di Simone Provenzano
Italiani e italianità.
Mia moglie non è nata in Italia, ha la mamma polacca ed il padre algerino. Ed è meraviglioso confrontare la mia Italia con la sua. Lei è italiana da quando ha compiuto dieci anni ma quando al telegiornale raccontano qualcosa tipo il “bunga bunga”, diamanti, donne e politici, case e principati ecc… ecc… mi guarda come se fossi un alieno dicendomi: “Solo voi italiani!”.
Improvvisamente non si sente più italiana, è una scelta per lei, una possibilità. Sentirsi o meno italiana. Per me e per tutti gli altri nati e cresciuti in questo paese non lo è. E, diciamolo pure ad alta voce, un po’ invidiamo questa possibilità. La possibilità di dissociarsi dall’italianismo qualunquista del raccontatore di barzellette che va a mignotte e governa il paese, da tutte le furberie che chiunque amministri un po’ di potere, in questo BEL paese, si permette con la tranquillità di chi sta facendo qualcosa di perfettamente normale e naturale. Sembra che dentro agli italiani ci sia un pensiero ricorrente, una sorta di tarlo, che urla, affermando che se sono arrivati ad avere un certo rango sociale, non approfittarsene sarebbe un delitto.
Anche questa è italianità. Ed io non mi posso dissociare. Mia moglie, fortuna sua, sì.
L’Italia non è solo sfumature di grigio e nero. L’Italia è qualcosa di più che la somma degli italiani e dei loro innumerevoli difetti.
Durante gli studi post universitari mi è capitato di assistere più volte alle lezioni di un professore italiano che insegnava a Parigi, un etnografo, un antropologo che ha concentrato i suoi studi sulle popolazione della Papua Nuova Guinea. Una cosa mi colpì delle sue lezioni. Parlando di inconscio, in senso junghiano, affermava che esisteva, sì quello collettivo, ma che ne esisteva anche uno etnico.
UN INCONSCIO ETNICO.
È di questo che oggi volevo parlare. Non delle malefatte dei soliti uomini di potere, che non rappresentano l’italianità, ma solo l’ ombra di questa.
Guardiamo allora l’Italia con occhi alieni di chi viene da fuori. Non come ci sentiamo, ma come ci vedono gli “altri”, non italiani.
La cosa più bella, quella che a mio avviso ci definisce in modo migliore, è il modo tipico di approcciarsi alla vita.
Una forma ludica di confrontarsi con la vita, un’autoironia, la cosa tipica dell’Italia e degli italiani.
Siamo giocherelloni, leggermente tendenti al goffo. Amiamo il cibo e il bello. Tra lavoro e riposo non c’è battaglia. Siamo bravissimi a gestire qualsiasi situazione d’emergenza, nei brevi periodi siamo formidabili. La gestione della normalità ci riesce un po’ peggio. L’organizzazione non è il nostro forte. La creatività sì.
L’italiano non si organizza, piuttosto si arrangia.
L’inconscio etnico dell’ italiano è un fuoco che arde ed ha come combustibile la nostra stessa storia. Non una popolazione unica, ma tantissime realtà frammentate che hanno imparato a convivere. Un terra di spiagge e montagne che ha plasmato l’uomo.
L’italiano e la natura, dominato e dominatore.
L’italiano, la fede e la religione. Il papa che ci guarda da troppo vicino.
L’italiano e la sua mamma.
Il femminile in Italia, nelle famiglie italiane, è il vero governo. In Italia l’uomo regna, ma la donna governa.
L’Italia, il suo inconscio etnico, i suoi abitanti e ciò che nei secoli hanno costruito. Se giriamo su e giù per questa piccola nazione con una macchina fotografica in mano ci ritroveremo con una quantità spropositata di testimonianze della gloria e delle ricchezze del passato. Foto di piazze e chiese, di templi e statue, di torri e porti ecc…
Se invece mandiamo un “non italiano” a spasso per l’Italia tornerà con foto di portoni e persiane, di prosciutti appesi e fiaschi di vino, di vecchini seduti agli angoli della strada e grondaie in rame,balconi fioriti e bambini con enormi gelati in mano. Un’immagine di spensierata serenità, un’immagine di felice equilibrio tra ciò che eravamo e ciò che saremo.
Fateci caso, chiedete ai vostri amici di altre nazioni di parlarvi degli italiani.
Emettiamo un fascino, quello della semplicità, che spesso può scadere in volgarità. Questo è il rischio dell’italiano. Esercitare la propria libertà lo conduce a vette altissime o baratri profondissimi.
Bene bene o male male, anche questo è Italia.
Mi accorgo di aver sfondato il muro delle 700 parole. Rischio di scrivere troppo e diventare dispersivo, perdonatemi, l’argomento si presta bene a parlarne per ore e ore.
Io sono italiano, madre toscana e padre siciliano. Orgoglioso del mio essere furbetto (all’italiana), creativo, sfacciato e polemico; orgoglioso della nostra capacità di arrangiarci e della giovialità che ci contraddistingue.
Orgoglioso di essere italiano.
Un ultimo pensiero:
sono gli italiani a fare l’Italia e non l’Italia a fare gli italiani.