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Jahrhundertspiel - ovvero il 4-3

Creato il 15 maggio 2010 da Giodoc
Jahrhundertspiel - ovvero il 4-3
Avere 6 anni (5.5 in verità) e non sapere niente. Che Albertosi fumava 10 Marlboro al giorno, che Poletti si portava l’ombra di Meroni sulle spalle, che Riva si logorava per amore (una donna sposata, allora non si poteva).
Che Italia-Germania era la finale dei Mondiali terrestri. Gli altri, quelli giallo oro, giocavano su Marte. Che Martellini veniva dalle riserve, e Carosio non c’era perchè aveva chiamato negro un guardalinee, che Yamasaki era un arbitro e non una moto.
Niente, non sapevo niente di niente. Neppure di Boninsegna al 7’ e Schnellinger al 92’.
E’ che dormivo nel lettone con Mamma e Papà. Almeno credevo.
Perchè dopo la spaccata del milanista le imprecazioni del quartiere mi svegliarono.
Bianca la luce che veniva dal televisore, bianca la camicia di papà, bianca la sua faccia, mentre guardava lo Jahrhundertspiel, che ancora non era tale, prima di prendere il treno per andare al lavoro.
Un bambino che si sveglia nella notte cos’altro può dire se non “Papà?”. Un bambino che si sveglia nella notte può dimenticare il dito del padre che si porta dolcemente alle labbra e si sposta sulla luce bianca e dice “Guarda”?
E io guardai. E il 17 Giugno del 1970 mi fidanzai col calcio.

E odiai Muller, presi confidenza col rombodituono, assistetti alla prima lap-dance della mia vita. Che non la danzava una signorina ma Rivera, che si arrotolava sul palo della porta.
La stessa ballerina andò a raccogliere, un minuto dopo, l’ostinata percussione di un Boninsegna infinito mandando il mondo sottosopra e tutti giù dal letto.
E io vidi, vidi tutto. Compreso il televisore del dirimpettaio volare giù dal terzo piano. Il poveretto non ce la faceva più. E non smisi di guardare per tre giorni, i tricolori sui balconi, la gente che sorrideva e si complimentava tra loro, le urla ItaliaItaliaItalia, che allora ci potevi anche premettere il Forza, l’auto con gli altoparlanti sotto casa che diffondeva la Marcia Reale.
Uno, che si chiamava come me e scriveva benino, citò Petrolini: “Se tutti dovessero fare quello che sanno, nulla o quasi verrebbe fatto su questa terra”.
Poi arrivarono quelli da Marte e caricarono sull’astronave la coppa Rimet. Quel bambino lo lasciarono giù, innamorato ed irrimediabilmente perso.

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