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Itinerari magici: Grutti Acqua, su Niu e su Crobu e su Para e sa Mongia

Creato il 18 luglio 2012 da Kalaris @EssereFreelance

Itinerari magici: Grutti Acqua, su Niu e su Crobu e su Para e sa Mongia

Dove eravamo rimasti:

Ero accaldata e arrossata quando abbiamo abbandonato il luogo che è, te lo confesso, favoloso, non so dirti se per merito del cielo, del silenzio, del mistero, o dell’aglio selvatico. Con grande sorpresa abbiamo trovato la strada per Grutti Acqua senza sbagliare: Sant’Antioco sarà pure bella, ma mantiene il suo carattere selvatico e la segnaletica mal si addice a luoghi indomati: per intenderci trovare la giusta strada è cosa per pochi, non per tutti!

Forse avrei dovuto dar retta al mio istinto che mi diceva che in quel luogo c’era qualcosa che non andava. Troppo silenzio, troppa solitudine, ma quel campo di cardi selvatici d’un violaceo innaturale e denso mi ha distratta. Per raggiungere il sito si attraversano piccole stradine sterrate, e le indicazioni un poco carenti, guidano comunque il turista curioso. A dirti che sei arrivato a destinazione ci pensa un cartello turistico ormai crollato: in un primo momento ti chiedi dove diavolo si trovi il villaggio nuragico, poi per deduzione avanzi verso una piccola proprietà diroccata, oggi abitata da un pastore che per altro non abbiamo nemmeno intravisto: ma delle sue pecore il passaggio si sentiva senza alcun dubbio. Nessun centro informazioni, nessun biglietto da fare, c’eravamo solo io, mio marito e il luogo. Abbiamo seguito, secondo indicazioni che previdentemente mi sono procurata, il muretto a secco che una volta terminato ci ha posto davanti ad un bivio: ci siamo diretti verso destra, ma, penso io, sarebbe stato meglio scegliere la sinistra.

Itinerari magici: Grutti Acqua, su Niu e su Crobu e su Para e sa Mongia

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Il pozzo sacro lo abbiamo trovato quasi subito: anche lì ho avuto un certo senso di disagio che avrei dovuto ascoltare, ma ho messo a tacere le sensazioni e ho preso in mano la macchina fotografica. Il pozzo non è in buono stato, probabilmente inagibile, ma non ci sono recinzioni e si può tentar d’intravedere l’acqua: purtroppo le pietre crollate impediscono il tentativo. E’ strano per me che amo i pozzi sacri, ma quello di Grutti Acqua è stato come se non intendesse rivolgermi parola. Tutto intorno era ginestra selvatica e profumata e palma nana che quando attraversata dal vento da come la sensazione che qualcuno, da oltre il verde, ti stia guardando. Abbiamo proseguito lungo il tour e per la prima volta ho avuto a che fare con quella che reputo sia la vera essenza dell’isola: le sue pietre, quelle lavorate dal vento e dal tempo. Parlano a Sant’Antioco, anzi no, urlano. Ogni roccia ha un volto, e ogni volto ha un’espressione.

Dannata curiosità! Sicura delle mie scarpettine da trekking nuove, mi sono voluta arrampicare su d’una collinetta pietrosa infestata dalla macchia mediterranea, graffiante e profumata. Mi tratteneva come a dirmi che lì non dovevo salire. Cercavo le tracce di quelle capanne che, avevo letto, dovevano trovarsi in zona. Scalata la collinetta ho potuto godere di un panorama che ti toglie letteralmente il fiato. Colori quanti ne vuoi, tutti mediterranei e intensi, silenzio melanconico, in un orizzonte che si srotolava più o meno così davanti a noi: verde, pietre, licheni aranciati, terra e mare. Un paesaggio che ti riempie, come una pizza quando hai appetito. Poi è stato il delirio: un ape, due, tre, cinque, è seguita la corsa un po’ avventata per rotolare giù dal pendio, poi uno sciame intero ad attraversarci. Inconvenienti primaverili di una natura che si risveglia.

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Alla guardia medica ci hanno detto che probabilmente ci siamo trovati nel luogo sbagliato al momento sbagliato, io piuttosto penso che con quel luogo ho un conto in sospeso. Non sono riuscita a visitare il laghetto nuragico, ma conto di provarci ancora molto presto. Quelle pietre che urlano mi sono rimaste nel cuore e ora conosco qualcosa di più sul linguaggio delle api: quanto ti punzecchiano senza senso è meglio liberare il passaggio, e ho imparato qualcosa in più anche sulla sottoscritta, quando c’è da correre, so farlo.

Dopo una bella doccetta e un riposino di una mezzoretta abbiamo riso sulla vicenda davanti ad una dissetante Ichnusa: il bar è rimasto sempre lo stesso della precedente visita a Sant’Antioco, il Caffè del Corso in Corso Vittorio Emanuele, eppure l’isola mi sembrava tutta nuova. Non più solo fenici, romani, ipogei e santi, ma anche sardi antichi, vegetazione fiera, natura che ci ama.

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Un tour a Calasetta non potevamo proprio evitarlo: l’isola d’altronde si attraversa in un batter d’occhio specie se si imbocca la statale 126. Blu mare e bianco nuvole, Calasetta non mi fa battere il cuore, per quanto sia piccola e gradevole: che ti devo dire, anche io ho le mie preferenze. Davanti ad una spiaggetta lato porto ci siamo rilassati sbirciando in lontananza Carloforte. Mi ha ospitata per tante lunghe estati, credo d’aver imparato a nuotare proprio lì, sulla bella Carloforte.

