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Ivan Fedeli: VIRUS, prima parte

Da Narcyso

Così Manuel Cohen, sulla generazione sommersa, introducendo il nuovo libro di Ivan Fedeli, VIRUS e altri scempi, Edizioni Dot.com Press 2011

Ivan Fedeli: VIRUS, prima parte
A tutt’oggi, per gli autori nati negli anni sessanta, si registra un gap di ascolto e di valutazione che attende di essere colmato. Persiste inoltre un vuoto di accoglienza, se si considera che presso i tre editori maggiori di poesia, Garzanti, Einaudi, Mondadori, sono stati editati i lavori di un manipolo di autori compresi nella fascia tra i quaranta e i cinquant’anni: Dal Bianco, Nove, Riccardi, Rondoni e, di recente, Strumia.
La responsabilità non è da ricercare evidentemente nella semplice lacuna o deficit della grande editoria dovuta al suo ormai cronico scollamento dal paese reale della fitta, variegata e proteiforme rete di chi fa poesia – riviste cartacee e del web, litblog, rassegne, festival, incontri e letture – dal momento che molti di questi autori pubblicano comunque con griffes di pregio, siano essi piccoli o medi editori, come Atelier, Crocetti, Donzelli, Edizioni Cfr, Edizioni d’If, Giuliano Ladolfi editore, Il ponte del sale, L’Arcolaio, La vita felice, Le Lettere, L’Obliquo, peQuod, puntoacapo, Raffaelli, Scheiwiller, Sossella, Transeuropa e, non ultima, Le voci della Luna/Dot.com.press, nelle cui collane ne troviamo accolti diversi e molto validi: Agustoni, Fierro, Franzin, Guglielmin, Lombardo, Obit, Rotino, Toini, Tomada. A tutt’oggi mancano iniziative di ricezione da parte della critica ed è oltremodo curioso che questa generazione poetica sia stata letteralmente saltata dalle antologie. Preceduta dai nati negli anni cinquanta, speditamente canonizzati, e seguita dai nati negli anni settanta, una classe notevole di trentenni corteggiata da padri e fratelli maggiori prodigatisi in una proliferazione di crestomazie generazionali: un inseguimento del giovanilismo come valore, o come bene ad uso e consumo del mercatino patrio…

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