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James Taylor Quartet in concerto al Blue Note

Creato il 02 marzo 2012 da Scribacchina

Signori, qui qualcosa non mi quadra.
Son iscritta a millemila newsletter di musical argomento; tengo sotto costante controllo i concerti in zona e fuori zona (leggasi: Bergamo e Milano); ricevo notifiche per gl’avvenimenti più disparati.
Ora: ditemi voi com’è possibile che m’è sfuggito un avvenimento di portata mondiale.
Ditemi voi com’è che per caso scopro oggi che il James Taylor (sì, l’inarrivabile hammondista, mica il piatto cantautore) in stellare formazione Quartet suonò jer sera 1 marzo, suona stasera 2 marzo e suonerà pure domani sera 3 marzo al Blue Note di Milano.
Inammissibile.


Pel James persi la testa anni addietro, quand’ancora era hammondista nei Prisoners. Band di poco spessore, l’ammetto: su album registrato in studio, bassista e batterista – ahimé – avevan qualche problema a tenere il tempo.

Dettagli ritmici a parte, i Prisoners son pietra miliare per la sottoscritta. Fan parte di quei gruppi che accompagnarono la mia più giovine età. Gruppi che accompagnarono pure le mie peggiori sortite: ricordo come fosse ieri un concerto di lorsignori, in cui al termine della performance aggredii Graham Day (il cantante – o meglio, colui che aveva tal ruolo nella band) con un «Hey, Graham, you are big!», salvo ricever di rimando bastonate verbali dal medesimo, che mi fece notare come «big means fat». Il tutto condito da adeguata mimica per meglio rappresentare ciò ch’è fat in english e altrettanti adeguati improperi rivolti alla sottoscritta – ma questi è meglio non riportarli: son donzella raffinata e tanto ammodo. Donzella ai tempi ancor studentessa e facile all’incarto verbale in parlata english.
M’avvicinai pure al James Taylor in quell’occasione: oh, un armadio d’uomo, soliti lettori. Terrorizzante. P
er tema, a lui non dissi nulla; mi limitai alla canonica stretta di mano con sorriso.
E poi… poi ci fu per Scribacchina il periodo acid jazz a metà anni Novanta. La scoperta dell’
altro lato del James Taylor (il Quartet); l’ascolto mai pago del tema di Starsky & Hutch rifatto dal Maestro col suo hammond; la ricerca disperata della discografia completa… eh, altri tempi.

Comunque. Il James lo risentii in formazione Quartetto pochi anni fa in location notevole per la selezione delle birre, ma dimenticabile per acustica e visuale: la Festa della birra di Trescore (già vi narrai del sound non ottimale del posto).
Mi ripromisi in quell’occasione di sentirlo live meglio, in futuro.

Temo che quel futuro resterà tale, per ora. Con mio gran dispiacere.
Confesso però che potrei consolarmi sapendo che almeno uno di voi, soliti lettori di Milano city, una di queste sere si recherà al Blue Note per ascoltar ciò ch’è ormai storia:


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