Di Ostenda, città in cui nacque nel 1860 da un intellettuale inglese e da una belga di famiglia commerciante, assorbì la nobile luminosità dello sterminato orizzonte marino, il senso psico-sociologico, venato di corrosivo umorismo e affinato nell’osservazione delle truppe di vacanzieri che frequentavano la sconfinata spiaggia cittadina, il gusto fantastico ed orrido derivantegli dalle lunghe giornate passate nella bottega di souvenir, rigatteria e cianfrusaglie della nonna materna, tra pesci imbalsamati, armi antiche, chincaglieria orientaleggiante e conchiglie d’ogni forma e misura. Gli studi all’Accademia di Bruxelles, per quanto affrontati con spirito anti-accademico e interrotti dopo tre anni, gli consentirono di raggiungere, già dai lavori dei primi anni ottanta del secolo, un interessante mediazione tra la tradizione fiamminga e il realismo francese, alla luce delle novità proposte dall’Impressionismo, corrente artistica vista comunque da Ensor con sospetto e distacco (Ascoltando Schumann, 1883; Ritratto di Jenny, 1885). Ben presto, iniziarono ad evidenziarsi segni di dissoluzione della forma e del colore e i quadri si popolarono di maschere deformi, scheletri ed altre figure fantastiche, con rimandi simbolici e intenti di satira sociale.
Furono gli anni dei suoi capolavori, come l’Entrata di Cristo a Bruxelles (1888), in cui il Messia naufraga in un horror vacui di maschere ghignanti e deformi, a significare l’impossibilità di una spiritualità autentica di fronte alla banalizzazione e spettacolarizzazione della vita nella società di massa; Anziana con maschere (1889), in cui la figura serena e severa della donna pare per nulla turbata dalle maschere inquietanti che la circondano e la osservano; L’intrigo (1890), con i volti-maschere di personaggi della buona società che tendono ad assumere sembianze zoomorfe. Dotato di una fiera personalità, accompagnata dalla fede nella propria vocazione di caposcuola, e refrattario alla mondanità, Ensor non si poteva esimere dal rendersi partecipe delle carnevalate allegoriche che rappresentava, con evidente senso auto-ironico ed esorcistico nei confronti della sua fobia per le masse, come nell’Autoritratto con maschere del 1899, con il pittore che osserva lo spettatore con aria distaccata, quasi rassegnata ad essere sommersa dal pullulare delle maschere.
Pur essendosi spento alle soglie dei novant’anni ed avendo vissuto tutto il fervore avanguardistico della prima metà del novecento, Ensor non riuscì a rinnovarsi alla luce delle nuove esperienze, ma ripiegò verso una ricerca manieristica del suo originale stile. Accanto alla pittura, si dedicò con successo all’incisione e alle tecniche di disegno in chiaroscuro. La sua pittura, simbolista e proto-espressionista, grottesca e socialmente impegnata, rappresenta uno dei principali precedenti delle avanguardie storiche, avendo esercitato una marcata influenza particolarmente sui Fauves e sulla Nuova Oggettività tedesca, ma anche su Dadaismo e Surrealismo