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Italiani senza Italia

Creato il 11 aprile 2011 da Alboino
Italiani senza Italia Siamo nell’anno del 150° dell’unificazione del nostro Paese e dopo il 17 marzo con le sue manifestazioni di giubilo per la ricorrenza si è ripresa una certa diatriba sullo stato della nostra nazione con una domanda che risuona prepotente nell’aria: noi italiani siamo o non siamo una nazione? All’eterna domanda che da sempre assilla noi italiani si sono date risposte alterne a seconda dei momenti in cui l’interrogativo veniva posto; nel 1911 allo scadere del 50° i socialisti contestavano l’assetto del nostro Stato, avrebbero voluto una Repubblica e invece si trovavano dentro una Monarchia. Nel 1961, nel centenario, fu riportata dalle lamentele dei comunisti all’attenzione di tutti l’irrisolta questione meridionale nonostante gli anni del pieno boom economico. Oggi quello che è messo definitivamente in questione è il senso dello Stato stesso con una “padania” rappresentata dall’orda vaccara dei leghisti che scalpita e urla a gran voce un certo distacco dalle cose nazionali. Ma è poi vero che la nostra Patria galleggia in uno stato comatoso da cui è difficile risollevarsi? Opinione comune, almeno da parte di certi studiosi, è che l’Unità d’Italia è stata fatta male nel senso che (come già Gramsci rilevava) l’élites non hanno saputo coinvolgere il popolo. Nonostante questo, però, gli italiani almeno sino a qualche anno fa, seppur a fatica, hanno saputo mantenere un certo senso dello Stato, un’idea di Nazione, un valore di Patria che oggi al di là delle celebrazioni ufficiali sembra definitivamente scomparso. Basti guardare alle stesse celebrazioni, ai motivi d’orgoglio che nel corso di questi 150 anni hanno spinto gli italiani a sentirsi un popolo unito per rendersi conto che oggi siamo definitivamente al capolinea. Nel 1911 la memoria del Risorgimento era il fondamento della vita civile e nel 1961 forte era il richiamo alla Costituzione e alla Resistenza. Oggi invece quello che siamo riusciti a fare è stato mettere in questione il senso dello Stato stesso, poiché come afferma lo storico De Luna “tutti gli imprenditori della politica oggi sono interessati a rimuovere il passato. Il PD non sa qual è il suo albero genealogico: non è facile conciliare De Gasperi con Togliatti. Forza Italia ha una cultura e una organizzazione di tipo aziendale che n on contempla religione civile. La destra del passato preferisce non parlare. Rimane la Lega, con la sua idea di discontinuità e di improbabili riti celtici, ai quali ora si aggiunge l’interpretazione cattolica integralista di un Risorgimento frutto di un complotto massonico”. A questa teoria ben ponderata e strutturata, si aggiunge poi un tema predominante nel dibattito di questi giorni: la rivalsa: con un Nord che chiede risarcimenti per i sacrifici fatti nel corso di questo secolo e mezzo per il Sud e il Sud a sua volta che chiede risarcimenti per i danni subiti dalla colonizzazione dei piemontesi. Per verificare la bontà di questo scontro che ha raggiunto livelli feroci, basta leggere il libro di Pino Aprile “Terroni” per rendersi conto della bontà della tesi. “I piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto”, poi si passa ad elencare le stragi perpetrate dalle truppe sabaude con in primo piano il massacro di Pontelandolfo e quello di Casalduni nel Beneventano passati alla cronaca e alla storia come lotta al brigantaggio e poi Aprile cita esempi memorabili di industrie del Sud distrutte per far spazio al Nord. Di questi volumi proprio per la ricorrenza in cui ci troviamo ne sono usciti molti, impossibile da leggere tutti, ma mi risulta che sullo stesso piano, seppur più articolato, del libro di Aprile è quello dello storico Giordano Bruno Guerri “Il sangue del Sud”. Il testo però che fa da spartiacque nella storiografia del Sud è datato anni Novanta ed è della storica Marta Petrusewicz “Come il Meridione divenne una Questione”. Afferma la Petrusewicz: “Certo, il regno delle Due Sicilie aveva il potenziale per diventare una vera nazione e quindi c’è molta memoria rimossa e molto passato che non è stato portato a compimento. Però, l’idea che il Meridione non avesse possibilità di riscatto senza l’aiuto del Nord è stata degli intellettuali del Sud”.

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