatto altro che stimolare politiche di rigore e strette fiscali chestanno rafforzando le tendenzerecessive. Tuttavia, qualsiasi timido tentativo di risoluzione della crisi del debitoe di lotta contro il contagio ad altri Stati si rivelerà vano poiché, in tale contesto, si segnala solamentel'assenza di scelte politiche definitivamente risolutorie e dicontestuali importanti provvedimenti volti a favorire la crescita nel brevetermine.Senza crescita economica, il riassorbimento del deficit e del debitopubblico si rivelerà impossibile. Al riguardo, in Europa e tanto più in Italia, le esportazionisono del tutto insufficienti per compensare gli effetti negativiesercitati dalle politiche di rigore che si stanno sviluppando più o menoin tutti i paesi e che, comprimendo il reddito spendibile del sistema,contraggono i consumi e quindi la domanda interna alimentando gli effettirecessivi. Il tempo acquistato dalla BCE con le due operazioni di rifinanziamento afavore del sistema bancario, finalizzate, oltretutto, a favorire lo sviluppo el’implementazione di politiche fiscali e di bilancio- tali da porre insicurezza i conti pubblici - sembra stiagià per scadere. E’ questo ciò che si può intuire dal balzo dello spread sul Bundtedesco delle ultime sedute che si è portato fino a quota 340 punti dopo aver toccato il minimo da mesi a quota280. A preoccupare glioperatori, sono intervenuti, oltretutto, anche segnali scoraggianti sullatenuta dei conti pubblici della Spagna, ove il deficit di bilancio appare ben superioredi quanto preventivato dalle autorità governative e di non facile riequilibriononostante la maximanovra del governo spagnolo di 27 miliardi poiché ritenutatroppo aleatoria. Non a caso le scorsesettimane il premier Rajoy, aveva già annunciato che il deficit sarebbe statoben più alto del 4.4% concordato in sede europea, provocando il disappuntodella autorità europee. Ad amplificare la preoccupazione degli operatori e ilclima di sfiducia, contribuiscono anche l’alto tasso di disoccupazione ai limiti dellasostenibilità e la fragilità del sistema bancario iberico, oltre, ovviamente,la critica situazione del Portogallo – ormai ad un passo dalla ristrutturazionedel debito - e la non remota possibilitàche la crisi greca possa riaccendersi in tempi più brevi rispetto a quelli incautamenteauspicati. Se le vicende sul frontedei paesi più deboli dell’eurozona, sembra stiano subendo un accelerazione in terminidi deterioramento della fiducia sulla sostenibilità dei conti pubblici, sul fronteitaliano, le cose non sembrano affatto migliori. Invero, in Italia benché, almeno apparentemente, la situazionepossa apparire più tranquillizzante rispetto alla Spagna, in realtà, non lo è affatto. Stando a quanto comunicato insettimana dall’OCSE, sembrerebbe che il prodotto interno lordo abbia subito unacontrazione nel primo trimestre del 1.60% a causa, oltretutto, della dinamicaparticolarmente negativa della produzione industriale e della contrazione deiconsumi, soprattutto dei beni durevoli. Il dato stimato dall’OCSE, seppur giàdi per se allarmante poiché, in proiezione, tenderebbe a discostarsi in manierasignificativa da quanto previsto dal governo nel DEF - riproponendo così la necessità di adottareulteriori misure - in realtà, sembrerebbe fin troppo ottimistico, soprattuttoin considerazione delle dinamiche congiunturali che appaiono ben più gravi ecomunque in sintonia con una contrazione economica ben più marcata rispetto a quellaindicata dall’OCSE. Al di la dei pessimi dati che giungono e che segnalano,senza alcuna indulgenza, il declino economico del Paese, a comprimere la già ridottacapacità di spesa delle famiglie, sta contribuendo anche non trascurabilispinte inflazionistiche per lo più determinate dall'inasprimento fiscale inatto e dal rincaro dei prodotti energetici.Il quadro appenadescritto sembra essere destinato a peggiorare poiché, a breve, impatteranno sulle capacità di spesa dellefamiglie e delle imprese anche altre misure previste dalle manovre varate loscorso anno, quali, ad esempio l’Imu, l’aumento addizionali Iperf, il probabileaumento dell’iva, la tassa patrimoniale sui depositi . Misure, queste, chediminuiranno ancora di più la capacità di spesa e quindi, potenzialmente idoneead aggravare la crisi, in assenza di crescita indotta dall’esterno che comunquenon appare all’orizzonte. Senza considerare poi che non è affattodifficile ipotizzare che, nei prossimi mesi, perdurando simili condizioni, moltissime impresesaranno costrette a rinunciare alla loro esistenza, poiché asfissiate daicosti di uno Stato parassita, strette da una significativa contrazione deiconsumi, da un notevole grado di indebitamento, dall'accumularsi di debititributari che aumentano di mese in mese e da un fisco che a breve busseràalle casse senza alcuna indulgenza. In tal senso è del tutto verosimile,per i prossimi mesi, attendersi una contrazione delle entrate tributarie equindi dei buchi di bilancio che dovranno essere colmati. In un contesto complesso quale è quello appena descritto, nonostanteil debito pubblico in costante ascesa, sarebbe del tutto folle perseguire ulteriori politiche di rigore e diinasprimento fiscale, poiché finirebberosolo per rafforzare le tendenze recessive in atto un po’in tutto il continente,seppur con le dovute distinzioni. In tal senso, il caso Grecia (ma nonsolo) fa scuola. In Italia, nonostantela credibilità restituita dall’autorevolezza del Governo Monti, risultano deltutto latenti politiche finalizzate alla crescita e allo sviluppo, posto ilfatto che tutti i provvedimenti varati fin’ora dal governo, non sembrano perseguire tali fini. In realtà, le timide liberalizzazioni introdotte non potranno, nell’immediato, generare effettipropulsivi in termini economici mentre, ancora nulla è stato fatto sul frontedella razionalizzazione della spesapubblica e del taglio della spesa improduttiva. Il pericoloso aumento dello spread rilevatonelle ultime sedute, sembra voglia ricordare che il tempo sta per scadere e cheil mercato, dopo l’euforia indotta dall’enorme liquidità pompata nel sistemadalla BCE, sia nuovamente pronto a scommettere contro di noi, lanciando unmonito anche al mondo politico reo di favorire, irresponsabilmente, l’aumento dello spread tra le posizionipolitiche ed ideologiche dei singoli partiti e le decisioni del governo Monti. Il tempo passa e il default è semprepiù vicino.
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