Nella vita psichica del singolo l'altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in quest'accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è al tempo stesso, fin dall'inizio, psicologia sociale.
Sigmund Freud, 1921
Nella psicoanalisi del dopo Freud, durante tutto il secolo scorso, si sono formate numerose diramazioni teoriche che possono esser fatte risalire a due modelli epistemologici alternativi: il modello evolutivista ed il modello strutturalista. Sono modelli che vengono entrambi ricavati dall'opera di Freud, la cui lettura può essere interpretata sia in un senso sia nell'altro . I teorici che fanno riferimento al primo modello propendono per "una psicoanalisi fondata su un concetto finalistico-maturativo del soggetto che implica una concezione fasica, a stadi, evolutivistica del divenire soggettivo. [...] L'idea di fondo che anima questo modello teorico è l'idea dello sviluppo come svolgimento progressivo di una potenzialità innata e finalisticamente orientata" La nascita psicologica del bambino, l'origine dello psichismo, l'acquisizione del linguaggio, del pensiero, del simbolo, sono i problemi affrontati dalle scuole psicoanalitiche evolutiviste nel dopo Freud. A partire dall'opera di Anna Freud, con l'importanza accordata all'osservazione diretta del bambino, si apre una biforcazione che porta a due scuole di pensiero diverse: 1) la Psicologia dell'Io e, in seguito, la Psicologia del Sé; 2) l'opera di Melanie Klein.
Dall'altro lato, il modello strutturalista cancella il luogo dell'origine, della nascita psicologica dell'essere umano e pone come unica origine la struttura, intesa come ciò che preesiste e che anticipa la nascita del bambino: il linguaggio, la cultura, il registro del Simbolico sono le strutture in cui l'essere umano è gettato e da cui viene inevitabilmente segnato. All'origine non ci sarebbe nessun soggetto ma solo la struttura, il discorso umano, il linguaggio. La natura dell'uomo sarebbe inevitabilmente contaminata da ciò che intendiamo per cultura, ossia tutte le formazioni sociali e comunitarie, i simboli. Alla nascita, il soggetto è preso nella struttura linguistica e determinato dalle leggi simboliche, dalla cultura, "fin nel più intimo dell'organismo umano" . "Così il soggetto, se può apparire servo del linguaggio, lo è ancor di più di un discorso nel movimento universale del quale il suo posto è già iscritto alla sua nascita, non foss'altro che nella forma del nome proprio" . L'azione che la struttura esercita sull'essere umano è quella di un filtro, una rete di simboli che avvolge l'individuo stesso. Sono le leggi dell'Altro (come si esprimerà poi Lacan), culturali, storiche, familiari, sociali, che precedono la venuta al mondo del soggetto e che la condizionano strutturalmente.
La necessità di una distinzione tra il modello evolutivista e quello strutturalista coincide con la comparsa dell'insegnamento di Jacques Lacan nella scena psicoanalitica. Il famoso ritorno a Freud, di cui Lacan si fa iniziatore e promotore, avviene sotto l'influenza culturale dello strutturalismo linguistico.
Il linguista Emile Benveniste afferma che la funzione del linguaggio è quella di "ri-produrre la realtà, [...] la realtà viene prodotta di nuovo mediante il linguaggio. [...] Il linguaggio riproduce il mondo ma sottomettendolo alla propria organizzazione. Esso è logos, discorso e ragione a un tempo" . Che la realtà sia ri-prodotta nel linguaggio equivale a dire che la struttura linguistica è il solo dispositivo con cui gli uomini possono interagire, avvicinarsi alla realtà. Il linguaggio ordina la realtà, costituendo un orizzonte nel quale la rappresentazione della realtà è la stessa per tutti gli uomini.