Dopo aver dato uno sguardo veloce a Due Spaghi, abbiamo optato per una cenetta di mare Da Silvana, poco oltre il ponte che congiunge Sant’Antioco alla terra ferma. Il luogo, non te lo nascondo, è un po’ spartano, ma i piatti odorano di mare, il pesce servito è freschissimo e te ne vai con la pancia piena e con il portafoglio più leggero di sole 22 euro. Se però cerchi posate d’argento, servizi di porcellana o ambiente fashion, non è il posto e il costo che fanno per te.

Itinerari magici: Grutti Acqua, su Niu e su Crobu e su Para e sa Mongia

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La mattina seguente ci siamo svegliati con una certa calma e dopo una bella colazione siamo partiti per Su Niu e su Crobu, che si trova poco oltre Grutti Acqua. Raggiunto il sito devi parcheggiare e arrivare alle domus a piedi. Te l’ho già detto, qui le pietre parlano e Su Niu e su Crobu di cose da raccontarne sembra averne parecchie. Anche in questo caso non troverai alcun centro informazioni e non dovrai pagare alcun biglietto: ti saranno sufficienti pochi passi per raggiungere l’aquila gigante di pietra lavorata dal vento che cova quelle che credo siano piccole Domus. In Maggio, periodo durante il quale ho visitato io il sito, il dintorno è tutto cisto in fiore e ginestra selvatica. Poco oltre si trova la più famosa tomba dei giganti. I gialli, i verdi, i bianchi erano spenti a causa del sole in vacanza, ma il contrasto con la terra d’argilla e con il mare lontano mi hanno dato un assaggio del potenziale del luogo. Silenzio, se chiudo gli occhi e ripenso all’escursione ricordo silenzio e profumo di ginestra.

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A grande sorpresa si scopre che Sant’Antioco da ospitalità anche ad un altro villaggietto nuragico, quello di Corongiu Murvonis, forse meno noto rispetto a quello di Grutti Acqua, ma ugualmente attraente. Inutile dirti che anche qui le pietre hanno un volto e raccontano una storia, e che il panorama di cui si gode è ampio e profondo.

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Te lo confesso, dopo quest’ultima visita ero certa d’aver carpito l’animo della terra che non è un’isola ma non è nemmeno ferma eppure mi sbagliavo. Tutti intenzionati a dare uno sguardo alla costa occidentale risaliamo questa cornucopia di sorprese dal basso verso l’alto. Sarà che siamo stati audaci e lei ha voluto premiarci, sarà che è generosa con i suoi turisti, fatto è che ho conosciuto senza preavviso l’aspetto agricolo e pastorale dell’isola, che a oriente è un’altra. Questo versante non è di proprietà delle pietre, qui è la pianura, la vegetazione, il mare e le pecore che dettano le regole. Abbiamo seguito fiduciosi una riga di terra battuta priva di qualsiasi indicazione, certi fin dai primi minuti che saremo precipitati nel nulla. La cartina invece aveva ragione: dopo una mezzora siamo approdati nel versante opposto di Sant’Antioco, abbiamo mangiato al sacco fronte mare, domandandoci quanto diavolo fosse grande l’isola delle pietre che parlano. Te lo dico io se non lo sai, 108,9 km², che gli uomini di ieri hanno battuto centimetro per centimetro. Come dargli torto.

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La notte abbiamo cenato al birrificio artigianale Rubiu, perché qui fanno bene anche la birra e due taglieri d’affettati ci hanno fatto rimpiangere la partenza del giorno dopo.

Credo che l’isola ci abbia presi in simpatia, perché prima di lasciarla ha consentito che scoprissimo finalmente Su Para e Sa Mongia. Pare che un tempo il menhir più alto fosse un frate in carne ed ossa, mentre quello più basso e tozzo, tutto nicchiette scavate, fosse una monaca. Gira che ti rigira a fregare l’uomo è sempre la passione tant’è che i due innamorati, provaci oggi, provaci domani peccarono offendendo Dio e tutti quelli a guardar in casa altrui si trovano più che a proprio agio. Fatto è che la punizione di Dio fu immediata e fulminea: pietrificato lui, pietrificata lei, tanto per non sbagliare.

Naturalmente i due menhir si trovano sul luogo da molto prima che il cristianesimo nascesse, simbolo di fertilità e di unione fra l’elemento maschile, lungo affusolato e forte come un fallo, e femminile, morbido e abbondante, tutto seni e fianchi come ci si immagina sia una Madre.

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Praticamente sorgono a pochi passi dal ristorante Da Silvana, ma sono nascosti da una fitta vegetazione e i cartelli stradali certo non aiutano: la località nella quale si trovano è quella di Santa Caterina, al terzo chilometro della SS 126 e non c’è dubbio, sono pietre divine, sacre, magiche, che non mutano e ti guardano dai loro tre metri d’altezza (3,13 per lui, 2,05 per lei) benevoli. Mi chiedo quante curiose come me abbiano visto nei lunghi millenni che hanno trascorso con il capo contro il cielo e i piedi ben fissati a terra.

Di rientro ho salutato la laguna, la mia montagna rossa e ho pensato che quella piccola isola nell’isola ha ancora da raccontarmi.

Riassumendo

Da visitare

Il Semaforo – Grutti Acqua – Calasetta – Su niu e su crobu -  Corongiu Murvonis – Su Para e sa Mongia.

Dove Mangiare

Da Silvana – Birrificio artigianale Rubiu

Dove Dormire

B&B Gaulos

 

Pubblicato il 18 luglio 2012 by Kalaris in Itinerari magici, Sardegna

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