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Ivy Compton-Burnett: Autrice di un Solo Romanzo

Creato il 30 maggio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Daniela Manciagli 30 maggio 2013 Ivy Compton-Burnett: Autrice di un Solo Romanzo

Fratelli e sorelle è il terzo romanzo di una delle più controverse e discusse autrici britanniche del XX secolo, Ivy Compton-Burnett. Pubblicato nel 1929, il libro affronta in modo lampante e senza mezze misure il tema dell’incesto che si consuma all’interno di ermetici, a tratti patologici, rapporti familiari dal tragico gusto squisitamente sofocleo. Ivy Compton-Burnett è stata considerata diretta erede di William Shakespeare per l’intrico di situazioni e relazioni, per il sottile gioco di scambi e per l’irrompere dell’imprevisto che sconvolge illusori equilibri, il tutto accompagnato da un’influenza tragica classica che, convertita in amara commedia, sembra ispirarsi direttamente a La commedia degli errori del drammaturgo inglese. Inoltre, nonostante ne abbia scritto una ventina, la Burnett è stata definita “autrice di un solo romanzo” poiché ogni sua pagina sembra far parte di una sola grande opera. La scrittrice nasce a Pinner nel 1884 e muore a Londra nel 1969. Non molto sappiamo della sua vita, a causa di una diffidenza verso il prossimo che la porterà a rilasciare pochissime interviste. Malgrado abbia vissuto la tragedia delle due guerre mondiali, è estremamente raro percepire nei suoi romanzi vicende esterne al proprio mondo interiore. Sceglie addirittura di ambientare le sue storie nel periodo della sua adolescenza, l’età Vittoriana. Singolare e rivoluzionaria, ha sovvertito radicalmente la scrittura romanzesca creando uno stile che la rende spesso “pesante” da digerire. Uno stile narrativo contraddistinto da tipici “brillanti” dialoghi inglesi, formule fisse, paradossi, sillogismi, stereotipi e convenzioni che godono tutti della medesima fredda e indifferente intonazione tale da generare un disagio non da poco nel lettore. Quest’ultimo ingurgita tutto d’un fiato i suoi romanzi iperdialogati, dove i momenti di pausa e silenzio sono praticamente inesistenti proprio a causa dell’interminabile flusso di parole dietro al quale si nascondono tormentate sagome umane.

Ivy Compton-Burnett: Autrice di un Solo Romanzo

Malgrado, dunque, la corretta logica formale con la quale sono costruite le sequenze grammaticali, il rigido flusso discorsivo si carica ugualmente di nonsense. Un nonsense che prende vita sia dall’assenza di una reale comunicazione tra i protagonisti della vicenda, sia dalla soffocante sospensione di tempo e spazio. Sembra quasi che esistano due diverse dimensioni del dialogo: una superficiale e quasi “distratta” che si perde in chiacchiere sul tempo e su amenità varie, ed una più profonda, quella del “non detto”, celata dietro una tragica ironia. Grazie dunque all’importanza che riveste la parola, la scenografia non gode di dettagliate descrizioni, poiché insita negli stessi dialoghi, proprio come accadeva nel teatro elisabettiano. L’universo aristocratico raccontato dalla Burnett, è abitato da grandi famiglie patriarcali che posseggono immense dimore raramente descritte internamente. Così facendo, il salotto, la camera dei bambini e la cucina, nelle sue pagine, si configurano come puri riferimenti scenografici, sempre affollati da zii, figli, genitori, governanti, medici, i quali costruiscono discorsi su strutture dialogiche serrate. Persino la trama serve semplicemente da supporto alla struttura linguistica e i personaggi sono utili al raggiungimento dello scopo del romanzo, che consiste nella presa di coscienza della misera condizione umana. Dietro tutto questo involucro formale, che caratterizza le sue commedie evanescenti, è praticamente impossibile scorgere un solo commento o il punto di vista dell’autrice la quale sembra divertirsi intervenendo solo attraverso brevi didascalie e appunti, indispensabili sia alla sua prosa ironica che a far riemergere il lettore dall’apnea della finzione dialogica.

Ivy Compton-Burnett: Autrice di un Solo Romanzo

Una delle sagome umane di cui prima si diceva è Andrew Stace, uno dei protagonisti del romanzo Fratelli e sorelle. Un gentiluomo della Londra “perbene”, fortemente ancorato alle tradizioni che vive con i suoi due figli, quello adottivo Christian e quella naturale Sophia, uniti da un ambiguo legame che preoccupa il padre. I due ragazzi decidono, nonostante l’opposizione del genitore, di unirsi in matrimonio e dalla loro unione nascono tre figli, due maschi Andrew e Robert, e la femmina Dinah, che coltiveranno un sentimento contraddittorio verso la madre Sophia, la quale col tempo diventa la dittatrice di casa Stace. Andrew e Dinah tentano inutilmente, nel corso di tutto il romanzo, di trovare una coppia di fratelli con la quale sposarsi per scongiurare il rischio di unirsi tra loro. Una situazione che si universalizza alle altre coppie di fratello-sorella che incontriamo nel corso della narrazione. Il motore del dialogo-azione è l’equivoco, scaturito dalla menzogna iniziale circa la vera natura del legame parentale che lega Christian a Sophia, in realtà fratello e sorella di sangue. In un’epoca in cui Arnold Schönberg rivoluzionava il tradizionale sistema tonale, Picasso si dava alla forsennata ricerca di forme e tecniche sempre più nuove e Freud dava vita all’ormai famoso lettino dell’analista, sul quale i pazienti davano libero sfogo alle parole e al flusso dei propri pensieri, l’irriverente “genio” stilistico di Ivy Compton-Burnett fratturava la tradizione narrativa.

In copertina: The Black Brunswicker (1860) di John Everett Millais


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