Il governo tecnico degli “economisti” guidato da Mario Monti lo aveva tirato fuori dal cilindro per tentare di tamponare il debito pubblico italiano. Ovviamente con il sacrificio delle famiglie italiane, soprattutto di quelle meno abbienti. E puntualmente l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento entrato in vigore martedì, complice la tragicommedia andata in scena ieri in Parlamento, sarà l’ennesimo colpo alle famiglie che hanno sempre meno denaro a disposizione per sopravvivere e rendere quantomeno dignitosa la vita dei figli.
Iva, un salasso annunciato
Stando all’ultima indagine Istat, il reddito disponibile delle famiglie è calato del 2% e il potere d’acquisto è diminuito del 4,7% (rispetto al 1990) a causa della crisi economica: adesso l’impatto dell’aumento dell’Iva sulle famiglie italiane è valutato dalle associazioni di consumatori in un ulteriore calo del 3%: una somma che va dai 207 ai 349 euro l’anno. In soldoni a tutt’oggi oggi una famiglia media di quattro persone disporrebbe di circa 1600 euro in meno da spendere per la propria sopravvivenza rispetto all’inizio degli anni 90.
La stangata per famiglie e imprese

Insomma, ben lontano dalle aspettative dei “tecnici” (ma prevedibilmente secondo l’ottica di una persona dotata di una comune ragionevolezza) l’aumento dell’Iva – a fronte di un possibile introito temporaneo di denaro per le casse dello Stato – provocherà soltanto povertà, chiusura di aziende e disoccupazione: in poche parole ulteriore recessione. L’unica speranza, a questo punto, è quella di riuscire a vedere l’Italia governata da persone più lungimiranti che prima di badare alla propria sopravvivenza guardino a quella dei cittadini, soprattutto quelli meno abbienti.