È questa una delle basi della linguistica strutturalista di Ferdinand De Saussure, considerata da Jacques Lacan la scienza pilota della rivoluzione scientifica che sembrava delinearsi a partire dall'interesse scientifico per la struttura linguistica e per il significante. Viene fatta risalire alla sua opera postuma Corso di linguistica generale la nascita della linguistica moderna e dello strutturalismo linguistico. De Saussure ha inteso la lingua come un sistema autonomo e unitario di segni e si è occupato dei valori e delle funzioni determinate dalle relazioni reciproche dei singoli elementi linguistici, considerati come parti di un ordinamento strutturale in continua interazione. In questo senso la sua linguistica è definita strutturale. La determinazione del valore o dell'identità del segno, sia fonico sia concettuale, parte dal presupposto che esista una totalità, una universalità del sistema linguistico identificabile nella struttura linguistica. Questo ci rimanda ad uno dei concetti basilari dell'opera di De Saussure, la distinzione tra Langue e Parole.
La lingua è il sistema che raccoglie gli elementi linguistici, il codice di regole e di strutture grammaticali che ogni individuo assimila dalla comunità storica in cui vive, senza poterle alterare. "È la parte sociale del linguaggio, esterna all'individuo, che da solo non può né crearla né modificarla; essa esiste solo in virtù d'una sorta di contratto stretto tra i membri di una comunità" . In questo senso, il vocabolario, l'alfabeto, un vocabolario di sinonimi e contrari, sono tutti linguaggi perché hanno a che fare con delle universalità; sono degli insiemi di segni, "sono tutti sistemi che pretendono di esaurire l'universalità, la totalità degli elementi che compongono un sistema" .
La parola, invece, è il prendere la parola, l'atto del parlare, il modo in cui il soggetto parlante "utilizza il codice della lingua in vista dell'espressione del proprio pensiero personale" . Rispetto al linguaggio, che è universale, la parola rientra nell'ordine del particolare. Carmelo Licitra Rosa dice che "la parola si configura come quell'operazione attraverso la quale andate a mettere le mani dentro un sacco che raccoglie tutti gli strumenti espressivi e ricavate quello che vi interessa, cioè qualcosa di particolare" .
Tutto ciò è evidenziato nel titolo di uno degli scritti cardine di Lacan degli anni '50, giudicato unanimemente il testo che inaugura l'insegnamento lacaniano, il suo manifesto ufficiale. Qui Lacan fissa le basi del suo insegnamento, affidando alla parola lo statuto di Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi , funzione (un meccanismo messo in funzione da un soggetto) ed al linguaggio lo statuto di campo (un insieme di regole che non ha bisogno di alcun soggetto per esistere, che esiste indipendentemente dalla messa in funzione delle regole stesse; in definitiva, una struttura).
Un altro punto alla base dell'opera di De Saussure è la distinzione tra significante e significato, concetto portante di tutto lo strutturalismo linguistico: "Il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un'immagine acustica. Quest'ultima non è il suono materiale, cosa puramente fisica, ma la traccia psichica di questo suono [... ] Il carattere psichico delle nostre immagini acustiche appare bene quando noi osserviamo il nostro linguaggio. Senza muovere le labbra né la lingua possiamo parlare tra noi o recitarci mentalmente un pezzo di poesia" .
Il significante equivale al piano dell'espressione, dell'enunciato, mentre il significato rimanda al piano del contenuto. Il significante è una forma che rimanda ad un contenuto, un significato. La definizione di De Saussure - immagine acustica - è essenziale per intendere la natura del significante.
dove S maiuscolo sta per significante e s minuscolo sta per significato.
