Visto il passaggio veneziano di Xavier Dolan, mi è sembrato doveroso recuperarne la filmografia.
Perchè sì, questo ragazzetto di appena 24 anni ha già una notevole filmografia alle spalle con ben quattro film diretti e sceneggiati, e almeno il triplo di recitati.
Sorprendente.
Soprattutto considerando il fatto che già con questo suo esordio, 19enne, non solo è passato per la Quinzaine de Realisatéurs a Cannes, ma ha addirittura vinto 3 premi in quel di Francia oltre a svariati qua e là per il mondo.
Sorprendente.
Ma al di là dei dettagli anagrafici del suo regista e sceneggiatore, a sorprendere in J'ai tué ma mère è la sapienza del livello di regia e di caratterizzazione dei personaggi, resi autentici e sfaccettati come sempre meno spesso accade.
Xavier Dolan prende spunto dal suo tormentato rapporto con la madre per raccontare un giovane problematico, che dietro la facciata egocentrica e snob nasconde fragilità e mancanze che il genitore "borghese" non riesce a capire. I battibecchi fra i due si fanno sempre più frequenti e i livelli si innalzano tra urla, colpe scaricate e qualche ceffone. Hubert odia la madre. E la ama anche. Ma non come una madre, non come qualcosa di prezioso. Come chi gli è capitato, come un peso che lo ancora ad una realtà che gli è stretta.
L'assenza di una figura paterna si fa sentire, e forse anche per questo la sua omosessualità viene tenuta nascosta, inizialmente perfino allo spettatore, cercando in altri i punti di riferimenti mancanti.
Ma se da una parte abbiamo un figlio tanto problematico e supponente, capace a tratti di rendersi davvero insopportabile con il suo disprezzo annichilente, dall'altra abbiamo una madre sola, volitiva ma incapace di gestire l'eccentricità e le supponenze di Hubert, che finge di non dar conto a parole che in realtà la feriscono a morte.
Questo rapporto tormentato viene raccontato in modo ottimo, non solo grazie a una regia che si lascia andare a scelte di fotografia poetiche e delicate, a tratti geometriche, ma soprattutto grazie a un lavoro sui dialoghi e sull'interpretazione di attori in stato di grazia degno di un gran regista.
Che si pensi o meno all'età di Dolan al momento della produzione, il risultato poco cambia: J'ai tué ma mére riesce a mostrare i due lati di una medaglia senza cadere in cliché o facili patemi adolescenziali, lasciando invece spazio alla tragicità del vero e mettendo entrambi i ruoli -figlio e genitore- davanti ad uno specchio.
E scusatemi se mi ripeto, sorprendente.
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