Secondo l'algoritmo S/s è possibile, davanti ad un fenomeno di parola, separare il significante dal significato, l'immagine acustica dal concetto che veicola. È tutta qui la portata rivoluzionaria dell'intuizione di De Saussure. Prima di quest'opera, l'idea era che significante e significato fossero collegati tra loro in modo naturale, a formare il cosiddetto segno linguistico, una corrispondenza biunivoca tra significante e significato. Ad esempio, il concetto di albero e la materia, la realtà indicata dal concetto, erano praticamente inseparabili. De Saussure, invece, riconosce che il segno linguistico è come una medaglia composta dalle due facce del significante e del significato, e si spinge più in là, affermando che non esiste una legge naturale che li lega. Il legame che unisce il significante e il significato è frutto di una convenzione sociale, per cui "il significante è immotivato, vale a dire arbitrario in rapporto al significato, con il quale non ha nella realtà alcun aggancio naturale". Questa proprietà è definita da De Saussure arbitrarietà del segno linguistico. Il significante rappresenta uno dei possibili modi in cui la massa amorfa del suono può essere correlata a quella del pensiero: "Il ruolo caratteristico della lingua di fronte al pensiero non è creare un mezzo fisico materiale per l'espressione delle idee, ma servire da intermediario tra pensiero e suono, in condizioni tali che la loro unione sbocchi necessariamente in delimitazioni reciproche di unità. Il pensiero, caotico per sua natura, è forzato a precisarsi decomponendosi. Non vi è dunque né materializzazione dei pensieri, né spiritualizzazione dei suoni, ma si tratta del fatto, in qualche misura misterioso, per cui il "pensiero-suono" implica divisioni e per cui la lingua elabora le sue unità costituendosi tra due masse amorfe".
Se il segno linguistico è arbitrario, se significante e significato sono in un rapporto immotivato, prodotto della vita sociale, la lingua non può essere intesa come una nomenclatura (corrispondenza naturale fra parole e cose). "Il legame che unisce il significante al significato è arbitrario, o ancora, poiché intendiamo con segno il totale risultante dall'associazione di un significante a un significato, possiamo dire più semplicemente: il segno linguistico è arbitrario".
L'opera di De Saussure non si esaurisce tutta qui, questi sono soltanto i punti cardine del suo discorso. È importante notare un altro punto dell'opera, questa volta di carattere epistemologico. Nelle prime pagine, dopo aver definito la lingua come un'istituzione sociale, De Saussure si interroga sullo statuto scientifico di questa: "La lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee e, pertanto, è confrontabile con la scrittura, l'alfabeto dei sordomuti, i riti simbolici, le forme di cortesia, i segnali militari, ecc. Essa è semplicemente il più importante di tali sistemi. Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza, della psicologia generale; noi la chiameremo semiologia. Essa potrebbe dirci in che cosa consistono i segni, quali leggi li regolano. Poiché essa non esiste ancora non possiamo dire cosa sarà; essa ha tuttavia diritto ad esistere e il suo posto è determinato in partenza. La linguistica è solo una parte di questa scienza generale; le leggi scoperte dalla semiologia saranno applicabili alla linguistica e questa si troverà collegata ad un dominio ben definito dei fatti umani" .
Qui si vede bene la discrepanza esistente tra significante e significato. L'incontro con i due significanti "Uomini" e "Donne" è solo il punto iniziale di un percorso che porterà, un giorno, ad un senso che potrebbe non essere (soltanto) quello canonico: "Uomini e Donne saranno da questo momento per quei bambini due patrie verso cui le loro anime si rivolgeranno con ali divergenti, e sulle quali sarà loro tanto più impossibile venire a patti in quanto, trattandosi in verità della stessa patria, nessuno dei due potrebbe cedere sulla precellenza dell'una senza attentare alla gloria dell'altra".
Se Lacan, psicoanalista, può spingersi più in là rispetto a De Saussure, linguista, è sulla base della scoperta psicoanalitica dell'Inconscio e delle sue formazioni, in primis il sogno, che nella forma del racconto consiste in una catena di significanti apparentemente senza senso, ma che pure veicolano un senso che è da costruire. Gli elementi per una ulteriore sistematizzazione del linguaggio inconscio Lacan li recupera ancora una volta dalla linguistica, facendo riferimento allo studio di Roman Jakobson, linguista e semiologo russo, di cui parleremo nel prossimo articolo.